Incontrare Romina Falconi è estremamente piacevole, non solo per l’avvenenza di quella che è una delle più belle cantanti del nostro pop, ma perché ti trovi di fronte una che ti rendi conto che questo lavoro lo vuole proprio fare e che le piace tutto, anche raccontarsi, cosa che non sempre trova riscontro nei suoi colleghi.
Chiacchieriamo quindi davvero di tutto, delle esperienze importanti, delle collaborazioni avute ed anche e soprattutto della nuova realtà musicale che sta vivendo col successo del singolo Cadono Saponette.
Romina la tua biografia dice che hai cominciato nella Roma popolare, studiando e lavorando già da piccola, e che sei stata iniziata alla musica dalla tua vicina transgender. Dove sarebbe Romina se non avesse fatto la cantante?
Tutto vero e cosa avrei fatto forse non lo so. Probabilmente sarei in qualche modo finita nella comunicazione per indole, ma non posso saperlo. La cosa bella però è che io sono mentalmente ancora incastrata a Torpignattara.
Ma sei da tempo di base a Milano, giusto?
Si perché Milano è il lavoro, è lo studio, è l’etichetta con cui da tempo lavoro e di cui faccio poi ufficialmente parte. Ma non nascondo che per me casa è ancora li a Torpignattara, la Roma di borgata, che mi dicono è sempre più difficile, ma non per me quando ci torno.
Qual è la sensazione che ti da star li?
La sensazione di familiarità anche nel disagio, non il mio ma quello del contorno, che però si sforza di non farlo passare come tale. Li tu sai che il signore del piano di sotto fa il ladro o la signora del palazzo di fronte fa la vita, eppure nessuno ti nega mai un saluto, nessuno un aiuto. Sono tutti uniti e nessuno si giudica su cosa fa per vivere.
Arrivare a Milano come cantante quanto è stata dura?
Moltissimo perché comunque non canto cose semplicissime. Un brano come L’amore resta o Anima se tu sei un cantautore affermato passano su tutta la linea, quasi come un esercizio di stile, ma se sei una bionda con look da Marylin e magari anche il seno grosso, che per giunta ci tiene pure ad essere piacente, si aspettano altre cose ed è li che diventa più difficile; sentirsi dire: “figlia mia anche meno” non è una cosa piacevole insomma.
Cosa vorresti si capisse dalla tua musica?
Vorrei dire delle cose mie, dei contenuti. Come un film comico che però fa ridere e pensare allo stesso tempo. Non sarò Pasolini insomma, però… ho qualcosa di mio da raccontare a modo mio.
Ma stai iniziando a renderti conto di avere un tuo zoccolo duro di fans che ti segue?
Si, me ne sto rendendo conto… forse! Diciamo che sto facendo un percorso e spero che non stia lasciando indifferenti. Non posso però essere lucida da capire come mi percepiscono da fuori. Io posso solo continuare a lavorare a testa bassa.
Nella tua formazione musicale intanto sono presenti miti molto differenti tra loro: Whitney Houston, Riccardo Cocciante, Freddie Mercury, Marcella. Vorresti spiegare per favore?
Artisti talmente diversi tra loro che mi prenderanno per pazza! Un po’ magari lo sono, ma provo a spiegare. Whitney è l’eleganza, la voce, lo stupore; vedevi questa qui bellissima, fisico da modella ( che non per altro faceva ) e chiaramente potevi pure non darle due lire pensando: “se vabè, stai a vedere che questa canta pure!!!” Ed invece lei ti tirava fuori delle note con naturalezza, senza nemmeno sforzarsi che pensavi: “aho! Pure questa c’ha? Tutte le fortune guarda!”. Freddie Mercury è la musica invece. Mi fa quasi incazzare quando lo definiscono star del rock perché è restrittivo. Freddie ha fatto tutto, forse gli è mancata la tarantella e comunque non ci giurerei. Ed ha fatto tutto bene. Cocciante è il teatro, lo vedi arrivare e ti inchioda al piano e voce, ti fa entrare nel suo mondo e non ti distrai. Di Marcella invece mi ha sempre colpito sia l’intonazione precisissima, ma anche quello che cantava; nelle sue canzoni ci sono sempre stati tanti tipi di donna e lei che appariva signora, non disdegnava di mostrarsi anche audace, perché una donna è tante cose. Ti aggiungo anche la Bertè che mi è sempre piaciuta perché puzzava di ribellione. Comunque le donne degli anni 80 erano molto più fighe e dive di quelle di oggi.
Eros Ramazzotti, Fibra, Nesli, Big Fish, Immanuel Casto, sono tutti incontri della tua carriera; cosa ti hanno lasciato?
Eros una grandissima lezione di lavoro. Io venivo da Sanremo, ma il Festival è un po’ una bolla in cui ti concentri nel cercare di fare il meglio. Con lui però ho cantato assieme ai musicisti più bravi al mondo, davanti a migliaia di teste, in un carrozzone tra quelli più importanti che va in giro nel mondo. E stai lì, 5 passi indietro al protagonista e sai che sei di gran supporto ma sei pure pronta ad osservare tutto, ad imparare, imparare anche nelle pause e dagli imprevisti. Io ad esempio mi sono persa il portafogli una volta e fu un problema stando in Ungheria e dovendo andare in Serbia… E poi che generosità Eros, quella dei grandi. E poi ti trovi davanti gente che non è nessuno e cerca solo di darti gomitate.
Fish è stata stima reciproca, quella che provi per chi sa esattamente cosa fare ma che è disposto ad ascoltarti.
Che intendi?
Che vai da lui e gli dici di voler provare una cosa, un arrangiamento che magari non gli appartiene e lui non dice mai di no, non mette paletti. Ti dice sempre ok e ci prova. La cosa bella è che poi gli viene bene. Il produttore tende un po’ a sentirsi una divinità, non puoi contraddirlo. Lui no, lui ti da grande spazio, ti ascolta e soprattutto sperimenta assieme a te.
Immanuel Casto?
Beh lui è il mio Al Bano! Manu è un grande amico con cui mi confronto tanto. Ci sentiamo tutti i giorni e la musica e le idee dell’uno non sono segreto per l’altra. E poi ci completiamo artisticamente perché lui è un visionario, sempre più specializzato nelle arti visive, mentre io sono fissata con la produzione. Abbiamo il coraggio del confronto e dirci anche : “Ao’ sta cosa fa cagare!” Io so che con lui sto a casa; gli voglio davvero bene ed è il mio essere umano preferito.
Per i fratelli Fibra e Nesli che mi dici?
Li ho conosciuti proprio durante il lavoro con Fish e frequentavamo lo stesso studio; Fibra era fuori con Tradimento e la cosa che mi ha colpito enormemente di lui è la lucidità. Lui sa cosa vuole dire, come lo vuole dire e persino come verrà percepito. Non è una dote da tutti. Nesli invece ha un coraggio che non hanno in tanti nel settore musicale. Sai, quando trovi la tua strada, ripetersi è fin troppo facile, coltivare il proprio orticello senza rischi, invece lui è uno che è capace di cambiare completamente se sente un’esigenza artistica diversa e di riuscire sempre bene. Sa rinascere sempre.
Esperienze da descrivere: Sanremo e X Faxtor?
Beh Sanremo è la festa che aspetti tutta la vita, il giorno del matrimonio, un’emozione unica. La rifarei anche domani per poi rifarla ancora ed ancora. X Factor è stata una possibilità, anche bella, ma nella quale ho avuto pure delle difficoltà per far venire fuori la vera Romina.
Cosa hai fatto quando ti hanno detto che eri dentro Sanremo 2007?
Mi arrivò una chiamata in cui mi dissero che ero trai venti chiamati a cantare davanti alla commissione da cui dovevano uscirne 10. Fatta l’audizione il giorno dopo esatto mi richiamarono e mi dissero che ero dentro. In quel momento la Romina che era la quinta volta che ci provava è praticamente svenuta. Dissi con un filo di voce a mia madre che ero dentro e c’è da dire che scoppiò il Carnevale di Rio, perché poi in casa e nel palazzo le reazioni non sono così ortodosse.
Cosa non è andata con Morgan ad XFactor?
Dal punto di vista personale nulla, solo stima grandissima per lui ed incanto quando ti racconta la musica. Il problema è che nel format alla fine devono inquadrarti in uno stile e renderti diverso dagli altri concorrenti, del tipo che: “tu fai canzoni d’amore, tu fai quelle elettroniche, tu invece fai lo strano”. A me toccò questo percorso elettronico che amo pure musicalmente, per carità, solo che volevo che pur rimanendo su quel percorso mi si dessero pezzi famosissimi di stile e non cose ricercate che la gente non conosce, mettendoti in difficoltà, mentre gli altri cantavano pezzi popolarissimi.
Avevi già gli inediti in caso fossi andata avanti?
Si, ne avevo pronti due che avrei dovuto presentare alla produzione da non ricordo che puntata in poi. Uno era il brano che portai poi alle selezioni di Sanremo, L’Amore Resta.
Morgan li ascoltò, sapeva cosa volevi fare di tuo?
Assolutamente no. Li non c’è il tempo. Quello che passi con lui serve per preparare quel che farai in puntata.
L’Amore Resta, a mio avviso ottima, perché poi l’hai odiata tanto da non inserirla nel tuo album di debutto?
Ma non la odio affatto! E’ una canzone importantissima per me, tanto che non so nemmeno se riuscirò a farne mai un’altra così. Mi ero fissata con alcuni accordi ed andai da Guidetti, con cui lavoravo assieme, facendoglieli ascoltare e pensando che fossero solo un’idea. Invece gli piacquero parecchio e ci si mise assieme per creare attorno la canzone. E’ però una canzone legata a dei ricordi precisi, molto simbolica ed anche al dispiacere che poi non successe nulla con Sanremo dove la presentai e non mi chiamarono nemmeno alle audizioni.
Certo ha una metrica strana…
E’ nata durante il tour con Eros e l’avevo pensata proprio così, in 5/4, cosa che è inusuale nel pop, ispirandomi alla canzone che canta Maria Maddalena in Jesus Christ Superstar…
Come mai hai deciso poi di uscire con tre mini album via digitale in un anno?
Perché io sono molte cose diverse e se fossi uscita con un disco solo avrebbero pensato che la Falconi è schizofrenica. Ho deciso così di farmi conoscere a piccoli passi, con tre mini lavori e poi quando sono stati maturi i tempi uscire col mio primo disco fisico Certe Sogni Si Fanno Attraverso Un Filo D’Odio che li metteva tutti assieme, pure nel titolo.
Tanti i video realizzati dall’album… tranne quello per il singolo portante Anima. Perché, permettimi, questo errore di valutazione?
Perché stavamo lavorando ad un altro video per cui c’era già l’idea. Si decise poi in corso d’opera di cambiare il brano destinato alle radio perché quello del video era troppo forte ed audace. Per Anima è quindi mancato sostanzialmente il tempo. Però sai, non mi pento, perché tutto sommato abbiam fatto dei numeri che spesso nemmeno chi va a Sanremo… Sono stata molto soddisfatta.
Intanto per promozione del nuovo singolo Cadono Saponette sei già in giro con dei live…
Ho cantato al Vogue ed il live è andato benissimo. Nel pomeriggio poi mi avevano taggata in un video in cui cantavano la mia canzone e questo ragazzo che la cantava, me lo sono ritrovato sotto al palco. E’ stata una bella soddisfazione vedere che ti cantano, tanto che ho voluto mi raggiungesse dietro le quinte per fare un filmato di noi che la cantiamo assieme. Però poi ricordavo che stamattina avevo l’incontro con te e non volevo rischiare di far tardi. Così giusto il tempo di struccarmi ieri notte, ma non mi sono tolta la cofana che avevo in testa, quella della copertina del singolo e ti giuro, pesa, è di legno. Sono orrenda adesso, proprio signora Cecioni, con le ciabatte e poi struccata con questa cofana. Sono improbabile!
Intanto il singolo è virale su Spotify…
Non me lo ricordare! Ho avuto tre giorni di colichette come i bambini. Questa storia che il pezzo è diventato virale su Spotify, mi ha mandata proprio di fuori. Col disco precedente c’erano stati alcuni problemi, non so perché, anche per la permanenza a catalogo, mentre di colpo con questo singolo sta accadendo l’impensabile.
Cosa bolle in pentola adesso?
E’ appena partita la promozione del singolo che, in accordo con l’etichetta, abbiamo lanciato prima in radio e poi da questa settimana in video per godere appieno di ogni fase promozionale. Poi sto lavorando al disco e vorrei presentare un brano a Sanremo. Ce l’ho già e lo reputo giusto, sai di quelli che lasci nel cassetto per l’occasione importante. Ci provo si, anche perché male che va, che mi cambia?