Live experience fra due maestri: da Franco Battiato a Tonino Carotone.
Domenica sera arrivo ad Alassio comodo, un’oretta prima del concerto.
Il parco San Rocco è una location deliziosa, sembra un teatro greco. Se poi stai aspettando un artista che potrebbe tranquillamente essere la reincarnazione di Platone tutto torna, eccome se torna.
Apre Giovanni Caccamo, vincitore di un Sanremo giovani di qualche anno fa, con la sua ugola delicata e un tocco al pianoforte davvero efficace.
Poi arriva lui. È sorridente, etereo, divertito. Riesco a intercettarlo e regalargli il mio libro sulla meditazione trascendentale, che apprezza moltissimo, prima che venga strappato dallo staff e condotto negli spogliatoi, giusto un piano sotto.
Dieci minuti dopo eccolo risalire, fra il boato di almeno tre generazioni diverse. Lui, d’altronde, tutta questa devozione se l’è guadagnata, perché è il maestro. Il maestro Franco Battiato. Uno che emoziona, crea bellezza, alza l’asticella sempre e comunque.
Apre con l’Ombra della Luce proprio mentre il sole sta tramontando. E sono brividi.
L’orchestra – piano, effetti e quattro archi – cuce emozioni delicate, sui cui la voce impastata di misticismo e mestiere dell’artista catanese si accomoda, con lo stesso confort con cui il suo karmico sedere poggia sull’immancabile tappeto persiano su cui siede a ogni concerto.
Con mia moglie è una gara a chi si emoziona di più. Per lei Franco è unico. Per me pure. Spiritualità e musica sono le passioni che accendono le mie notti invitandomi a spendermi durante il giorno. E il maestro Battiato le incarna entrambe alla perfezione.
Quando fa Le sacre sinfonie del tempo provo pura beatitudine. Quando attacca i classici la beatitudine si allarga a tutto il pubblico, anche quello meno attento, che letteralmente impazzisce. La Cura, Summer on a solitary Beach, La Stagione dell’Amore, E Ti Vengo a cercare, Gli Uccelli, eccetera eccetera. Due ore di concerto che passano alte, come i gabbiani che regnano sul cielo della riviera; poi i più esagitati invadono il palco per stringere la mano al maestro, complimentarsi, farsi una foto.
Siamo alla fine, al suono di Le Nostre Anime il buon Franco saluta tutti, scende le scale, sale veloce in macchina e via.
Il mistico ha lasciato la città.
Ma noi tanto abbiamo goduto.
Neanche 24 ore dopo ed eccomi passare a qualcosa di diverso.
Dall’asceta al peccatore, ma sempre di un maestro si tratta. Già perché al Goa Boa Festival di Genova arriva Tonino Carotone.
Per il sottoscritto è uno di famiglia, un hermano. Ci frequentiamo ‘intensamente’ da più di 10 anni, una lunga amicizia fatta di viaggi, tournee fra l’Italia e la Spagna, un libro scritto insieme e tante di quelle storie che neanche Jack Kerouac e Neal Cassady in On The Road. Dalle corse nel barrio chino di Barcellona ai lunghi aperitivi nella fredda Pamplona, dai viaggi in macchina sotto la neve di Saragozza alle calde estati napoletane, e poi tutte quelle notti allucinate che se te le ricordi vuol dire che non le hai veramente vissute.
Quando nel 2006 abbiamo scritto Il Maestro dell’Ora Brava, con la benedizione degli amici Manu Chao e Don Andrea Gallo, non è che ci aspettassimo molto. Quel libro, partorito senza grandi calcoli e con l’unico desiderio di condividere con gli altri i nostri viaggi esagerati, all’inizio vendette davvero poco. Ma poi, negli anni, accadde il miracolo e, complice il passaparola, iniziò a diventare una di quelle letture di culto, sempre presente negli zaini di tutti i pazzi che scelgono di viaggiare come se non ci fosse un domani. Non nego ci fece piacere ma ancor più gioia ce lo diede il venire a conoscenza che il nostro era uno dei titoli più rubati nelle librerie. Una roba assurda: per ogni libro venduto ne venivano fregati tre. Probabilmente l’indole sovversiva del testo contagiava per osmosi. Per carità non si deve rubare, lo sappiamo, però venire a sapere che proprio quel libro era così preso di mira da tanti ragazzi senza soldi ma con la voglia di leggerci fu oggetto di grande soddisfazione.
Anyway, non posso mancare al suo show.
E Tonino, al solito, non mi delude. Primo perché fa un concerto che levati, fra i classici del suo repertorio che tanto amo (Me Cago en el Amor, Amor Sin Tregua, Un Santo, Ragazzo di Strada, La Trampa, ecc) e il suo nuovo singolo assassino – L’Amore Non Paga – che ha tutte le carte in regola per diventare un nuovo inno per tutti quegli amanti scottati dall’amore.
Secondo perché ringrazia la buona anima del Gallo (e pure il sottoscritto) dal palco, un omaggio sincero e pieno di trasporto che non può che commuovermi.
E infine per l’immancabile after show, fra whisky ben invecchiato, filosofia di strada, storie di vita e profumo gipsy. Intenso e bellissimo. Come sempre.
Ventiquattro ore pazzesche, amici. Da Battiato a Carotone in un giorno e, per ora, effetti collaterali zero. Come il parroco di bocca di rosa, eternamente in bilico fra sacro e profano, mi godo la musica, quella vera, quella che emoziona.
Buona estate, guagliù.