Biennale di Venezia 2019. La 76esima mostra d’arte cinematografica di Venezia apre le danze con La Vérité, nuovo film di Hirokazu Kore-eda, con Juliette Binoche, Ethan Hawke e Catherine Deneuve. Ecco l’opinione del nostro inviato Matteo Mori.
Dopo lo scoppiettante inizio della scorsa edizione con “First Man (Il Primo uomo)“, la nuova manifestazione d’arte cinematografica di Venezia si apre con l’ultima fatica del regista giapponese Kore-eda Hirokazu, “La Vérité (The Truth)“.
Una vera e propria sfida per il cineasta, che, dopo il successo della scorsa stagione cinematografica con “Shoplifters“, film vincitore della Palma d’Oro a Cannes nel 2018, realizza il suo primo film fuori dai confini della sua terra natia.
BIENNALE DI VENEZIA 2019 – LA VÉRITÉ SINOSSI
Fabienne (Catherine Deneuve) è una stella del cinema francese, circondata da uomini che la adorano e la ammirano. Quando pubblica le sue memorie, la figlia Lumir (Juliette Binoche) torna a Parigi da New York con il marito e la sua bambina. L’incontro tra madre e figlia si trasformerà ben presto in un confronto: le verità verranno a galla, i conti saranno sistemati, e gli amore e i risentimenti confessati.
La sceneggiatura, scritta da Kore-eda stesso, ragiona su ciò che si intende con “verità” e sull’inaffidabilità della memoria. Cos’è quello che realmente ci ricordiamo e cosa ci inventiamo completamente dal nulla? E, a questo punto, cos’è la verità?
Questo è l’interrogativo a cui film cerca di dare una risposta indagando le dinamiche di un rapporto disfunzionale tra madre e figlia. Tuttavia, tale domanda fatica a trovare una risposta chiara, in quanto la scrittura tende a perdersi nella ripetitività e nel didascalico.
BIENNALE DI VENEZIA 2019 – IL NOSTRO PARERE
Nella pellicola vi sono alcuni momenti di grande spinta drammatica condivisi dalla coppia Binoche/Deneuve, le quali riescono a dare vita a scene convincenti ed emozionanti.
Catherine Deneuve stessa ci regala una delle sue migliori interpretazioni da diversi anni a questa parte. Ethan Hawke, invece, viene relegato ad un ruolo fin troppo marginale.
Dal punto di vista musicale, la colonna sonora, firmata da Alex Aigui, è usata con parsimonia, rendendola quasi impalpabile e non determinante nella sottolineature delle dinamiche narrative, tralasciando una scena di ballo che riesce a dare un certo tipo di vitalità a tutta la pellicola.
Ma, nonostante una sceneggiatura di una simpatia pungente e piacevole, ma, allo stesso tempo, commovente, l’opera di Kore-eda non riesce ad aggiungere nulla di nuovo ai temi che vuole affrontare.
Un ritmo lento e una durata forse troppo lunga rendono l’opera godibile, ma non memorabile.
Nonostante i temi cari al regista, tra cui le dinamiche famigliari e ciò che comporta raschiare la superficie di esse, siano presenti, il suo approdo nel cinema internazionale non risulta particolarmente incisivo.
Appuntamento a domani con nuovi articoli del nostro speciale sulla Biennale di Venezia 2019. Qui trovate l’indice dei nostri articoli dalla laguna in continuo aggiornamento.