Tra i meandri della scena musicale italiana spesso abbiamo scelto di pescare progetti provenienti dal vasto mondo della musica indie. Anche i Greta Narvik, protagonisti dell’Officina del Talento questa settimana, possono essere accostati a questa dimensione.
Il loro è un progetto che nasce agli inizi del 2013 dall’idea di Matteo Piomboni, chitarrista, e Sara Fortini, cantante tastierista, allora musicisti in altre formazioni con l’idea di creare un progetto di musica indie-alternativa in italiano e in inglese. Si aggiunge poco dopo al basso e all’elettronica Michele Simeoni. In ultima battuta verso la metà del 2014 entra a far parte della band Pietro Pizzoli alla batteria.
Dopo aver composto e arrangiato diversi brani originali la band entra in studio nel Settembre del 2013 per registrare Kiruna, un EP di quattro brani con Enrico Brugali (Le Capre a Sonagli) alla batteria presso il “The Basement Studio” di Federico Pelle a Vicenza. Con Michele Piazza realizzano poi il videoclip di Forse cerco, primo singolo ufficiale, che vi presentiamo quest’oggi nella nostra Officina e sarà in rotazione su Radio Hinterland, nostra partner
Domanda ormai fissa ma fondamentale a mio avviso per comprendere la genesi di un progetto musicale. Perché vi chiamate Greta Narvik? Ammetto che quando ho ricevuto il vostro feedback pensavo di trovarmi di fronte ad una cantante solista poi con sorpresa ho scoperto di essermi sbagliato…
Greta Narvik è un personaggio di fantasia. Nasce come protagonista simbolica delle nostre canzoni e richiama l’idea di viaggio. Narvik è una piccola cittadina della Lapponia norvegese, al confine con la Svezia. Esiste un treno merci a vapore che, quotidianamente, trasporta carbone da
Narvik a Kiruna, un paesetto svedese, sempre in Lapponia e vicino al confine. Ci piace l’idea del collegamento, del trasporto di una certa “materia prima” in un modo ormai considerato “fuori dal tempo”. Greta Narvik perciò rappresenta i nostri caratteri, le nostre proiezioni e una possibilità di
riconoscimento per l’ascoltatore.
Come nasce il gruppo, e quali sono le esperienze pregresse alla formazione dei Greta Narvik?
Il gruppo nasce inizialmente da un’idea di Matteo e Sara, poco dopo si aggiungono Michele e Pietro e la formazione raggiunge il suo equilibrio. Tutti abbiamo molteplici esperienze in differenti progetti e ci piace pensare che rappresentino tappe importanti di un percorso che ci ha portati fin qui, fino a Greta Narvik.
Abbiamo scelto di mettere in luce tramite la nostra Officina “Forse cerco”, brano particolarissimo che merita attenzione. Una canzone che sembra parlare di mancanze, di assenze e di una continua ricerca. Che messaggio avete intenzione di trasmettere?
Forse cerco è probabilmente la risposta in musica a un momento che prima o poi attraversiamo tutti. È il momento in cui ci accorgiamo di lasciarci influenzare da ciò che gli altri vorrebbero da noi e dalle opinioni più superficiali, realizzando che in un modo o nell’altro stiamo perdendo il nostro centro, quello che veramente siamo dentro, solo per adeguarci alle aspettative più comuni.
Il messaggio è che non importa perdersi, anzi spesso è fondamentale per riuscire a capire che si può cambiare direzione, per riuscire a vedere alternative che prima sembravano non esserci e per allontanarci un po’ da noi stessi, guardare la nostra vita da lontano cercando di ritrovare ciò che siamo davvero, sempre e nonostante tutto.
Da due mesi è uscito un nuovo singolo, dalle sonorità molto diverse, “Cosa senti” (LINK VIDEO). Anche in questo caso tematiche strettamente legate all’esistenza, alla scoperta di sé. La musica per i Greta Narvik è un modo per guardarsi dentro?
Sì, probabilmente Greta Narvik è per molti versi uno strumento per dire quello che di solito teniamo per noi; mancanze, pensieri e domande trovano la loro forma e direzione in questo progetto. Alla fine però è bello vedere come ogni persona riesca a rispecchiarsi in tanti modi differenti in un’unica canzone. Greta Narvik è un progetto formato da persone e idee diverse, ognuno contribuisce a dare il suo “senso” a ogni brano e il fatto di condividere una dimensione così profonda spesso crea armonia ma anche tensioni.
Per rispondere alla domanda, Cosa senti è un brano che parla d’amore senza nominarlo mai; “cosa senti”, “come stai?”, “a cosa pensi” sono probabilmente le domande più frequenti che facciamo alla persona che amiamo, per cercare sicurezza o conferme. In questo caso la domanda è rivolta a un amore che si è consumato per egoismo, per abitudine o per gelosia; allo stesso tempo è quel tipo di amore che non si riesce a dimenticare, che ci ha cambiati e che, in qualche modo, resta in quel “Tu” ripetuto costantemente.
Un noto sito web musicale vi ha definiti “ciò che mancava nel territorio senza confini dell’indie, in Italia”. Siete d’accordo? Cosa pensate di aver portato nel vasto panorama musicale indipendente del nosto paese?
Non è una cosa che capita di sentirsi dire tutti i giorni e sinceramente siamo rimasti tutti e quattro piacevolmente stupiti da come ci hanno descritti. Per noi è un po’ difficile etichettarci in un genere definito, abbiamo provato svariate volte a chiederci che genere di musica facciamo e alla fine le risposte sono state eterogenee; indie, pop, rock vanno comunque per la maggiore, quello che probabilmente noi crediamo sia la forza, e che per altri potrebbe essere percepito come limite, di questo progetto è cercare un’identità personale al di là di ogni etichetta.
In realtà probabilmente non abbiamo portato nulla di nuovo ma qualcosa di originale, oggi la musica è già un universo vastissimo di influenze, idee e sperimentazioni; quello che abbiamo fatto noi è stato cercare di rielaborare, in chiave più personale possibile, i nostri riferimenti, le nostre influenze e i nostri suoni.
State lavorando sul vostro primo LP. Avete già buttato giù qualche idea? Cosa dovremmo aspettarci dal disco di debutto?
Idee ce ne sono talmente tante che alla fine il lavoro più duro sarà quello di scegliere, come sempre dopotutto. Stiamo scrivendo e stiamo lavorando anche su noi stessi, sulla nostra idea di musica e sulle cose che ci rappresentano. Sicuramente quello a cui siamo legati di più è la ricerca di un suono ben preciso, di una coerenza che cercheremo di mantenere all’interno dell’LP, senza però sacrificare l’originalità.
Probabilmente non sappiamo nemmeno noi cosa aspettarci, la fase attuale è quella in cui tutto prende forma, alla fine poi si sistemeranno i particolari e si aggiusteranno i colori e i caratteri di Greta. Quello che speriamo in ogni caso è di regalare non solamente un disco ma un viaggio, chissà, magari fino a Narvik.