Gianluca Grignani si è esibito ieri, domenica 16 ottobre, al Fabrique di Milano con l’atteso concerto per omaggiare il suo album più rock, La fabbrica di plastica. Due ore in cui il cantautore si è esibito senza freni come nella sua natura, quella che lo rende probabilmente l’unica vera rockstar italiana.
Premessa: durante il live di Gianluca Grignani mi arriva un messaggiato del Direttore:
L’articolo sul concerto lo possiamo fare solo io o te.
Eppure al concerto di Gianluca Grignani al Fabrique, il live celebrativo dei 25 anni dell’album La Fabbrica di Plastica (nel frattempo gli anni sono diventati 26 a causa degli slittamenti per la pandemia) c’era una bella fetta della redazione di All Music Italia, tutti molto preparati.
Ma non era la preparazione in questo caso a fare la differenza, ma il vissuto. Quel “Solo io o te”, è perché noi ci siamo conosciuti proprio grazie a Gianluca Grignani (ne avevo parlato in questo articolo) e il suo non è il concerti che ti aspetti. Nei concerti di Grignani ci sono molteplici chiavi di lettura, e se la sua musica l’hai davvero vissuta e non solo ascoltata, allora riesci a percepire tante sfumature.
Infatti a quel “solo io o te” la prima cosa che ho pensato è: “e adesso cosa scrivo“?
Gianluca Grignani sale sul palco e non sai cosa succederà. Anzi, lo sai: succederà tutto ciò che non è scritto da nessuna parte.
Lui è quello che ha preso il successo (commerciale) e lo ha incellophanato per metterlo via.
Lui è il prodotto che non è uscito ben plastificato.
Lui è quello che vede sempre un punto un po’ più in là da raggiungere e capire.
Lui è perfettamente imperfetto, come il suo giorno: di vivere sai non mi stanco mai.
Lui prende la scaletta, la accartoccia come la copertina originale dell’album La Fabbrica di Plastica e la rifà al momento.
Canta le canzoni al passato, come se da quel tempo avesse girato pagina. Ma poi ti dice che è ancora così.
Quel ragazzo che regalò il maglione che aveva legato in vita a Pippo Baudo al Festival di Sanremo canta Destinazione Paradiso, cancella dalla scaletta Falco a Metà e cambia il finale da Qualcosa nell’atmosfera (6.20 mi alzo ormai, lei è uscita non la vedo mai) a Il cielo sopra il 2000. Ma non la canzone, no. Lui legge il testo del racconto che c’era sul libretto dell’album accartocciato.
Ripeto un concetto: lui cancella dalla scaletta Falco a Metà. Lui può cancellare dalla scaletta uno dei brani più importanti della sua carriera rimanendo perfettamente se stesso.
Lui così dannatamente coerente in quell’apparente incoerenza. Come direbbe Vasco: “è tutto un equilibrio sopra la follia“.
Il pubblico si stringe attorno a lui in un applauso che è anche un abbraccio per dargli il calore di cui ha bisogno, per prendere l’eneregia necessaria a restituirla. Dopo 25 anni siamo ancora qua.
Abbiamo galleggiato con la Rok Star (no, non è un refuso!) nella Galassia di Melassa, abbiamo picchiato i pugni sempre più forte da dentro alla Vetrina del Negozio di Giocattoli. E nulla conta se la chitarra acustica non suonava come doveva e quella elettrica faceva i capricci. Gianluca Grignani è quello che se ne infischia e canta a cappella La mia storia tra le dita e stravolge Dio Privato.
Mette in scaletta tanta Fabbrica, un po’ del viaggio onirico di Campi di Popcorn e dei brani che non tutti ricordano o hanno ascoltato: Fanny, Il mio peggior nemico, Che ne sarà di noi, solo per citarne alcuni.
Ma questo è Gianluca Grignani…
tutti a calci in culo
e sarei sicuro
proprio come il mio papà
Se cerchi il concerto perfetto che non sgarri dalla scaletta annunciata, non andare a vedere Gianluca Grignani.
Se cerchi la riproduzione dal vivo di quello che è stato fatto in studio di registrazione, non andare a vedere Gianluca Grignani.
Ascolta, lasciati trasportare dal graffio della sua voce, dal suono che arriva dal palco… Sorprenditi e godi.
Sto attraversando il grande fumo.