Rancore, in gara al Festival di Sanremo 2020 con il brano Eden, arriva in Sala Stampa Lucio Dalla all’indomani della serata dei duetti, durante la quale ha presentato il brano di Elisa, Luce, insieme a La rappresentante di lista e Dardust.
L’anno scorso hai accompagnato Daniele Silvestri, mentre quest’anno sei da solo: qual è la differenza?
Salire da soli sul palco è un’emozione completamente diversa. Anche l’anno scorso ho provato una grandissima emozione, ma essere con Daniele mi ha dato una certa sicurezza. Ci sono però anche cose simili, come il fatto che porto una canzone che sento particolarmente mia. Questo aspetto è qualcosa in comune con l’anno scorso. Quest’anno l’emozione è tanta e la concentrazione deve essere tanta per arrivare alla fine del pezzo. Eden parla di scelte. La scelta più importante che ho fatto, è quella di fare rap. Fare rap vuol dire studiare le parole e saperle usare. Io non ho fatto l’università anche se mi piace studiare. Però, ho continuato a studiare, ho studiato la parola. Questo mi ha fatto scoprire il senso delle cose e il mistero che si nasconde dietro le parole e dietro la realtà che ci circonda.
Ai tempi di Segui me, il rap era molto difficile da fare; adesso, invece, è molto diffuso e anche rappresentato sul palco dell’Ariston: non credi che sia inflazionato?
Quando ho fatto Segui me, avevo 15 anni. Adesso ne ho 30. Quando ho iniziato io, era completamente diverso fare rap; le cose si facevano anche a prescindere dal riconoscimento degli altri. 15 anni fa c’era un senso di comunità, serviva per restare in contatto anche in luoghi lontani della stessa città. Il free-style era un modo per sfogare la rabbia. Il rap era una sfida con le rime, magari scappavano anche parole pesanti, ma alla fine ci si abbracciava. Adesso, si è persa la voglia di aggregazione e di stare insieme. Si è un po’ perso il senso per cui si fanno le cose creative e si dà spazio all’individualismo. Comunque, è anche una cosa positiva che il rap sia più diffuso e sia sotto i riflettori. Il rap ha la funzione di far parlare mondi anche diversi e lontani tra loro. Il rap potrebbe essere visto come l’evoluzione di quello che era il cantautorato. Il rapper rappresenta una visione molto personale di ciò che lo circonda e nel rappresentare la sua generazione, fa nascere una discussione. Il rap é una musica che se ascoltata in maniera attiva, può portare a vedere la realtà che ci circonda in un altro modo. Per fare rap, tu devi fare necessariamente le rime; per fare rime, devi rompere le parole; rompere le parole significa rompere le cose e così le cose svelano un’altra dimensione, rendendo questa realtà diversa e più dinamica.
Dove sarà Rancore tra 3 anni? Come lo influenzerà questa partecipazione a Sanremo da indipendente?
Tra 3 anni mi piacerebbe trovarmi in una situazione in cui potrò ascoltare il disco che uscirà. Un disco è un po’ come un figlio. La mia speranza è che tra 3 anni potrò ascolterò il disco che mi piacerebbe uscisse dopo questa partecipazione a Sanremo. Vorrei potermi guardare indietro e rendermi conto di aver fatto tutto ciò che volevo fare. Questa è la mia speranza. Questo Festival mi sta già regalando tante soddisfazioni. E’ un onore esserci con la mia musica. Tra 3 anni mi piacerebbe girarmi indietro e sorridere.
Il rap è arrivato al Festival da pochi anni: che cosa ne pensi?
Penso che sia una cosa positiva che ci sia il rap a Sanremo. La musica è l’apoteosi della dinamica. E’ bello che anche il Festival presenti il rap.
Qual è il tuo retaggio culturale? Ha avuto influenza su di te?
Le mie origini sono variegate: il mio nome è arabo mentre il mio cognome è di origini croate. Mio nonno era di Fiume. Mio padre, invece, è nato a Roma. La mia vita è stata scandita, come in una poesia ermetica, dai fiumi: il Nilo. il Tevere e la città di Fiume. La parola “fiume” e l’acqua sono un po’ la rappresentazione della mia vita. Queste mie origini le riporto nella mia scrittura, nelle parole e nei suoni.
Come è stato collaborare con Dardust?
E’ stato un grande onore poter lavorare con lui. Dardust è capace di darmi una vesta nuova. In due sessioni in studio con lui, è nato un embrione di Eden; poi, siamo arrivati alla versione definitiva della canzone. Portare Dardust ieri sera sul palco è stata una bellissima sensazione. E’ stato molto emozionante. Abbiamo portato anche La rappresentante di lista, che è un progetto unico e speciale. Sono molto contento di tutto ciò che sta accadendo in questo Festival. Spero di lavorare ancora con Dardust e di fare con lui ancora tante altre cose.