Nonostante si parli spesso di crisi dell’industria musicale, da un paio di anni il mercato discografico in Italia ha subito un netto miglioramento. La traiettoria positiva iniziata nel 2013, e proseguita nel 2015, si è confermata infatti anche nel 2015, con una crescita del 21%.
I dati, raccolti da Deloitte per FIMI, riportano non solo il boom ormai crescente dello streaming (su scala nazionale così come su scala mondiale), che rappresenta il 41% del mercato italiano contro il 38% del 2014, ma anche una ripresa del formato fisico che segna +17%, il declino del download che diminuisce del 5% e la crescita del vinile pare al 56%, con una nicchia di mercato del 4% del totale.
Il settore dello streaming è portato avanti da servizi come TIMmusic, Spotify, Apple Music, Google Play e Deezer. I servizi in abbonamento hanno subito un’impennata del +63%, andando a rappresentare il 45% del digitale.
Da sottolineare che i servizi premium hanno generato 26 milioni di euro contro i 14 milioni di servizi “free” che includono anche YouTube (cresciuti in ogni caso del 38%). Si evidenzia quindi come, sebbene i servizi sostenuti da pubblicità generino un numero di stream elevato, producano ricavi contenuti con un significativo gap per gli aventi diritti (etichette, autori e artisti).
Fa ben sperare l’ottima ripresa del mercato fisico. La vendita dei cd ha generato ricavi per 88 milioni di euro, crescendo del 17%, grazie soprattutto agli artisti italiani che con il loro repertorio hanno dominato le classifiche album nell’intero 2015.
Importante per questo obiettivo le iniziative dei punti vendita con l’organizzazione dei cosiddetti instore/firmacopie con gli artisti che hanno attirato migliaia di fan presso i negozi di grande distribuzione.
Il commento di Enzo Mazza, CEO di FIMI: “La fotografia del mercato 2015 mostra un consumo trasversale da parte dei fan di musica dove adulti e teenager scelgono spesso in maniera indifferente tra i vari formati, dallo streaming sullo smartphone, al CD o la versione deluxe di vinile“.