Cristina D’Avena è stata ospite il 29 novembre a Le Iene protagonista di un monologo sul pregiudizio che, per molto tempo, ha circondato la sua musica… le sigle dei cartoni animati.
Fin da bambina ho sempre cantato.
A tre anni e mezzo ero allo Zecchino d’oro con ‘Il Valzer del moscerino’. A 17 anni ho cantato la mia prima sigla, ‘Bambino Pinocchio’. Doveva essere un esperimento ma la mia voce piacque e così con “La canzone dei Puffi’, che fu un grande successo, è iniziata una favola fatta di concerti di telefilm, di sigle. Kiss Me Licia, Pollon, Mila e Shiro, Occhi di gatto, le conoscete tutte e proprio ora so che avete quelle note in testa. Io le ho sempre cantate con orgoglio.
Così ha esordito la cantante per poi affrontare un certo momento della sua carriera, non molto tempo fa, in cui il pregiudizio verso la sua musica, l’ha anche fatta soffrire….
Ad un certo punto della mia carriera ho avvertito che molti amici, colleghi, conoscenze del settore consideravano la mia una musica di serie B e sentivo bisbigliare: “Ah Cristina è quella che canta per i bambini, no, no, no… non può fare di più. E mentre nessuno scommetteva più su di me, lo ammetto, per un momento mi ha fatto pure male ma ho capito che ci stava veramente scommettendo su me stessa ero proprio io. Ho cantato le mie canzoni con ancora più forza e convinzione e so di non aver mai tradito il mio pubblico.
Come sappiamo Cristina D’Avena negli ultimi anni ha dimostrato quello che vale e tutti i primati che detiene, primati che la rendono un personaggio unico nel mondo dello spettacolo e della musica di tutto il mondo.
Il momento in cui tutto è iniziato a cambiare e in cui la sua musica da “canzonette per bambini” ha acquisito lo status di Cult, è stata l’ospitata al Festival di Sanremo nel 2016, un’ospitata voluta di Carlo Conti da un’idea lanciata proprio dal nostro sito e dal nostro direttore, idea che scaturì in una grande campagna firme (vedi qui e qui). Da lì in poi sono arrivati due album di duetti, Duets, e ora il disco celebrativo 40 anni insieme.
E così dopo 40 anni di carriera posso dirlo, ho vinto io, si perché quelle canzone per bambini le ho portate nel tempo della grande musica, a Sanremo, ma soprattutto le ho portato nel tempo. E sulle loro note ho duettato con 40 stimatissimi amici. Finalmente ho avuto il riconoscimento che aspettato e se qualcuno oggi dice che sono solo canzoni per bambini, beh non lo prendo come insulto, anzi, perché quando le ascolti si apre una finestra sul passato che tutti teniamo sempre chiusa. Un po’ per pudore o per paura del giudizio altrui.
Ma non c’è nulla di cui vergognarsi a tornare bambini. Ai miei concerti dal palco vedo persone di tutte le età che in quelle parole ritrovano una parte di sé. C’è chi piange, c’è chi ride, ma tutti sono felici di stare lì, circondati da persona che li capiscono e, contemporaneamente anche da un’altra parte, in un tempo antico dove, per un istante, tutto è ancora bellissimo, possibile. Sapete cos’è? È il tempo dell’infanzia. Dove tutto in quell’attimo è quasi magia.