Artisti emergenti. Oggi vi racconto una storia vera che mi riguarda personalmente. Spesso addetti ai lavori mi dicono che un sito non deve avere un’impronta personale. Io non la penso così.
Siamo nati ispirandoci ad una rivista che per me ha segnato la storia nell’editoria musicale italiana, Tutto musica, e su Tutto musica non è mai stato fatto mistero delle preferenze a livello artistico… Bugo, Francesco C, Carmen Consoli…
Noi, su All Music Italia, facciamo così: ci esponiamo per gli artisti in cui crediamo. Con una sola differenza: diamo comunque spazio a tutti senza decidere per i nostri lettori cosa è bello e cosa no, lasciamo che siano loro a scegliere.
E proprio perché All Music Italia è un sito impostato sulla sincerità del rapporto con il lettore, proprio perché io cerco di rispondere ad ogni messaggio che mi arriva privatamente, oggi voglio raccontarvi questa storia, una storia vera, realmente successa e che mi riguarda.
Per chi non lo sapesse, prima di All Music Italia, nella mia vita ho fatto l’assistente personale, ho provato a fare il tour manager capendo che non faceva per me e, più per scelta altrui che mia, ho anche fatto il produttore e il manager.
E sono stato parecchio sfortunato. Ho lavorato con artisti che non volevano insegnarmi nulla, ma pretendevano ogni grammo del mio tempo e della mia vita.
Ho lavorato con artisti che volevano che fossi come loro, ma quello non ero io e annullare la propria personalità non credo faccia parte dei compiti di un assistente.
Infine ho lavorato con artisti che non hanno avuto rispetto del mio lavoro, delle mie idee, della mia perseveranza e dei soldi spesi per dar loro una possibilità.
Sono state esperienze così difficili, umilianti a volte, che mi hanno portato ad abbandonare la musica per quasi quattro anni.
Poi la musica mi richiamò a sé e dal nulla creai All Music Italia dedicandoci tutto il mio tempo… questo sito non è cresciuto per miracolo, scusate la presunzione, ma sul lavoro mio (ma non solo!), su notti in bianco, sulla perseveranza e il bisogno di dimostrare che non avevo fallito, che non ero un “acchiappanuvole” come cantava Luigi Tenco.
Dopo la mia prima esperienza da produttore, disastrosa emotivamente, credetti di aver imparato la lezione. E invece non avevo capito un caxxo, sopratutto non avevo capito che emotività e sentimento nel mondo della musica al massimo possono essere prerogative degli artisti, non dei manager o di chi investe il proprio tempo in un progetto…
Ma torniamo a questa storia…
Artisti emergenti: Quando la favola di qualcun altro distrugge la tua anima
Succede che un giorno, ad uno dei tanti Contest in cui ricopro il ruolo di giurato, premio un giovane ragazzo con una canzone terribile. Lo premio perché, nonostante quella canzone e un modo di cantare un po’ antico, percepisco che in lui c’è una storia, una storia da buttare fuori e cantare, e la verità nella musica è tutto per me, prima o poi trionfa.
Negli anni ci sentiamo e poi ci eclissiamo a vicenda. Storie di vita, di amori, di traumi e di crescita. Nonostante questo, io ci sono sempre stato… per un consiglio, per spronare ad abbandonare la strada intrapresa… nel nostro mondo, quello della musica, che è anche un lavoro, si chiama “Consulenza artistica”, ma io non ho mai chiesto un centesimo.
Passa un anno o poco più e ci si incontra di nuovo… l’altra persona è libera da manager e produttori che a poco hanno portato con una sola mira… il portafoglio del ragazzo, che non è un portafoglio assolutamente vuoto, anzi.
Decido di dedicare il mio tempo. Nonostante una situazione di salute non delle più facili, nonostante un lavoro che mi occupa 18 ore al giorno e, se va bene, me ne paga otto.
So riconoscere il talento, so riconoscere chi ha bisogno e sta smettendo di credere in sé e per questo scelgo di mettere tutto me stesso per dargli una mano.
Gli do compiti, lo sprono, anche in maniera dura, a togliere alcuni manierismi del cantato frutto dell’esperienza nei musical, gli modifico piccole parti di testi, cerco di aiutarlo a focalizzare i suoi punti di forza.
Lo seguo da lontano nel suo percorso, due anni fa, ad Area Sanremo e, nonostante tre dei giurati incaricati di scegliere canzoni siano amici, non rivelo a nessuno la sua identità… se ce la farà, lo dovrà fare con le sue forze… che senso avrebbe arrivare ad un traguardo sapendo che sei stato spinto o agevolato?
Qualcosa non va, ma io non mi arrendo. Lo porto ad incidere un brano, molto bello, da un produttore che possa valorizzarlo. Non pago io, non è nelle mie possibilità, ma cerco di metterci tutto il mio impegno ugualmente.
Quindi gli faccio conoscere un discografico. A lui non convince ed io lo ascolto, gli lascio la libertà di decidere.
Lo porto anche da un’importante etichetta discografica che sposa il progetto. Un’etichetta con un’agenda piena di impegni e che, per questo, ha bisogno dei suoi tempi e che non può stare dietro alla fretta tipica degli artisti, come è giusto che sia.
Viene pagato subito un servizio fotografico. Sono io a scegliere la fotografa, una che costa quanto un mio stipendio mensile, lo ottengo.
Si prova Amici, ma non funziona, capita. In lui si rompe qualcosa e si fa prendere dall’ansia… perché non ha funzionato? perché gli hanno detto che assomiglia a qualcun altro?
Seguono giorni di telefonate che si alternano tra “Perché mi hanno detto questo?”, “Quando l’etichetta mi fa uscire qualcosa, altrimenti non esisto?” o “Faccio uscire un video che mi pago io così esisto…”.
Provo a fargli capire con le forze che mi rimangono che c’è solo da aspettare, avere fiducia…
E qui c’è un “particolare” importante: tra me e questo ragazzo non esiste nessun tipo di contratto che tuteli la mia persona.
Non c’è perché il suo primo produttore, un nome noto negli anni ’90, gli ha portato via un sacco di soldi, ma davvero un sacco, senza condurlo da nessuna parte.
Non c’è perché chi lo ha seguito dopo gli ha proposto contratti e promesse, ma non fatti.
Io non volevo essere così, io mi ritengo un puro, anzi, presuntuosamente sono certo di essere un puro. Per questo non gli faccio firmare nulla e gli rispondo “Ne parleremo quando otterremo dei risultati…”
In molti dicono che sono un cretino, ma dopo le sue esperienze passate non me la sento di legarlo a qualcosa. Voglio dimostrargli che si può fidare. E così non ascolto nessuno, come sempre.
Ma torniamo a quelle chiamate giornaliere in cui i suoi dubbi mi sovrastano, e a cui io non ho risposte da dargli se non attendere e fidarsi di me.
Io non ho un carattere facile, l’ho sempre ammesso, e in quel periodo vivevo un momento difficile, combattevo contro un male di cui nessuno, e sottolineo nessuno, a parte me sapeva nulla.
Un giorno succede che non riesco a sopportare quel carico di insicurezze, titubanze, scetticismo, ansia… perché penso che a volte gli artisti dovrebbero capire che almeno loro hanno la musica in cui sfogare i loro malesseri e le loro frustrazioni, noi nemmeno quello. E non è facile.
Quel giorno scoppio, lo mando a quel paese e attacco il telefono. Per me non è una rottura definitiva, per lui sì e io lascio che si dimentichi quanto ho fatto per lui.
Non lo sento più non per una questione di orgoglio, ma perché ho dato me stesso sapendo che potrei avrei speso il mio tempo, la mia professionalità, il mio amore per la musica, per nulla… è lui che deve qualcosa a me.
Mai più sentito. Siccome io non sono uno che di solito porta rancore e sono una persona che è capace di sacrificare se stesso per gli altri, faccio una chiamata alla nota etichetta discografica e dico loro testualmente di continuare a lavorare al suo progetto senza preoccuparsi di me, anche se io ne sarò fuori.
Loro provano a chiamarlo per un paio di volte, lui non risponde o non riconosce il numero e loro abbandonano il progetto. Io mi sento costernato, ma vabbè, che ci posso fare?
Non smetterò mai di ringraziare quell’etichetta perché si è fidata di me e non ha mai preteso un contratto firmato nonostante fosse già stata spesa una cospicua cifra per il book fotografico.
Lo ha fatto perché ho raccontato loro le esperienze precedenti del ragazzo con produttori furbi e hanno acconsentito a non “spaventarlo”.
Oggi questa cosa mi fa sentire in colpa perché avrei dovuto lasciar fare loro quello che tutti fanno, perché è così che funziona, perché si chiama lavoro, rispetto, professionalità.
Oggi quel ragazzo si preparerà per andare a Sanremo con un brano, guarda caso il primo, non firmato completamente da lui. E mi fermo qui…
A me cosa ha insegnato tutto questo?
Che sono uno stupido, che non sono tagliato per questo lavoro, che avevano ragione quelli che mi dicevano che si firmano prima i contratti, che vince chi ha più soldi, che lui è un irriconoscente.
Mi ha fatto capire che voglio smettere con questo lavoro (la parte in cui si ha a che fare con gli artisti intendo). Pensare che, ironia della sorte o presa per i fondelli, mi ha anche fatto il segno di vittoria pensando che potessi esultare per la sua vittoria.
Mi spiace, non ci riesco e non perché rosico, non perché sono cattivo, non perché sono invidioso, ma perché lui mi ha ricordato che nella vita quelli come me non vincono mai. E al tempo stesso lui si è già scordato, nei suoi abbracci vacui, troppe cose.
Ed io scrivo questo perché serva di lezione a voi che sognate di fare questo lavoro. Ricordate: il sogno di un artista varrà sempre più di qualsiasi cosa, nel bene e nel male. Anche del rispetto e della riconoscenza.
Ps. Ho provato i brividi durante la sua esibizione al Casinò di Sanremo ma, per imparare a rispettare me e il mio lavoro, devo dare poco valore a tutto ciò.