Sanremo ed Eurovision Song Contest, un legame ormai consolidato da anni.
Il Festival di Sanremo 2020 volge al termine e come ogni anno è il momento di fare il punto sullo step successivo – ovvero la scelta del rappresentante italiano per l’Eurovision Song Contest, che per il sesto anno consecutivo è legata a filo doppio al Festival per volere della RAI (il broadcaster nazionale tramite il quale l’Italia competerà nella kermesse europea per il decimo anno consecutivo).
Anche quest’anno, per quanto il regolamento non ne preveda l’obbligo tassativo, spetterà di diritto al vincitore di Sanremo rappresentare l’Italia all’Eurovision.
In caso del rifiuto del primo classificato (come capitò nel 2016 con gli Stadio) la palla passerà a una commissione interna che potrà scegliere fra tutti i concorrenti in gara, non necessariamente in ordine di classifica.
Ricordiamo che il regolamento consente al nostro rappresentante di presentarsi all’Eurovision Song Contest con un brano diverso da quello in gara a Sanremo.
Come nel 2019 e nel 2018, è il momento di analizzare i pro e i contro di alcune delle proposte in gara, cercando di prevedere il loro potenziale all’interno del concorso musicale più seguito in Europa.
#1. ELODIE, Andromeda
Squadra che vince non si cambia: Elodie torna a Sanremo dopo tre anni con una canzone scritta e prodotta dallo stesso team che portò l’Italia al secondo posto sul palco di Tel Aviv, ed è quasi una conseguenza che il suo brano sia subito schizzato in cima alle nostre priorità in chiave Eurovision.
Nei sondaggi esteri sta vincendo di larga misura, forte del supporto dei fan di Mahmood e della sua Soldi – la “vincitrice morale”, ora lo possiamo dire, dell’ultimo Eurovision Song Contest.
PRO: l’abbiamo già detto, l’onda lunga del successo di Mahmood potrebbe garantire un grandissimo seguito nel pre-Eurovision e portarci a Rotterdam nel novero delle favoritissime.
Il brano è attualissimo e forse l’unico in gara a vantare una produzione davvero moderna ed internazionale.
CONTRO: sì, però non è Soldi e abbiamo già detto anche questo. Il rischio di passare come “la brutta copia del 2019” comunque c’è, tanto più se mancherà qualcosa a livello di performance vocale (a tratti imprecisa sul palco del Festival) o di messa in scena. Parafrasando quanto successo a Cipro nelle ultime due edizioni: tutti vogliono essere Eleni Foureira, nessuno vuole essere Tamta.
#2. DIODATO, Fai rumore
Una delle rivelazioni di questo Festival dopo l’ottavo posto del 2018, Antonio Diodato sembra aver conquistato i cuori del pubblico e della stampa specializzata con una ballatona strappacuore che esegue con precisione quasi giapponese.
PRO: senza nemmeno scomodare il brano in sè, la performance vocale guadagnerebbe da sola il sostegno in massa delle giurie e del pubblico più generalista.
Il pubblico di tutta Europa ha spesso voluto premiarci quando “abbiamo fatto l’Italia” del bel canto, e con Diodato ci presenteremmo in gara senza alcun timore a riguardo.
CONTRO: in una manifestazione colorata e chiassosa come l’Eurovision, Diodato manca di quel pizzico di carisma che lo potrebbe far emergere nel marasma delle proposte. Una messa in scena di grande effetto sarebbe fondamentale per fare rimanere il brano nella mente degli ascoltatori, in particolare se finissimo per doverci esibire ad inizio serata.
In più, Fai rumore potrebbe scontare una leggera somiglianza con l’ultima vincitrice (Arcade dell’olandese Duncan Laurence) e non è mai successo nel recente passato che due ballate vincessero in due anni consecutivi.
#3. FRANCESCO GABBANI, Viceversa
“Squadra che vince…” parte seconda. Gabbani ha già conquistato Sanremo e i cuori degli eurofan di tutta Europa, piazzandosi sesto all’Eurovision 2017 dopo essere arrivato a Kiev con i galloni dI favorito.
A tre anni di distanza dall’exploit di Occidentali’s Karma, il cantante di Carrara vanta ancora molti estimatori in Italia e in Europa – e non è impensabile, visto il primo posto provvisorio conquistato a metà gara, immaginarsi un suo bis sul palco dell’Ariston in tempo così breve.
PRO: come abbiamo detto è un volto conosciuto (nella galassia degli eurofan la “scimmia che balla” è ancora iconica), e portare in gara Viceversa permetterebbe di mostrare un’altra altrettanto valida sfaccettatura della sua personalità artistica. Dopo il sesto posto del 2017, Gabbani arriverebbe sicuramente sul palco europeo assetato di rivalsa.
CONTRO: l’Eurovision è un palco strano, dove chi torna dopo qualche anno spesso non sfonda e anzi rischia di tornare a casa con la coda fra le gambe (è successo di recente a un vincitore iconico come il norvegese Alexander Rybak, primo con le dimensioni del plebiscito nel 2009 e solo quindicesimo nel 2018). La canzone di Gabbani sembra inferiore a quella del 2017, e avrebbe sicuramente meno presa di Occidentali’s Karma sul pubblico di tutta Europa a livello sia di ritmo che di tematiche.
#4. LEVANTE, Tikibombom
Levante arriva a Sanremo smettendo i panni di cantautrice impegnata per portare un pezzo più standard ma in linea con la sua produzione recente e con la qualità che contraddistingue da sempre l’artista siciliana. Tikibombom è un pezzo dal sapore fortemente eurovisivo (non sfigurerebbe in una qualsiasi selezione nazionale dei paesi scandinavi) e potrebbe rappresentare un tentativo di mettere insieme la qualità tipica delle nostre proposte e una sonorità più internazionale.
PRO: gli ingredienti per fare bene (cantante carismatica, grande voce, melodia che “si attacca”, tema sociale super attuale) ci sono tutti. La canzone, come già detto, sembra scritta apposta per l’Eurovision Song Contest.
CONTRO: Levante purtroppo non ha cominciato questo Sanremo coi favori del pronostico, tanto da languire a metà classifica dopo le prime tre serate.
Difficile immaginare un suo approdo in top3 e di conseguenza una sua vittoria (tolto il fatto che anche in caso di rinuncia del vero vincitore, la RAI subirebbe ovviamente pressioni per mandare il secondo in classifica e non uno a caso).
#5. PINGUINI TATTICI NUCLEARI, Ringo Starr
La band bergamasca ripropone la stessa ricetta che aveva portato Lo Stato Sociale al secondo posto nel 2018, ma senza il ballo sfrenato di Paddy Jones a catturare l’interesse del pubblico televotante.
Ringo Starr è indubbiamente una delle canzoni più allegre e orecchiabili di questa edizione di Sanremo, e ciò ha portato tanti commentatori (specie italiani) a definirla una candidata perfetta a catturare i cuori di tutta Europa.
PRO: entusiasmo, coinvolgimento, caciara. L’ESC è (anche) festa, e i Pinguini potrebbero rendere l’Italia per la prima volta protagonista in questa chiave. In più sembrano sostenuti un po’ da tutte le giurie, e quindi in prima fila per puntare al podio sanremese e di conseguenza al biglietto per Rotterdam.
CONTRO: la storia insegna che le band non funzionano mai bene all’Eurovision, e che in una competizione dove chi ti deve votare non parla italiano una canzone come Ringo Starr rischia di perdere l’indubbia profondità del testo e trasformarsi in una baracconata just because (Gabbani 2017 insegna!). In più c’è il rischio di una performance vocale non all’altezza, aspetto che fu già criticato all’epoca allo Stato Sociale (con un pezzo e un’esibizione sulla carta molto più forti)
#6. ACHILLE LAURO, Me ne frego
Non convenzionale, fuori dagli schemi, glam quanto basta per sconvolgere la platea di Sanremo e già apparentemente pronto per la platea europea (sicuramente più avvezza a un certo tipo di immaginario e di messa in scena, la stessa che Lauro sta tentando di portare sul palco dell’Ariston).
Non ha sicuramente portato il pezzo più maturo fra i 24 in gara, ma a livello di performance Achille Lauro è indubbiamente l’artista da battere.
PRO: all’Eurovision Song Contest l’unicità spesso paga, e un’esibizione in linea con quelle portate in questo Festival sarebbe quasi sicuramente un happening ad alto tasso di viralità che potrebbe convogliare moltissimi voti nei confronti della nostra proposta. Del resto, nel bene e nel male (Conchita, Sobral, Netta…), l’importante è che se ne parli.
CONTRO: l’era kitsch della manifestazione, pur con svariati rigurgiti, si è conclusa nel 2009 con l’avvento delle giurie nazionali a mediare l’impatto esagerato del televoto che spesso tendeva a premiare le proposte più strane e non convenzionali.
Per vincere l’Eurovision non si può prescindere da un buon risultato con le giurie, ed è difficile immaginarsi gli esperti musicali di tutta Europa sostenere un brano ed una performance come quella di Achille Lauro in Me ne frego. Non sempre l’eccentricità paga.
E voi cosa ne pensate? Chi vorreste vedere come nostro rappresentante sul palco di Rotterdam e perché?