Con i Potaporco, torna nell’Officina del Talento di All Music Italia il genere ska, uno dei più apprezzati nell’underground musicale italiano ma raramente fuoriuscito dal sottosuolo per conquistare le classifiche.
I Potaporco nascono come trio nel 2006, e seppur con qualche difficoltà, si esibiscono in alcuni pub delle provincie di Brescia, Verona e Mantova.
Dal 2011 la formazione cambia: da trio diventa quintetto (con l’aggiunta di tromba e trombone) e si lavora per dar vita ad un sound nuovo. Il primo culmine è raggiunto nel 2012, quando esce il primo album I pomodori della nonna di Otis, che apre loro le porte per concerti nel Nord e Centro Italia, uno di queli in apertura ai veneziani Ska-j e alla reggae band francese The Banyans.
Nel 2013 esce il secondo album L’accendino, grazie al quale la band arriva in tutta Italia condividendo palchi con band di calibro internazionale come Talco ma soprattutto, gli inventori del genere Ska, attivi dagli anni ’60 dalla Jamaica, The Skatalites.
Nel 2014 la formazione si allarga ulteriormente e i Potaporco continuano a portare in giro per l’Italia il disco arrivando fino in Puglia e Basilicata.
Terminato il tour estivo di due settimane la band ritorna in studio, questa volta in otto elementi per dare vita a dei brani nuovi più curati e alla fine del 2014 è pronto il disco Conquistadores, 10 brani inediti tra i quali U.M.D.T. a diesel, protagonista dell’Officina del Talento questa settimana e in rotazione sulla nostra emittente partner Radio Hinterland.
Ciao ragazzi, è un grande piacere ospitare finalmente una band bresciana. Vivendo nella vostra città da qualche anno posso immaginare cosa si celi dietro il vostro nome, Potaporco. Ora però spiegatelo a un siciliano o a un campano!
Potaporco, per spiegarlo ad un siciliano minghia diremmo che “Carni fa carni, pani fa panza, vinu fa danza” mentre per spiegarlo a un campano compà potrebbe significare che “A femmena pe’ l’ommo addivènta pazza, l’ommo p’ ‘a femmena addivènta fesso“. In poche parole è una fusione tra le cose più genuine e ricercate non solo a Brescia, in Sicilia o in Campania, ma in tutto il mondo: le donne e il cibo. Pensiamo che la nostra musica sia un piatto che mescola tutte e due le cose e le condisce con pregi, difetti, vantaggi e svantaggi, ma con una visione sempre positiva, perchè l’importante è volersi bene, carnivori e vegetariani, uomini e donne, donne e donne, uomini e uomini. Per noi contano i sorrisi, l’amore e la gioia di vivere.
Mi capita spesso di ascoltare il vostro genere musicale nelle proposte emergenti che ci vengono sottoposte. Eppure lo ska/folk non è mai riuscito a diventare mainstream, almeno in Italia. Perché secondo voi?
Lo ska/folk non è mai diventato mainstream in Italia perché non c’erano i Potaporco!
A parte gli scherzi, secondo la nostra misera opinione basterebbe farlo sentire di più, farlo passare sulle radio e in tv funzionerebbe sicuramente, è un genere così diretto e positivo che potrebbe far riflettere la gente, farla stare meglio, potrebbe aprire i cuori e le menti di moltissime persone.
L’Italia ormai colma di negatività diventerebbe una nazione sorridente e rilassata. Magari questo è il motivo principale per cui questo genere viene celato dal mainstream.
Venite da una zona piuttosto fortunata dal punto di vista della musica live. Esistono molti locali in cui è possibile suonare i propri pezzi, anche se nella vostra biografia scrivete che avete iniziato con difficoltà a proporre il vostro repertorio. Qual è il ricordo più bello legato ad un concerto e quello più brutto?
Si è vero, a Brescia e provincia ci sono moltissimi locali che propongono live music, nel lontano 2007 (quando solo il Bar Mayer di Desenzano del Garda e pochi altri) ci davano la possibilità di suonare, abbiamo visto prima di un nostro concerto la stanza piena di ragazzi, ed eravamo l’unica band ad esibirsi quella sera, il concerto durava meno di mezz’ora e ricordiamo ancora le parole del barista: “Bravi, l’avete riempito!” e i nostri giovani amici felici quasi quanto noi che non vedevano l’ora di festeggiare. Il ricordo più brutto invece risale all’anno scorso, o un paio d’anni fa (non ricordiamo esattamente) quando a Monzambano arrivarono dei Carabinieri ad una festa in piazza e noi facendo un paio di battute (a nostro parere simpatiche e comunque rispettose) alle forze dell’ordine appena giunte tra il pubblico, li abbiamo fatti un po’ arrabbiare, così uno di loro si avvicina per fermare il concerto, tenendo il braccio del cantante e chitarrista che comunque parte lo stesso con il brano successivo, la gente colma di gioia applaude e ricambia con delle gesta di stima…il nostro ricordo più brutto non possiamo dire che è legato a un concerto!
Avete già tre album in discografia, un traguardo notevole. L’ultimo (Conquistadores), è stato molto ben recensito nel web e, a voler prendere come esempio il titolo, sembra di capire da chi lo ha analizzato che siate riusciti a “conquistare” un sound molto più specifico e personale rispetto al passato. Cosa cambia da un disco all’altro?
Tra un disco e l’altro cambia il sound, cambia la qualità musicale di ognuno di noi, cambia che tra un album e l’altro è passato un anno.
Ogni anno che passa è tanto lavoro, tanto tempo trascorso assieme in sala prove, tanti concerti, tante emozioni. In quest’ultimo anno abbiamo provato emozioni nuove, siamo andati più lontani e ci siamo sentiti più liberi; sui volti di chi ci ascoltava abbiamo notato che serviva entrare più nel profondo, non solo strappare un sorriso in superficie ma far vibrare anche i sentimenti più intimi, e così con il terzo album ci abbiamo provato.
Parlatemi del brano che presentate all’Officina del Talento “U.M.D.T. a diesel”.
U.M.D.T. A DIESEL racconta la storia di una persona comune che ha il desiderio di acquistare un bene materiale, in questo caso un’auto, per poter fare ciò che gli pare e sentirsi più libero e indipendente. L’unica soluzione potrebbero essere i mezzi pubblici, ma nel luogo in cui vive non sono abbastanza efficienti così il nostro amico entra in un circolo vizioso e si accorge che dopo tante fatiche e sacrifici per esaudire il suo desiderio materiale si trova al punto di partenza e non ha risolto il problema.
Questo brano vuole denunciare il fatto che i beni materiali spesso sono la causa delle nostre insoddisfazioni e non portano felicità ma generano soltanto profitti in un’economia consumistica autodistruttiva sia per l’uomo che per il pianeta.
So che c’è un pezzo diverso da ciò che proponete di solito, “Le abitudini”, che è piaciuto molto a chi ha ascoltato l’album…
Sì, è vero. In breve parla di quanto l’uomo se ne frega del pianeta che ci ha ospitato per innumerevoli secoli, pensando di esserne padrone, invece che essere riconoscente è costantemente alla ricerca del modo migliore per sfruttarlo.
Vuole anche sensibilizzare le singole persone sul fatto che piccoli gesti possono comunque fare del bene o del male, non è vero che “non possiamo farci niente“, le nostre azioni sono da esempio per tutti quelli intorno a noi, e per tutti quelli che ci saranno dopo di noi, “You have to respect the mother!“.
Prossimi progetti? Sappiate che il 14 luglio verrò a testarvi dal vivo al Lio Bar a Brescia 😉
I prossimi progetti imminenti sono il tour estivo ad agosto di quest’anno, per 3 settimane gireremo per lo stivale portando alla gente il nostro terzo lavoro.
Finito il tour, dopo un mese di pausa (tutto settembre) ci ritroveremo in ottobre per lavorare sul quarto album, in uscita nel 2016.
Nel frattempo, tra l’estate e fine anno potrebbe uscire la ristampa del secondo disco L’accendino con aggiunte delle bonus track.
Grazie Cristian, speriamo di vederti allora il 14 luglio al Lio Bar e fatti riconoscere che un po’ di domande le abbiamo anche noi per te!