Che l’Italia sia un paese alla canna del gas, abitato da idee moraliste di gente senza morale è noto dai tempi del Drive In.
Erano gli anni 80 e piano piano il consumismo selvaggio a stelle strisce rinverdiva nel nostro paese sotto l’effige del biscione targato Silvio forever. All’urlo di “apparire è sostanziale e in culo i contenuti” siamo rotolati a valle per quasi trent’anni e oggi possiamo fieramente e orgogliosamente urlare al mondo che sì, ce l’abbiamo fatta.
La sostanza, la consapevolezza, il dissenso che ha fatto grande la musica, la letteratura e l’arte in genere, quella forza che urla al cambiamento guidata da frotte di artisti consapevoli è MORTA. Possiamo festeggiare il niente e che nel cielo svolazzino tweet e selfie di tette, culi, stati tragicomici di Facebook e brandelli di nulla immortalati su Instagram.
Triste vero? Sì lo è.
E guai se un giovane artista – coraggiosamente e in linea col proprio stile – prova a rompere un minimo le uova blu della gallina senza testa, insaporendo la propria proposta musicale con un po’ di sana protesta radicale. Subito a dargli addosso, a urlare, a insultarlo perché noi italiani intelligenti non prendiamo lezioni da un ragazzino tatuato che fa il rap in televisione. Preferiamo farci raccontare degli immigrati che costano tanti soldi e rubano il lavoro da un uomo perbene come Salvini.
Non conosco personalmente Fedez e ho ascoltato i suoi dischi distrattamente, devo tuttavia riconoscergli un’ironia pungente, dei testi raramente banali e una visione d’insieme coerente. A cui va aggiunta una sincera voglia di denunciare il piattume che ammorba il nostro paese, a partire dai palazzi d’oro della politica e delle holding del big cash. Parlo delle banche, ragazzi, eddai…
L’artista milanese si propone con coerenza, spesso scendendo in piazza e assumendosi l’onere di denunciare un malessere legittimo e diffuso. Che è esattamente quello che dovrebbe fare ogni artista con un minimo di seguito e la voglia di migliorare il paese in cui vive. Si chiama senso civico.
Disclaimer: No, Lorenzo, per te e Bono non vale. Siete credibili come le Five Knuckle Shuffle di John Cena che, per chi non lo sapesse, è l’attacco con cui il campione di wrestling termina i suoi match.
Torniamo a Fedez. Vende bene, ha successo, gente che lo segue e tutti i confort vari ed eventuali che il mestiere di rapper di successo porta con sé. Potrebbe contare soldi, groupie, shottini di vodka e sorridere a ogni estratto conto; invece sceglie di prendere posizione e cercare di far ragionare i ragazzi che lo seguono.
Eppure è costantemente sotto attacco. Dov’è che sbaglia?
Sbaglia quando si scaglia contro quell’abominio di cemento e appalti truccati che è l’Expo di Milano?
Sbaglia quando afferma che è vergognoso che l’ex presidente della repubblica italiana si sia rifiutato di testimoniare in un processo di mafia?
Sbaglia quando punta il dito su questa politica corrotta che occhieggia sempre più all’odio e a nuovi rigurgiti fascisti?
Sbaglia quando dice che l’ Italia quando trovi la tua strada te la fa saltare in aria?
Sbaglia quando ironizza su Barbarella D’Urso e la sua televisione maleducata e senza contenuti?
Poi quattro stronzi spaccano qualche vetrina e un paio di macchine durante una manifestazione, legittima e in massima parte pacifica, e Fedez diventa il capro espiatorio, anzi peggio, il black block?
E passi per la stampa prezzolata che è pagata per limare e difendere a colpi di cesello il regime. Ma anche la sinistra così detta ‘letterata’, o quel che ne è rimasto, sembra dissociarsi dal mc milanese, quasi non volesse confondere la propria barba lunga da hipster che filosofeggia dietro un paio di lenti spesse con i tatuaggi e i piercing di Fedez.
Bravi, continuate a fare così; ma non vi è bastato constatare con mano dove ci ha portato il vostro snobismo tout court? Vi sembra un atteggiamento costruttivo? Il grande Fabrizio De André – pace all’anima sua – è morto da quasi 20 anni, il mondo è cambiato e alla gente oggi si arriva in maniera diversa.
Ho capito che era meglio prima ma cosa vuol dire? Anche il mio uccello non è più quello di 20 anni fa ma non per questo ho smesso di scopare.
Se gli artisti cantano di sere nere vi incazzate perché non si impegnano nel sociale ma se qualcuno lo fa lo screditate in 5 secondi solo perché abita un immaginario diverso dal vostro.
Più che la spada ne abbatte l’ignoranza. E in giro ne vedo tanta, soprattutto da parte di chi dice di combatterla.
Coraggio Fedez, continua a suonargliele in musica, hai tutto il supporto di noi quarantenni non nostalgici del Drive In e, tantomeno, mai stati abbonati a Lotta Continua.
E che iddio ci salvi da Salvini.