Una valida professionista di un ufficio stampa radiofonico che, con passione e tenacia, porta avanti quel duro lavoro che consiste nel presentare alle radio i nuovi progetti e le nuove canzoni di artisti EMERGENTI (e non solo), qualche settimana fa mi ha girato la risposta di una piccola radio (al di là di quanti ascoltatori fa per me rimane una PICCOLA radio) ad un suo comunicato stampa…
Leggete e poi venite a dirmi che non servono leggi come esistono in Francia per tutelare il nostro patrimonio discografico o che la nostra petizione non ha senso di esistere…
I fatti in breve sono questi: La persona in questione non fa altro che mandare il comunicato stampa dell’uscita del nuovo singolo di un cantautore emergente. La parola emergente ricordo che, per quello che ci riguarda, indica artisti non ancora noti al grande pubblico e, spesso e volentieri, non sostenuti dai network radiofonici più importanti di diffusione nazionale.
Per farlo, essendo una professionista, dispone di una lista delle radio di tutta Italia che possono essere trovate nell’elenco ufficiale agenda del giornalista sotto la voce “EMITTENZA RADIO”, quindi di secondo lavoro non fa l’intercettatrice che reperisce mail segrete di addetti ai lavori, tanto per precisare.
Prontamente arriva la risposta della radio. Spesso e volentieri le risposte che arrivano sono generate automaticamente, quindi diciamo che è come se non fosse stata letta nella maggior parte dei casi… ma no “l’omino della radio” in questione. come lo chiamerò d’ora in avanti, è uno che sa fare il suo lavoro e risponde di persona anche se non si firma… scrive in rosso grassettato, non si sa mai che le sue parole non siano pienamente comprensibili. Ed ecco cosa risponde:
“spero che la finiate di rompere i coglioni con queste mail!!!
visto lo sfruttamento gratuito delle emittenti per promuovere GRATIS, e poi ci troviamo SCF con la finanza,
se avete qualcosa da dire ditelo a loro di SCF e ringraziatela, se volete farvi conoscere adesso pagate!! e finitela di fare spam per promuovere.
REMOVE MAIL“
Ora per chi non sapesse: la SCF è il consorzio che gestisce in Italia la raccolta e la distribuzione dei compensi, dovuti ad artisti e produttori discografici, per l’utilizzo in pubblico di musica registrata, come stabilito dalle direttive dell’Unione Europea e dalla legge sul diritto d’autore.
Sono oltre 400 i produttori discografici che hanno aderito alla SCF che gestisce i diritti connessi relativi a circa il 94% del repertorio musicale pubblicato in Italia. 110.000 è il numero di utilizzatori di musica registrata che hanno sottoscritto una licenza con SCF, tra cui emittenti radiofoniche e televisive, sia nazionali che locali, web radio e web tv, bar, ristoranti, discoteche, palestre, studi professionali. Qui trovate maggiori informazioni su di loro.
Insomma, per farla breve SCF si occupa di far sì che chi trasmette musica paghi i diritti relativi e li raccoglie per poi distribuirli agli artisti, produttori etc etc
Ora dubito che SCF vada dall’omino della radio con la finanza perché ha un sacco di tempo da perdere… suppongo, e magari nella mia ignoranza mi sbaglio, che vada lì per svolgere il suo lavoro di tutela artistica così come l’amica dell’ufficio stampa manda i brani degli artisti emergenti che segue perché quello è il suo lavoro.
In ogni caso, resto a disposizione di SCF per capire perché secondo l’omino della radio dovremmo ringraziare loro se non passa musica emergente… a me il collegamento onestamente sfugge. Come mi sfugge il perché la stessa risposta non arrivi a, che ne so, sparo due nomi a caso, la Warner quando manda il nuovo brano di Ligabue piuttosto che a Universal quando recapita il singolo di Cremonini. Mistero che solo l’omino della radio potrebbe svelarci.
E questa cari miei è solo la risposta di una piccola radio veneta. Potrei farvi decine di altri esempi… ricordo che quando promuovevo io il singolo di un’artista che producevo personalmente qualche anno fa mi fu inviato in risposta, sempre da una piccola radio, un vero e proprio listino prezzi con costi variabili in base al numero di passaggi che volevo e alla fascia oraria. Tutto molto dettagliato.
Senza contare le radio che sono editori a loro volta e quindi detengono o chiedono i punti edizione delle canzoni… ovvero, per dirla in parole povere, quelle che hanno un ritorno economico sui brani che loro stessi trasmettono (motivo per cui dovremmo supporre garantiranno a questi artisti un numero più elevato di passaggi se la logica non mi tradisce…).
Ora potete venirmi a dire che le radio private (che trasmettono su frequenze pubbliche…) possono passare quello che vogliono, che la qualità della musica emergente è un po’ bassa (e vi darei ragione se almeno fosse ascoltata e fatta una cernita, ma visto che di emergenti non ne passano, mi sa che non è più così…) ma resta il fatto che il ricambio generazionale per la musica in Italia al momento, tranne rarissimi casi, passa solo attraverso la tv e i talent show. Le radio non lanciano più niente per il gusto di scoprire nuovi talenti e i “disc jockey” non hanno più voce in capitolo su quello che vorrebbero passare nei loro programmi.
Rimane un dato di fatto: il patrimonio musicale italiano non è tutelato in nessun modo.
Questo mentre in Francia il parlamento ha approvato in commissione un emendamento che proibisce categoricamente alle radio di riempire la quota radiofonica di canzoni in lingua francese (che dal 1994 è fissata per legge in una percentuale che va dal 35% al 60% del totale della musica trasmessa a seconda dei casi) con brani noti. Un emendamento pensato per tutelare proprio gli artisti emergenti.
Fabrizio Galassi con Pasquale Rinaldis de Il Fatto quotidiano fece un paio di anni uno studio sull’impatto economico che avrebbe l’introduzione di una quota fissa (il 40%) di brani italiano in radio e tv.
Anche se sono passati due anni, le cifre sono realistiche ancora oggi e determinano che se le radio e TV inserissero le quote azzurre, l’industria musicale italiana avrebbe una crescita economica dell’80%, pari a 44 milioni di euro all’anno, e questo solo comprendendo i ritorni economici previsti dalla SIAE.
Se siete interessati a leggere l’articolo completo, lo trovate qui.
Quindi che dire… noi continuiamo a rompere i coglioni, come suggeriva l’omino della radio, portando avanti la nostra petizione che ha quasi raggiunto le 6.000 firme (e mancano ancora quella raccolte al Reset Festival di Torino da aggiungere manualmente) e che, una volta arrivati ad un numero per noi soddisfacente, porteremo a chi al governo dovrebbe occuparsi anche di questo, tutelare il patrimonio musicale italiano passato, presente e futuro.