13 Dicembre 2023
di Direttore Editoriale
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13 Dicembre 2023

Tiziano Ferro, festa a metà per il disco di platino de “Il Mondo è nostro”: “Facciamo fatica a tener passo al mondo dello streaming”

Partiamo dalle parole del cantautore per una riflessione sullo stato del pop nell'epoca dello streaming

Tiziano Ferro
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Partendo da tiziano ferro una riflessione sul pop in italia

Mentre i giovanissimi portano in trionfo la musica rap e urban sulle piattaforme streaming, che con le loro playlist sostengono ampiamente questi generi musicali, il pop sembra aver perso il suo seguito nel nostro paese, mentre nel resto del mondo, sia quello al maschile che quello al femminile, trionfa con artisti come Taylor Swift, Ed Sheeran, Miley Cyrus e Harry Styles.

Diciamo che il pop “sembra” in affanno perché, andando a guardare il mondo dei live, anche se con numeri differenti rispetto al passato, i grandi numeri li fanno sempre loro. I sold out negli stadi e nei palazzetti, quelli che portano la la gente ad ascoltare la musica dal vivo, ruotano attorno a nomi come Vasco Rossi, Ligabue, Laura Pausini, Tiziano Ferro, Jovanotti a cui si aggiungono nomi più “freschi”, vedi Ultimo e i Pinguini Tattici Nucleari.

E allora forse un po’ di quello che noi chiamiamo “effetto Max Pezzali” c’è. Max del resto non incide dei veri successi dal 2003, ma riesce comunque a riempire gli stadi oggi grazie ai brani del passato che il pubblico vuole ancora ascoltare e cantare insieme a lui.

Resta il fatto che, se da una parte esiste il pubblico che vuole ascoltare questi cantanti, dall’altra questo stesso pubblico non fruisce, o comunque è in netta minoranza, della musica in digitale.

Questo è sicuramente un dato di fatto testimoniato anche dalla difficoltà di quasi tutti gli artisti pop nel raggiungere certificazioni. L’ultimo disco di Laura Pausini, pubblicato un mese fa, è vicino all’oro, ma non è ancora riuscito a certificarlo. L’album di Eros Ramazzotti, uscito lo scorso anno, lo ha raggiunto in 4 mesi, mentre per Tiziano è servito più di un anno per arrivare al disco di platino.

Lo stesso Marco Mengoni, tra gli artisti pop più resistenti del momento (tutti i singoli del suo progetto “Materia” hanno ottenuto certificazioni), per arrivare ad un traguardo consistente, cinque dischi di platino, non solo è tornato in gara al Festival di Sanremo (vincendolo), ma ha pubblicato tre dischi in quasi tre anni che, con un abile mossa di Sony Music Italy, sono stati conteggiati come un unico album. Il progetto “Materia” per l’appunto.

Una cosa, però, va riconosciuta agli artisti tradizionali: sono quelli che, storicamente, ottengono più certificazioni per gli interi album, almeno fino a che questi esisteranno visto l’andazzo del mondo della musica.

Se analizziamo, infatti, i dati dell’epoca FIMI, il più certificato per gli album è Vasco Rossi, unico artista italiano ad aver raggiunto due volte il disco di diamante (con “Tracks 2” del 2009 e “Vivere o niente” del 2011). Vasco ha ottenuto certificazioni pari a 2.410.000 unità. Seguono Ligabue (1.610.000) e, per l’appunto, Tiziano Ferro (1.540.000).

La prima donna dell’era FIMI per gli album è Alessandra Amoroso con 1.200.000 unità seguita da Laura Pausini a 1.180.000 copie. Il primo artista del mondo rap/urban, unico nella Top 10 album dell’era FIMI, è Guè con 1.000.000 unità.

Chiudiamo con qualcosa di cui nessuno parla, i nuovi artisti, i cosiddetti emergenti. Questo andazzo del mercato è preoccupante e lo è, più che per artisti ormai affermati, anche arricchiti, e con una solida fan base come Tiziano, Laura, Eros, Lorenzo, Giorgia etc… per tutti quei giovani che vogliono fare musica in Italia e non scelgono il rap ma il pop o il cantautorato come mezzo d’espressione.

Niccolò Agliardi, cantautore, autore di grande successo, conduttore radiofonico e podcaster, ha dichiarato nei giorni scorsi in un’intervista a “Umani molto umani” il suo pensiero sulla musica di oggi, un pensiero che apre a scenari allarmanti:

Nulla contro la musica di oggi, sono racconti che hanno altre grammatiche, altre letterature, non escludo che abbiano guizzi e letture interessanti. 

Quello che posso dirti è che non è tempo per canzoni deliberatamente tristi o profonde, adesso no è tempo. Una volta un giovane discografico mi ha detto ‘Niccolò non sono affatto male le tue canzoni, però in questo momento le canzoni profonde sono un po’ da sfigato…

Se oggi un Guccini, un De André, un Fossati, si affacciassero sotto mentite spoglie, sotto diversi nomi, io stesso che sono un diverso strenuo della profondità e di provare ad andare sotto il settimo grado di pelle, io penserei che due cog**oni.

Se così fosse, e parlando con buona parte dei giovani la realtà non sembra troppo distante da questo ragionamento, speriamo che questo nuovo “Dadaismo musicale” finisca al più presto perché, visti anche i tanti casi di cronaca che coinvolgono sempre più spesso i giovanissimi, c’è più che mai bisogno di condivisione, di mettere in mostra le proprie fragilità, di profondità e di condivisione.

Elementi che, in modalità sicuramente diverse, trovano spazio anche in parte della musica rap ovviamente. Eppure c’è qualcosa, qualcosa che ha a che fare con le basi culturali della generazione Z, che sembra rendere respingente il pop.

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