In questi giorni, a seguito dell’uscita di angeli e demoni, il nuovo singolo di oli? che racconta di attacchi di panico, di depressione, del pensiero di farla finita e di suicidio, su All Music Italia abbiamo deciso di dare ampio spazio a questa canzone.
Il motivo è semplice… ci sono ancora alcuni argomenti considerati tabù e presi sotto gamba nel nostro paese ( ma non solo) come la depressione, gli psicofarmaci, gli attacchi di panico e, per l’appunto il suicidio con annessi tutti i pensieri e i problemi che possono portare ad esso o al solo pensiero di farla finita.
Il silenzio uccide, la sensazione di essere sbagliati uccide, il disinteresse uccide, la solitudine uccide. Proprio per questo, anche nel periodo Natalizio, anzi più che mai in questo periodo, su All Music Italia abbiamo deciso di sostenere il singolo di oli? e di dare spazio anche ai racconti dei ragazzi che, interpellati sul profilo Instagram dell’artista, hanno trovato il coraggio di raccontare le proprie esperienze personali.
Dopo la storia dello stesso oli? pubblicata proprio ieri qui, oggi chiudiamo con l’ultimo di loro.
31.12.2020
Ho pensato di farla finita. Non una, ma diverse volte nel corso nella mia vita.
Ho provato a farla finita. E non una volta sola.
A volte volevo realmente che finisse tutte, a volte stavo solo gridando aiuto verso un mondo che non ci ascolto.
La prima volta è stata a soli 12 anni dopo la burrascosa separazione dei miei genitori fatta di urla continue e botte, su di me più che altro.
Ho convissuto per tutta l’adolescenza con un’enorme tristezza interiore a cui, a quei tempi, non sapevo dare un nome. Era semplice in realtà… si chiamava depressione ma non se ne parlava ed io non potevo saperlo.
Quando ho scoperto che non tutti i bambini erano cresciuti come me, tra liti, anche violente, con una madre che, complice un esaurimento nervoso, sfogava la sua ira su di me… quando ho scoperto che non tutti erano cresciuti senza vedere i propri genitori darsi un bacio o un abbraccio, ecco in quel momento ho iniziato a stare male.
La prima volta che finii al pronto soccorso per un attacco di panico avevo solo 9 anni. A 26 sarebbero diventati parte integrante della mia vita.
Quando raggiunsi la consapevolezza di essere gay, a 13 anni, per me fu un trauma. Nella mia famiglia non si parlava di sesso in nessuna forma possibile, figuriamoci dell’omosessualità che era considerata una deviazione, una malattia, una vergogna per una famiglia. Da allora inizia a piangere, ogni giorno. La depressione non ti risparmia mai, ogni giorno ha un momento in cui ti chiama a sé.
Ho passato la mia adolescenza e tutti gli anni successivi, ben oltre i primi venti, piangendo ogni singolo giorno e pregando un Dio in cui non sono ancora certo di credere di cambiarmi, di rendermi come tutti gli altri. In alternativa, nel caso non fosse possibile, lo pregavo di uccidermi.
Questi pensieri erano il frutto del condizionamento mentale, non solo familiare, ma dell’intera società, che avevano ormai fatto danni irreversibili. Io per primo mi odiavo. Per esempio ricordo che su un gesto, il più naturale per un adolescente, la masturbazione, per me avveniva pensando ad un ragazzo e, finito l’atto, piangevo e provavo un gran senso di colpa e di vergogna, mi sentivo sbagliato e non avevo nessuno con cui parlarne.
Ricordo chequando mi innamoravo di qualcuno, di sesso maschile, provavo sempre questo grande senso di colpa. Mi sentivo sbagliato, un difetto, un errore, un meccanismo inceppato.
Ed è per questo che pensavo così spesso alla morte. Questo è avvenuto fino ai 26 anni quando, per la prima volta, mi innamorai di qualcuno che mi ricambiava. L’amore può salvarci, in tutte le sue forme, sempre.
Ma l’amore può anche farci male, ucciderci. Non a caso Molti casi di tentato suicidio sono legati all’amore, o meglio, alla mancanza d’amore.
Nel mio caso tutti quegli anni di sofferenza, repressione e non accettazione e quel senso di dover “proteggere” la mia famiglia, non il contrario perché è questo che spesso una persona omosessuale fa, sacrifica gran parte degli anni migliori, proteggendo i proprio familiari da questa “vergogna”, hanno innescato in me una serie di problemi collaterali alla depressione, la sindrome dell’abbandono in primis. Per questo, anche nel mio caso, l’amore può salvarmi, l’amore può distruggermi. La mancanza di amore mi uccide.
Non so cosa penserebbero di questo gli psicologi, psichiatri e specialisti, non ho nessuna pretesa di sostituirmi a loro, racconto solo la mia esperienza che, in ogni caso, ha visto protagonisti anche queste figure professionali.
Ci sono ricaduto di recente, perché la sindrome dell’abbandono e la depressione sono sempre dietro l’angolo. Ho aperto il mio cuore, ho raccontato tutte le mie debolezze e ho cercato amore ricevendo, per inesperienza probabilmente, bugie continue e un rifiuto che hanno creato una nuova cicatrice permanente. Quelli come noi sono così, pieni di cicatrici e raramente le persone si accorgono che andiamo maneggiati con cura. Sto provando a salvarmi, anche oggi.
Ma per me c’è qualcosa di importante, vitale e di essenziale da dire in mezzo a tutte queste brutte verità. Non dovete avere paura di parlare dei vostri dolori nonostante tutto. Non nascondete le vostre paure e tutte quelle sensazioni che possono portare al desiderio di farla finita.
In molti non capiranno, in molti capendovi in realtà vi spingeranno ancora più in basso ma, quello che rimane importante e necessario, è non avere paura di quello che siete, non avere vergogna di rivolgervi a degli specialisti se lo ritenete necessario… perché anche la mente come il corpo si ammala e, in alcuni casi, come per il resto del corpo, necessità di una cura o di medicine. Aiutatevi, sempre!
oli? ieri diceva che il cambiamento parte dentro di noi ed io sono d’accordo, ma solo in parte. Nasciamo soli e, nonostante tutte le persone che avremo attorno, ce ne andremo soli. La differenza, la vita, non è altro che i legami che stringiamo, le persone che amiamo e ci amano, quelle che ci salvano… il senso della vita è avere almeno una persona che ci tiene stretta la mano. Il cambiamento parte da noi, ma nessuno da solo va da nessuna parte.
Per questo è anche importante non scordare mai di guardare le persone negli occhi, non girarsi mai dalla parte opposta di fronte al dolore, non lasciare solo nemmeno chi dice di voler rimanere solo… nessuno vuole realmente rimanere solo nel dolore. In silenzio magari, mai solo.
Questo è un grande problema della nostra società… abbiamo smesso di ascoltarci veramente, di parlare davvero e di guardarci negli occhi. Spesso, dopo la morte di una persona per suicidio, si sente dire “Non me lo sarei mai aspettato…“, “Sembrava una persona così positiva…“, “Sapevo che stava male ma non pensavo sarebbe arrivato a tanto…“… Cazzate. Spesso, quasi sempre oserei dire, chi sta male al punto da pensare di non amare più la propria vita, ha negli occhi tutto, la tristezza si può nascondere, ma gli occhi restano la finestra aperta che nessuno può chiudere. Guardate le persone negli occhi, sempre.
Mi chiamo Massimiliano Longo e sono il direttore di All Music Italia.
Ho scelto di espormi anche io insieme a tanti ragazzi/e, uomini e donne, mettendoci la faccia perché penso che la condivisione sia sempre utile e che il dolore non età o tempo e che il dolore ha senso solo se condiviso provando a far sentire qualcuno meno solo e sbagliato. O almeno, questo è il senso che io ho al mio dolore.
Grazie a oli? per aver scelto di trattare questo argomento in una canzone spronando tanti ragazzi a non rimanere in silenzio, a provare a chiedere aiuto.
Non restate in silenzio, non restate soli. Non siete soli finché gridate. E allora gridate!
Ps. Purtroppo in Italia le statistiche sui suicidi non vengono aggiornate dal 2016. Le stime di quell’anno erano di circa 4.000 suicidi nei 365 giorni. Il 78,8% dei morti per suicidio sono uomini.
I tassi di mortalità per suicidio sono più elevati tra gli anziani, ma è tra i giovani che il suicidio è, analogamente a quanto si registra a livello mondiale, una delle prime cause di morte con una grande differenza nei livelli di mortalità tra ragazzi e ragazze.
A differenza che in molti stati del mondo, USA in primis, in Italia esistono associazione come Stayaleeve che si occupano di prevenzione al suicidio ma non esiste un numero di telefono a cui chiudere aiuto. Esiste il Telefono amico che opera dalle 10 alle 24, ma non nei festivi, e via Whatsapp dalle 18 alle 21. I dati (e la logica) però ci dicono, che la depressione prende spesso il sopravvento di notte. Quasi mi verrebbe da sorridere e dirvi, mi raccomando pensate al suicidio solo nei giorni feriali ed entro la mezzanotte. Ma purtroppo c’è poco da ridere. Ci sarebbe solo da iniziare a trattare il “problema” con risorse più efficaci.