Il 4 settembre 2022, Il Fatto Quotidiano aveva pubblicato un articolo dal titolo: “La Rai non paga i diritti. Protesta anche Vessicchio”, annunciando un contenzioso milionario nei confronti della Tv di Stato per mancati versamenti agli autori.
Adesso, l’AFI – Associazione Fonografici Italiani conferma di aver presentato un ricorso per il pagamento di diritti musicali non riconosciuti dalla Rai. Negli ultimi 10 anni, quest’ultima non avrebbe versato oltre 5 milioni di euro di diritti.
Per legge, i produttori discografici sono titolari di diritti patrimoniali che si attivano ogni volta che una loro opera viene utilizzata dalle emittenti radiofoniche, televisive e cinematografiche. In forza della stessa legge, la Rai stipula accordi con le Associazioni dei produttori per l’utilizzo in licenza del repertorio da loro tutelato, prevedendo i rispettivi compensi (altrimenti determinati dalla legge). A dispetto delle regole formali, dunque, succede che la società concessionaria agisce con lo scopo di tutelare il proprio interesse. Ciò che però nella pratica si traduce in milioni di euro sottratti ai produttori musicali.
Le dichiarazioni del presidente di Afi
Il Presidente di AFI, Sergio Cerruti, ha affermato: “È l’ennesima vicenda in pieno stile italiano che ricorda, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, che lo Stato ha perso il controllo di un’altra delle sue Concessionarie: all’interno della RAI si sono formate, infatti, sacche di resistenza che operano in maniera arbitraria e totalmente indisturbate, a discapito non solo dei produttori discografici (oltre che degli artisti, degli autori e delle loro delle imprese di riferimento), ma anche dei contribuenti, costretti al pagamento di un canone che finanzia un sistema sleale“.
Le doglianze di AFI nascono da un approfondimento rispetto al repertorio dalla stessa gestito e utilizzato all’interno dei programmi Rai. L’Associazione avrebbe rilevato inadempienze da parte della tv di Stato, nonché anomalie nel sistema di pagamento nei confronti dei produttori discografici. AFI avrebbe anche cercato un’interlocuzione risolutoria con i vertici dell’azienda, che però non ha avuto esito.
Cerruti afferma: “La nostra volontà era quella di trovare insieme una rapida soluzione, riconoscendo la comune provenienza industriale delle due realtà. Nonostante le diverse comunicazioni e richieste d’incontro inoltrate agli organi dirigenziali dell’azienda oltre che al Consiglio di Amministrazione e all’AD Fuortes, nulla ci è stato concesso, se non la conferma che la RAI è alla stregua di un partito politico, fatto di pochi leader al comando che, contrariamente alle inclinazioni del periodo, non accettano nessuna forma di coalizione o cooperazione, neanche con coloro che producono parte dei suoi contenuti”.
Una guerra destinata a finire a carte bollate?
A questo punto, Cerruti dichiara: “È alquanto sconsigliato contrapporsi alla RAI per chi, come me, ha fatto della musica il proprio lavoro, ma sin dal primo giorno in cui ho intrapreso questo ruolo l’ho interpretato con spirito di servizio e senso di responsabilità, due aspetti spesso assenti in un settore che registra un ritardo strutturale di oltre 20 anni, le cui cause sicuramente vanno ricercate anche nei sistemi gestionali degli addetti ai lavori. Per questo non mi risparmierò nel combattere ogni ingiustizia proveniente dalla Tv pubblica, nella speranza che in questo periodo di cambiamento anche politico ci sia qualcuno disposto a difendere e tutelare i diritti dei lavoratori dell’industria musicale esattamente come succede per tutti gli altri segmenti industriali“.
Il Presidente dell’AFI conclude ribadendo qual è la sua speranza. “Il mio augurio è che la RAI voglia chiarire tutto e riconoscere ai miei associati quanto gli è stato tolto, spiegando che l’intera vicenda è ‘frutto’ di un ennesimo caso di malagestione e di disorganizzazione interna di un’azienda che, da decenni, è alla ricerca di se stessa ma che, come troppo spesso accade, non riesce a (ri)trovarsi“.
Esclusa la possibilità di un accordo, l’AFI ha agito in Tribunale. Adesso, tocca alla Rai decidere se resistere alla pretesa dell’Associazione oppure provare a comporre la vertenza in via amichevole.