È colpa di Franco.
Se sono così, è tutta colpa di Franco. Sì, proprio lui, Franco Battiato.
Il maestro, come da un po’ di anni, tutti lo chiamano è stato il mio incubo, la mia ossessione involontaria, il mio trauma infantile più profondo nella mia piccola vita di bambina cresciuta all’ombra della Madonnina, anche se, tra nebbia e palazzoni, io la Madonnina la vedevo solo quando andavo in bicicletta sulla montagnetta (mi raccomando, montagnétta va pronunciato alla milanese, esattamente come cotolétta) del parco Lambro.
Ora vi spiego cosa è successo.
Dovete sapere che mio padre si è trasferito a Milano dal Sud Italia nel 1960, un po’ come Rocco e i suoi fratelli, lui, il piccolo di un’allegra cucciolata, con la sua valigia di cartone è arrivato, tredicenne, nell’El Dorado italiana. Lui e i suoi 6 fratelli (la sorella maggiore è rimasta al paesello).
Nel 1968 viene chiamato alle armi e viene spedito dritto dritto a Catania per 18 lunghi mesi. Un anno e mezzo a mille km da casa con treni che, a risalire lo stivale, ci mettevano di più delle sue giornate di permesso.
In quei 18 lunghi mesi in terra Sicula fu iniziato alla cultura battiatesca. Non so se fu una sorta di nonnismo da caserma, perché la produzione del buon Franco dell’epoca era musica di protesta, con roba con titoli tipo Le reazioni che persino babbo Moschide, davanti ad una cassetta originale di Battiato, prese due pezzi di scotch, tappò i due buchetti nella parte inferiore, e ci registrò su qualcosa di indegnamente più commerciale, ripetute volte negli anni.
In quel periodo assistette pure ad un concerto, presumibilmente gratuito, del caro Battiato che si esibiva nelle sue performance.
Per qualche anno babbo Moschide perde le tracce del buon Franco che, nel frattempo, dalla musica di protesta passò alla sperimentale con cose del tipo Fetus, Anafase e Mutazione, che già i titoli di per sé fanno paura. Babbo viene anche distratto da dettagli della vita quotidiana come fidanzarsi, sposarsi e mettere al mondo una dolce creaturina che lo allontanano temporaneamente dalle eroiche gesta del buon Franco.
Ma fino ad un certo punto, per la precisione fino al 1979. L’anno di svolta, quello de L’era del cinghiale bianco.
studenti di Damasco
vestiti tutti uguali
l’ombra della mia identità
mentre sedevo al cinema oppure in un bar
Così, mentre in macchina le mie amiche ascoltavano Marameo Marameo Marame me meo di Stefania Rotolo, i miei viaggi per il mare erano fatti di L’era del cinghiale bianco e Prospettiva Nevski, al punto che quando, nel 1980, arrivarono Centro di gravità permanente, Cucurucucù e Bandiera Bianca mi sembrarono improvvisamente musica per bambini e Summer on a solitary beach per me era un tormentone estivo, almeno tanto quanto Un’estate al mare scritta per Giuni Russo!
La stagione dell’amore viene e va… i desideri non invecchiano quasi mai, con l’età
Parlami dell’esistenza, di mondi lontanissimi, di civiltà sepolte… navigareeeee…
no taim no speis anoter ???? of vibrescion
the si i i i mulescion
kip u fil memoris ai love iu
e se jolì pandan
Probabilmente i miei ricordi si sono fatti condizionare dal francese che studiavo alle elementari…
Sulle strade al mattino troppo traffico mi sfianca… mi innervosiscono i semafori e gli stop…
sulle strade la terza linea del metrò che avanza… ci vuole un’altra vita
Ecco, Un’altra vita, alla veneranda età di 8 anni, era la mia canzone preferita. E poi adoravo anche il duetto con Alice ne I treni di Tozeur.
e per un istante ritorna la voglia di vivere a un’altra velocità
passeranno ancora lenti i treni per Tozeur
Ma non è finita qui, perché nel 1988 esce Fisiognomica che io, all’epoca, non avevo neanche mai sentito questa parola di cui non ho scoperto il significato (senza, per altro, nemmeno capirlo bene) fino all’avvento di Wikipedia.
Quel disco è stato un album di rottura per me, ma non rottura nel senso di cambio di rotta, rottura perché babbo Moschide lo ha adorato ancora più di tutti gli altri. Non gli è bastato comprare il vinile, non gli è bastato comprare pure il compact disc (non eravamo ancora avvezzi a questo nuovo supporto che chiamavano con il suo nome intero, con notevoli difficoltà nella pronuncia del CD che finivamo per chiamarlo compac disc, o anche solo “compa”). No. Tutto questo non gli è bastato.
A Natale gli zii mi avevano regalato una tastiera semi professionale, come se io fossi avviata alla carriera musicale o quanto meno ne fossi minimamente portata, così avevo comprato i tasti colorati Bontempi e mio padre mi ha regalato lo SPARTITO DI FISIOGNOMICA!!! Vi rendete conto che a dodici anni io cercavo di imparare a suonare la tastiera strimpellando, con un dito solo, canzoni come Zai Saman e Secondo Imbrunire. Le mie preferite erano E ti vengo a cercare (che doveva essere stato un singolo radiofonico, oppure l’ho solo ascoltata talmente tante volte che so recitare tutto il testo a memoria come fosse A Silvia di Giacomo Leopardi) e L’Oceano di silenzio, brano intensissimo che recita:
Un oceano di silenzio scorre lento
senza centro né principio
cosa avrei visto del mondo
senza questa luce che illumina i miei pensieri neri
Tipiche parole adatte ad una neo-dodicenne!
Ma secondo voi, quella che ormai diventa un mix tra ossessione e tortura, è finita con i lunghi viaggi in macchina per le vacanze fatti a dormire ascoltando tutto il repertorio di Battiato? Voi non immaginate che gran ronfate io mi facevo in quelle interminabili ore a trainare la roulotte che ci portava al mare!
No, è il 1988, dicembre, io ormai sono in terza media e si avvicina il compleanno di mamma Moschida e babbo decide di farle un bellissimo regalo: tutta la famiglia dei Moschidi va al concerto. Di chi? Indovinate un po’? Al concerto di Franco Battiato… al Teatro Lirico… Fisiognomica Tour, proprio nel giorno del compleanno della mamma.
Ecco, ora lo sapete, il primo concerto a cui ho assistito in vita mia è stato quello di Battiato!
Bello? Boh, non avevo termini di paragone… ricordo che lui cantava a piedi nudi su un tappeto persiano… molti anni prima che Marina Rei si presentasse scalza a Sanremo… ricordo che ha sgridato i musicisti perché non avevano attaccato bene una canzone e li ha fatti fermare e ricominciare daccapo. Ricordo che, per i bis, siamo scesi in platea e siamo corsi sotto al palco… io non sapevo neanche perché stessi correndo, infondo era la prima volta che riuscivo ad ascoltare un paio d’ore di Battiato senza addormentarmi!
E l’anno dopo di quel tour ci hanno fatto pure un doppio compac disc live dal quale ascoltavo sempre Un’altra vita… sempre quella canzone, continuava, nonostante il tempo, ad essere la mia preferita.
Dopo quell’esperienza il mio rapporto col maestro Battiato si è bruscamente interrotto. I viaggi in macchina con papà sono diminuiti in favore delle uscite con le amiche e le corse a prendere la 56.
Ma ogni anno a Natale ho continuato a regalare a babbo Moschide il nuovo CD di Battiato, anche quelli con i titoli più assurdi tipo Come un cammello in una grondaia o L’ombrello e la macchina da cucire. Che ditemi che ci deve andare a fare un cammello su una grondaia, al massimo ci finiscono dentro le mosche morte (non le Mosche Tze Tze, per fortuna) e perché dovrei appoggiare l’ombrello sulla macchina da cucire (che non ho) quando all’ingresso c’è un bellissimo portaombrelli viola con tutti gli insettini colorati?
Non lo so… per me, ignorante di musica e totalmente insensibile all’arte al punto che, davanti al Colosseo di Roma, guardai mia madre e le dissi, delusissima, “Mamma, ma è tutto rotto“, quella roba troppo filosofica non la capisco proprio e mi fa dormire anche se i viaggi per le vacanze non li faccio più in macchina con papà.
E quando voi, neofiti Battiateschi, nel 1996 avete scoperto questo grande cantautore con Strani Giorni e La Cura, io, in diciassette anni di ascolto inconscio, ora sono in grado di riconoscere ogni singola canzone dalla prima nota proposta da Enrico Papi a Sarabanda! E, diciamolo, mi sono trovata il lavoro fatto quasi da riuscire a tenere a Marco Castoldi alias Morgan sull’argomento.
Grazie papà perché, tra le tante cose che mi hai dato, c’è anche questa: aver conosciuto e apprezzato uno dei più grandi cantautori italiani, uno dei più grandi innovatori e sperimentatori. Forse all’epoca non lo capivo e avrei preferito potermi schierare nella competizione delle mie amiche tra Europe e Spandau Ballet, ma a casa mia si ascoltavano “solo” Battiato, Lucio Dalla, Gianna Nannini e poco altro ed io Joey Tempest sapevo a malapena chi fosse! Però adesso… adesso mi dovete spiegare solo una cosa: perché Fleurs 3 è uscito 6 anni prima di Fleurs 2?
La vostra coltissima (e dolce figlioletta)
Mosca Tze Tze
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