Caro Fabri
in un recente post su facebook, da tanti amanti del genere gentilmente condiviso, ho affermato che non avrei recensito il tuo nuovo disco perché va oltre il semplice concetto di brutto, è proprio pura mancanza di contenuti e compiacimento stupido. E, siccome preferisco creare che distruggere, mi sono chiamato fuori.
Settantadue mail dopo e su richiesta del direktor di All Music Italia, abbiamo trovato un compromesso: parlerò dell’artista Fibra a tutto tondo ma non scenderò nei dettagli del tuo album, che neanche i produttori di 50 Cent sono riusciti a rendere coerente. Anzi, mi hanno detto che dopo l’esperienza con te abbiamo triplicato il consumo della ganja, tra gli urrà dei pusher affamati del Queens.
Dai Fabri, non ti incazzare, si scherza e poi potrai dire che sono solo uno scrittore da quattro soldi che ti invidia, un hater come dite voi rapper. Oppure che voglio farmi pubblicità con il tuo nome per vendere qualche libro in più. Ci sta tutto, per carità.
In realtà questa mia lettera pubblica non vuole offenderti ma solo cercare di riportarti a quel grado di consapevolezza e prospettiva che ha fatto grandi i tuoi lavori. C’è bisogno di un occhio critico in Italia, c’è bisogno che gli artisti con capacità – e tu sicuramente ne hai – tornino ad essere una bussola per i giovani devastati da questo modus vivendi.
Partiamo dagli inizi e diciamolo subito: tu sei un fuoriclasse del rap e per questo genere hai fatto tantissimo. Prima di accomodarti in major ti sei mangiato tonnellate di merda e non hai mai mollato. E alla fine sei arrivato in Universal con il tuo stile e senza snaturare troppo la tua visione musicale. Hai realizzato l’ottimo Tradimento e ti sei trovato giustamente primo in classifica facendoti gli applausi da solo. Tutti meritati. Hai bissato il successo qualche anno dopo con Bugiardo, e ti sei definitivamente affermato come number one contender al trono del rap con Controcultura. Sei riuscito a traghettare un genere per ragazzini dai jeans col cavallo basso che ancora non si radono in una proposta artistica onesta che per qualche anno ha colmato le lacune lasciate libere dai cantautori, tratteggiando uno spietato ritratto dell’Italia degli anni zero. Anche noi di Chinaski Edizioni ti abbiamo omaggiato, con il libro di Episch che tu hai autorizzato, perché eri la voce che stavamo cercando, senza se e senza ma. Lo ripeto: applausi per Fibra.
Non sei mai stato un Mr simpatia, questo devi ammetterlo, ma è innegabile che fino a qualche anno fa sulla tua proposta artistica c’era poco da sindacare.
Ma è proprio durante il tour di Controcultura che la situazione ti è sfuggita di mano e – forse per paura di perdere consensi, o magari per un mal celato desiderio di conquistare anche quella fetta di pubblico che al sabato è indecisa se ballare con le stelle o tifare per la squadra blù di Amici – hai deciso di venderti non solo la faccia ma anche il posteriore. Metaforicamente s’intende. O almeno spero.
Ospitate da Fazio, dopo averlo sbeffeggiato a più riprese, esibizioni ad Amici con il tuo figlioccio diversamente abile (a rappare), tentativi di tormentoni al limite dell’assurdo (L’Italiano Balla Male, Rin ring), e dischi dove la forza dei tuoi testi corrosivi è diventata la litania di un ‘non più giovane’ in trip egomaniaco (Guerra e Pace, e l’ultimo Squallor).
In mezzo a tutto questo il dissing con Vacca, che è stato uno dei passaggi più bassi della tua onorata carriera. Ora salterai su dicendo: “Eh, dici così perché Vacca è un tuo amico e te lo devi difendere”.
No, non hai capito Vacca è un mio amico, un ottimo rapper e si è difeso benissimo da solo. E anche tu sei stato ficcante nelle tue rime. I dissing fanno bene al rap, vi migliorano, sono sani.
Il problema sono stati alcuni tuoi contenuti. Sbeffeggiare qualcuno perché non ha mai vinto un disco d’oro e non possiede i tuoi soldi è una roba stupida, da bambini delle elementari a cui fregano regolarmente la merendina, e mi meraviglio che nel tuo entourage nessuno ti abbia fatto notare una simile evidenza.
Ma come, proprio tu, l’uomo del mirino, che ha fatto della denuncia a certi comportamenti bigotti e stupidi dell’italiano medio un punto fermo della propria proposta artistica, ora ti metti a fare l’apologia dei paninari?
Ma che messaggi lanci Fabri?
Ora, io lo so che nel mondo la coerenza vale meno dei centesimi di euro, che le opinioni cambiano e quello che si dice oggi domani vale per il suo contrario. Non mi servi però tu a ricordamelo. Ci sono già i politici per questo. C’è Renzi, Alfano, Silvione e compagnia. Non serve un rapper, capito?
Sei un numero uno, Fabri, dico sul serio. Hai cervello fino, capacità di scrittura incredibile e cose da dire. Perché non le dici? Perché questa involuzione? È questo quello che vuoi veramente? Sul serio ti basta ripeterti che l’unica cosa importante è fare soldi e che il mondo vada pure giù dal cesso? Hai un milione di ragazzi che ti seguono, non senti il dovere morale di lasciargli qualcosa?
Non ti sto chiedendo di diventare la versione hardcore di Jovanotti e nemmeno il Savonarola del rap ma neanche posso accettare che ti trasformi in una caricatura acida degli Zero Assoluto che dice la parolacce.
Quindi, Fabri, fai il favore, libera la tua creatività dai lucchetti di Ponte Milvio, torna ad annusare l’aria che tira in giro e regalaci di nuovo grandi pezzi che ci facciamo pensare.
La mia rubrica si chiama Rap Chiama Italia ma per stavolta facciamo un’eccezione. La chiameremo Rap Chiama Fibra.
Non abbiamo dischi d’oro da consegnarti ma tanta voglia di tornare ad applaudirti. Se esci dal coma magari riuscirai anche sentire il clap clap.
Prenditi cura di te.
Un saluto.
F.