Si chiama Controtempo il disco d’esordio di Godot., giovane cantautore di Cinisello Balsamo. L’album, composto di 9 canzoni, è disponibile negli store digitali dal 20 novembre 2020; e racchiude alcuni frammenti di vita, personale e musicale, dell’artista.
Godot. presenta il disco dicendo di averlo “fortemente desiderato e voluto. Raccoglie insieme frammenti di vita che vanno dalla mia adolescenza fino alle mie prime esperienze nel mondo “dei grandi”. Le canzoni sono state scritte tra il 2014 e il 2019, il che rende il disco davvero variegato sia a livello testuale che a livello musicale. Si passa dalla ballad più pura, come nel caso della stessa ‘Controtempo’, a sperimentazioni più ricercate, come in ‘Bianca (e le sue sigarette)’”.
L’artista sottolinea che “tutte queste esperienze di vita, che sono poi diventate esperienze musicali, sono tenute insieme dalla volontà di mantenere comunque una coerenza, di dare al disco una parvenza di omogeneità nell’eterogeneità. Per me ‘Controtempo’ è fondamentalmente il primo, forse ancora immaturo sotto certi punti di vista, vero tentativo di fare musica per come la intendo io. Senza la necessità di guardare alle mode, al mercato, ma inseguendo il bisogno di comunicare, di potersi raccontare per ciò che si è davvero”.
Ecco la tracklist di Controtempo:
1. Oppure
2. Tralicci
3. Sono un fesso
4. Controtempo
5. Milanomonamour
6. Star bene (di più)
7. La giostra
8. Bianca (e le sue sigarette)
9. Come ciliegie
Controtempo, raccontato track by track da godot.
Le 9 canzoni del disco racchiudono alcuni momenti di vita vissuti da Godot. I brani fanno così conoscere il loro autore, con la sua sensibilità, esuberanza ed autenticità. Ecco come Godot. li racconta.
OPPURE
“Questa canzone, scritta in completa solitudine tra le colline del senese, ripercorre le tappe di una storia ormai finita, ma che ha lasciato una impronta indelebile che sa di rimpianto e di consapevolezza. Una apertura ad un ritorno chiude il brano, ma rimane sussurrata, come a sapere che quella è una possibilità remota”.
TRALICCI
Il brano si fonda sulla metafora di “due cuori appesi a dei tralicci, impossibilitati ad incontrarsi per quanto ci si provi. E allora non resta che raccogliere tutto e chiuderlo all’interno dei propri ricordi, per non commettere più gli stessi errori”.
SONO UN FESSO
“Ci si sente sempre un po’ stupidi quando non si sa mai come approcciarsi all’altra persona, quando non si sa se fare il primo passo o meno. Ci si sente sempre un po’ così e poi si finisce per rovinare tutto, per poi guardarsi e dire: che fesso che sono stato!”.
CONTROTEMPO
“Il brano che ha dato il titolo al disco, è una ballad che parla d’amore. Di un amore che unisce tanto da far battere i cuori all’unisono, di un amore tra due persone che si riconoscono simili e scelgono di viaggiare insieme, regalandosi la bellezza della notte e promettendosi fiducia e libertà”.
MILANOMONAMOUR
“La città in cui sono cresciuto, con i suoi stereotipi, è descritta però come la città da cui non vorrei mai allontanarmi. Un crogiuolo di lingue che si incontrano in metropolitana, e la frenesia di un luogo dove i boschi sono costruiti in verticale, perché il tempo per passeggiare non c’è: bisogna fatturare”.
STAR BENE (DI PIU)
“Quando la vita che sogni è incompatibile con la vita che fai, vorresti solo lasciare tutto per cercare di star bene”.
LA GIOSTRA
“Amare tanto da non riconoscersi più, tanto da essere disposti a ingoiare spine e a soffrire pur di essere accettati, visti e ricambiati. Ma quando l’amore – qui visto come una giostra – finisce, non c’è possibilità di tornare a girare insieme. Bisogna prendere coraggio e decidere di scendere da quella giostra che è ormai diventata una gabbia, e curarsi finalmente le ferite”.
BIANCA (E LE SUE SIGARETTE)
“Una dipendenza, che sia da nicotina o affettiva, nasconde sempre un significato più profondo e spesso doloroso. In questa canzone, che è forse la più sperimentale del disco, attraverso il personaggio di Bianca si racconta la difficoltà dell’accettare se stessi”.
COME CILIEGIE
“Una canzone sull’amicizia. Essere amici da una vita è come essere due ciliegie, cresciute insieme sui rami di un albero. Sempre legate tra loro, sempre una accanto all’altra”.
Testo e musica delle canzoni sono di Godot. Gli arrangiamenti sono di Simone Pirovano e Lorenzo Caperchi, che hanno curato anche la produzione insieme a Godot.
Conosciamo Godot.
Ecco come l’artista si descrive: “Mi chiamo GODOT. e scrivo canzoni. Sono cresciuto alle porte di Milano, a Cinisello Balsamo, una città che negli anni ha cominciato ad essere definita “patria della trap”. Dunque è così: son sempre stato un pesce fuor d’acqua. Io, cresciuto a pane e cantautorato italiano, le canzoni le scrivo che sembrano già vecchie. Sarà forse per questo che il mio negozio preferito al mondo è un vecchio negozietto dell’usato in una dimenticata via meneghina?
Ho cominciato a scrivere canzoni per gioco. E no, non è tanto per, è proprio così. Scrivevo testi comici su melodie di canzoni famose e poi mi esibivo in classe dedicando le mie perle una volta alla professoressa, un’altra alla mia sfortunata amica Martina. Ero in seconda media. Mi sorprese l’attenzione con cui le persone mi stavano ad ascoltare, e nonostante io dicessi una quantità immensa di fesserie, loro mi ascoltavano. Fu così che un giorno allora provai a buttare giù qualche strofa, con la melodia che mi risuonava in testa, chiamai la mia amata cugina (con il suo fortunatissimo orecchio assoluto) e le chiesi di accompagnami alla chitarra. Avevo scritto la mia prima canzone.
Decisi allora di iscrivermi a canto, a quel punto avevo 16 anni e una voce piena zeppa di incertezze. Allo studio della voce si affiancò la nascita di una serie di sfortunate band, prima i Keynote (ma che successo ebbe a Cinisello la nostra “Come Neve”!), poi i ThePratellis (con cui sperimentai la terribile esperienza di quattro ore di musica di un matrimonio, ma ricevetti anche il mio primo compenso da cantante!). A 20 anni suonati, ispirato dalla mia insegnante di canto, comprai un ukulele (ecco, tengo a precisare che fino ai 20 anni io scrivevo, immaginavo la melodia, e poi lasciavo che altri la suonassero: pessimo esempio, non seguitemi!).
A quel punto, mentre anche i ThePratellis si scioglievano, a me non rimaneva che mettermi d’impegno e imparare almeno a suonicchiare qualcosa. Sono stati anni molto intensi per me, il mio trasferimento in Cambogia, il rientro a Milano con nuove consapevolezze, nuove paure… Avevo bisogno di essere ascoltato, ma non sapevo come parlare.
Da questo momento in avanti, era circa il 2014, ho completamente rinnovato il mio modo di scrivere, memore di quanto accadesse alle medie: “se canti, ti ascolteranno”. Ho cominciato a raccontarmi per davvero, a mettermi a nudo e la musica per me è diventata terapeutica. Tutto accadeva nel “silenzio” della mia cameretta. Poi, nel 2017, ho deciso che era giunto il momento di farsi ascoltare. Quello è il momento in cui è nato GODOT. Era il 21 marzo 2017.
Mi sono autoprodotto l’EP “ME NE VADO A LONDRA” e, accompagnato dall’ormai inseparabile ukulele, ho cominciato a girare di locale in locale cantando la mia storia. Nel 2019 ho deciso poi di imbarcarmi in una impresa che mi pareva impossibile: la produzione di un album. Negli ultimi tre anni non mi sono mai fermato, inseguendo l’enorme desiderio che ho di mettere a disposizione degli altri il poco che la vita mi ha insegnato, di condividere i miei dolori e magari guarire quelli degli altri, di essere contenti insieme e gridare all’unisono. La musica è la mia terapia, ma è anche la mia forma di condivisione più pura”.