Mentre salutavamo il nuovo anno fra bicchierate con gli amici, qualche joint e tanti buoni propositi che difficilmente rispetteremo, il mondo del rap italiano ha perso uno dei suoi pesi massimi. Profonda, infinita tristezza per la scomparsa di David Berardi, per tutti Primo Brown. Aveva 39 anni
Con i Cor Veleno ha dato spessore, credibilità e talento al rap italiano degli anni novanta, ponendo le basi sull’incredibile esplosione della scena avvenuta nel decennio successivo.
Appresi delle sue terribili condizioni di salute circa un anno e mezzo fa.
Mi trovavo a Milano per presentare Who Shot Ya? quando un amico comune mi diede la tragica notizia. Quella stessa sera la Germania avrebbe battuto l’Argentina laureandosi campione del mondo e Milano era piena di tedeschi alticci che alzavano tanto la voce quanto i boccali di birra. Rimasi allibito e la notte si tinse di un grigio profondo. Con Primo eravamo praticamente coetanei… non ci sono parole per un’ingiustizia tanto grande.
Da vero guerriero quale era, il rapper romano ha resistito un anno e mezzo, decisamente di più rispetto a quanto gli era stato ventilato.
Per quei pochi di corta memoria il collettivo dei Cor Veleno nacque nella capitale nei primi anni novanta. Ne facevano parte i rapper Primo e Grandi Numeri, mentre alle basi sedeva Detor, successivamente sostituito da Squarta. Dopo anni incandescenti nel catino più underground dell’underground il gruppo fu capace di affermarsi come una delle realtà più corrosive e potenti del panorama rap nazionale.
Così duri e puri da aprire persino i live italiani del Wu-Tang Clan e 50 Cent, tanto per dirne una. Senza dimenticare i concerti insieme a Manu Chao e Gogol Bordello.
Dopo due fortunati album i Cor Veleno si erano accasati in Sony ma l’ingresso in major non ne aveva smorzato la potenza dei suoni né annacquato il songwriting.
Negli anni Primo aveva alternato l’attività con il gruppo ad altre collaborazioni di spicco, non ultima quella con l’amico Tormento, con cui poco prima di ammalarsi aveva registrato l’album El Micro de Oro.
Rap duro, rap sociale, rap metropolitano, il suono della capitale, la strada in versi corrosivi. La poetica di Primo è stata descritta in tanti modi. A noi resta una sola certezza: oggi è morto un poeta.
E, come diceva Pasolini, che di Primo era concittadino, la morte di un poeta è sempre una tragedia. Per tutti.
E in questi tempi abulici e vuoti, poi, lo è ancora di più.
L’Italia aspetta che sei morto per dirti che suonavi da Dio rappavi in Parassiti. Avevi ragione. Sei morto ieri ma già oggi sei un Dio per tutti. Siamo così patetici noi che restiamo. Spero che tu possa ridertela beatamente da lassù.
Buon viaggio fraté.
Ti piango ascoltando a tutto volume Qua Dentro.