Attraverso una ricerca di mercato commissionata dalla FIMI alla società Deloitte arrivano i dati sul mercato discografico nel primo semestre del 2016.
Il ricavato dell’industria discografica cresce dell’1% rispetto allo stesso semestre del 2015, ma il dato più importante è quello che segna il sorpasso del digitale sul mercato fisico, un sorpasso che però è dettato principalmente dall’aumento delle persone che utilizzano i servizi di streaming.
Andiamo ora ad analizzare in che forma la musica è stata consumata questo primo semestre del 2016 attraverso i dati e le percentuali.
Come dicevamo questo primo semestre del 2016 segna un + 1% nel fatturato totale che si assesta ad una cifra di 66,4 milioni di euro. Il dato risulta ben più rilevante se paragonato al 2014 dove l’aumento è del 23%.
La musica italiana, e la cosa non può che farci piacere ovviamente essendo il nostro “pane”, continua a farla da padrona arrivando a rappresentare il 44% del consumo totale contro il 38% di quello del repertorio internazionale che però è in crescita con +7% rispetto allo stesso periodo del 2015.
Ma andiamo a capire nel dettaglio in che forma la musica è stata consumata in questo primo semestre del 2016 attraverso i dati e le percentuali.
IL DIGITALE SUPERA PER LA PRIMA VOLTA IL FISICO.
Ebbene sì, le previsioni di Luca Stante, Amministratore delegato di Believe Digital, si sono avverate, l’introito del digitale ha sorpassato quello della musica su supporto fisico come lui ci aveva anticipato in un’intervista che trovate qui.
Il digitale batte il fisico con il 51%… attenzione però, il dato più significativo è secondo noi un altro.
Di questo 51% solo l’11% dei ricavi è frutto della vendita sui digital stores, il restante 40% è dovuto ad una crescita impressionante dei servizi di Streaming.
L’ascolto della musica attraverso servizi come Spotify, Deezer, TIMMusic e Apple Music ha avuto una crescita del 51% rispetto al primo semestre del 2015 (Youtube cresce invece del 19%).
Cresce anche la percentuale dello streaming in abbonamento, un bel 68% in più, cifra significativa ma ancora decisamente lontana dai numeri degli altri paesi europei.
Praticamente in totale lo streaming ha fatturato 26,3 milioni e, sempre secondo i dati FIMI, il 20% dei consumatori di musica accede a servizi di streaming a pagamento. Un traguardo significativo ma ancora di troppo inferiore allo streaming in forma gratuita.
Questi ultimi dati confermano una preoccupazione che più volte noi di All Music Italia abbiamo ribadito, ovvero che le certificazioni dei dischi d’oro e platino per quel che riguarda i singoli brani sono effettivamente determinati per quasi l’80% dall’ascolto in streaming dei brani e non dall’effettivo acquisto di una canzone.
A nostro parere bisognerebbe differenziare le cose dando magari dei riconoscimenti (come fa Vevo del resto) per i brani più ascoltati, lasciando oro e platino esclusivamente come certificazioni per la musica più acquistata. Lo streaming è molto importante per la musica in questo momento storico e lo sarà ancora di più nel futuro prossimo, ma crediamo sia sempre meglio provare a portare avanti la cultura del comprare qualcosa che per noi ha un valore piuttosto che quella del consumare quanta più musica possibile finendo magari per dimenticarla in breve tempo.
In ogni caso per il momento ad essere penalizzati sono ancor una volta gli artisti emergenti, quelli che dovrebbero avere una maggiore visibilità. La maggior parte dei fruitori dei servizi di streaming infatti dichiara di ascoltare musica attraverso le playlist (quelle create dai servizi di streaming, dove raramente gli artisti emergenti compaiono) e quelle delle varie Top 50 (dove ovviamente compaiono quasi esclusivamente i nomi più noti). Noi ci siamo sempre fatti una domanda, ma queste playlist (non le classifiche), con che criteri vengono create?
A nostro avviso servirebbe una maggiore chiarezza affinché fruitori di musica ed artisti emergenti possano comprendere al meglio le dinamiche che regolano quello che sta diventando il principale modo di fruire della musica a livello globale.
Per chiudere c’è anche il dato sul vinile che aumenta le sue vendite del 43% arrivando ad occupare il 5% del totale del ricavato dell’industria discografica.