INTERVISTA A SANTOIANNI
Hai iniziato la tua carriera giovanissimo. A 16 anni subito un contratto con un major, un programma tv in prima serata, un disco di cover e grandi palchi ma poca libertà di scelta e di essere te stesso. E, come accade quando qualcuno disegna un volto diverso su un artista, le cose non sono andate come qualcuno pensava e hai dovuto ricominciare, solo, ripartendo da te stesso.
Cosa consiglieresti al te stesso di allora e, al tempo stesso, ad un 16enne musicista di oggi?
Sicuramente di non aver paura di prendersi la responsabilità di provare a diventare quello che vuole essere e non quello che gli altri vogliono diventi. Però sicuramente consiglierei allo stesso tempo di affidarsi un po’ di più al compromesso, allo scambio. Di non avere mai fretta ma anche di non precludersi niente per partito preso o ideologia. In quello io credo di aver sbagliato.
Una cosa nella tua carriera che non avresti dovuto fare e una cosa che invece avresti dovuto ma non hai fatto?
Probabilmente sembra strano ma la risposta è la stessa per entrambe le domande. Non avrei dovuto rifiutare a priori delle possibilità e di conseguenza avrei dovuto coglierle, ma non l’ho fatto per principio e ideologia.
Ti faccio un esempio concreto… avessi oggi diciott’anni, per le mie canzoni accetterei di fare un talent se questo, che per me rappresenterebbe un sacrificio anche personale, mi portasse a poter vivere di musica.
In realtà devo anche dire che mi sono fatto condizionare dalla mia unica vera esperienza televisiva collegata alla musica, Ti lascio una canzone. Fui praticamente obbligato a partecipare dalla mia discografica nonostante non fossi propriamente un bambino ( avevo circa 16 anni ).
Probabilmente quell’esperienza, così negativa per mem mi ha fatto rifiutare a priori qualsiasi altra opportunità che collegasse la tv alla musica. Ancora oggi penso comunque che bisogna fare molta attenzione a rendere sempre tutto una competizione, però penso anche che in un momento così drammatico per la discografia il Talent oggi rappresenti forse una delle poche vere possibilità per un giovane esordiente di presentarsi con un proprio progetto alle persone.
Il tuo precedente album, un progetto che si discosta molto nelle atmosfere da questa nuova fase della tua carriera, si intitola “Fossi nato prima”. Continui a pensare di aver sbagliato momento storico per essere un cantautore?
Sicuramente ho scelto il momento peggiore della storia della musica. Ma credo che il mio approccio sia totalmente cambiato, oggi se lo spazio non c’è non mi importa, me lo vado a prendere, anche se sono le briciole di chi è passato prima di me. Una briciola alla volta prima o poi….. incredibilmente mi è tornata la “fame” che non ho mai avuto agli inizi.
Come immagini il tuo prossimo disco?
Lo immagino pieno zeppo di storie e sfacciatamente diretto. Vorrei davvero che chi schiaccia il tasto play arrivi alla fine senza doversi impegnare più di tanto. Non vuol dire un disco superficiale, ma un disco “compagno di viaggio”, che ti faccia riflettere ma anche ballare.
Da consigliare a un amico che si è appena lasciato con la tipa e ha deciso di andare al mare con i suoi vecchi compagni del liceo.
Sui tuoi social ti definisci “Santautore”, perché?
Perché ultimamente molti mi fanno notare che il mio nome d’arte ( nonché cognome ) è molto simile ad altri cantanti sul mercato, il più famoso ora è Sangiovanni ma mi vengono in mente anche Santachiara, Santa Manu e altri ancora, e quindi a volte mi viene chiesto se c’è una scelta dietro…
No, sono nato Santoianni, quindi per sdrammatizzare mi sono detto perché al posto di stare a farci delle pippe sui nomi degli artisti non ci giochiamo un po’ su e ci inventiamo una nuova scuola cantautorale? Potremmo chiamarla “i Santautori”. Io mi definisco così, poi se gli altri mi vogliono seguire la porta è aperta. Alla fine Santautori è carino no?