Nei giorni scorsi è balzata all’attenzione mediatica la copertina di Rolling Stone che è una chiara presa di posizione contro il Ministro Matteo Salvini. Un articolo che ha generato diverse polemiche e attacchi.
Abbiamo chiesto al nostro Federico Traversa, scrittore nonché fondatore di Chinaski Edizioni di prendere posizione sulla vicenda. Ecco il suo pensiero.
Partiamo da un fatto, Rolling Stone Italia è un magazine nato male e proseguito peggio. Negli anni ha cambiato varie volte direttori, redazione, giornalisti e proprietari senza trovare mai una propria quadratura. Per un periodo sembrava volesse occuparsi di musica di spessore salvo poi poppizzarsi oltre misura, con l’unico risultato di non fidelizzare mai un proprio zoccolo duro di lettori.
Come una ragazzetta insicura che continua a cambiare abito per il ballo di fine anno e alla fine rimane senza accompagnatore. Solo una cosa invece non è mai cambiata a RS: la spocchia tipica di chi guarda tutti dall’alto verso il basso. Un radicalismo chic quasi integralista che fa sorridere se si pensa a un giornale che ha dedicato la copertina a varie tipologie di esseri umani, che vanno da Renzi a Sfera Ebbasta, passando per Lapo Elkan e Fiorello. Ma anche queste sono scelte e vanno rispettate.
Anche perché, dopo parecchi anni di faticosa sopravvivenza in edicola, qualche giorno fa è parso per un momento che la rivista avesse – almeno apparentemente – piazzato un colpo vincente, capace di far parlare i media, smuovere le coscienze e dare il buon esempio.
Veniamo ai fatti. All’urlo di “Noi non stiamo con Salvini”, Rolling Stone ha dedicato la copertina del nuovo numero a chi la pensa diversamente e si dissocia dal barbaro sentire di Matteo il brutto. E brutto lo è davvero. Tanto. Sullo sfondo arcobaleno della cover si aggiunge “Da adesso chi tace è complice”.
Un manifesto contro la scellerata politica del Vostro (perché mio non è, questo è sicuro) Ministro degli Interni sui migranti. Manifesto a cui, almeno secondo quanto riportato da RS, avrebbero aderito parecchi nomi noti del giornalismo, dell’arte, della musica e dello spettacolo.
Ecco l’elenco in rigoroso ordine alfabetico, spero di non scordare nessuno:
Daria Bignardi (conduttrice),
Vasco Brondi (cantante),
Caparezza (cantante),
Ennio Capasa (stilista),
Pierpaolo Capovilla (cantante),
Chef Rubio (conduttore tv),
Max Collini (cantante),
Carolina Crescentini (attrice),
Marco D’Amore (attore),
Costantino della Gherardesca (conduttore tv),
Erri de Luca (scrittore),
Diodato (cantante),
Elisa (cantante),
Ernia (rapper),
Fandango di Domenico Procacci (casa di produzione),
Fabio Fazio (conduttore tv),
Anna Foglietta (attrice),
Marcello Fonte (attore),
Gazzelle (cantante),
Gemitaiz (rapper),
Gipi (fumettista),
Linus (conduttore radio),
Lo Stato Sociale (band),
Makkok (illustratore),
Fiorella Mannoia (cantante),
Vinicio Marchioni (attore),
Emma Marrone (cantante),
Enrico Mentana (giornalista),
Ermal Meta (cantante),
Francesca Michielin (cantante),
Motta (cantante),
Gabriele Muccino (regista),
Negramaro (band),
Andrea Occhipinti (produttore e distributore cinematografico),
Roy Paci (cantante),
Mauro Pagani (musicista),
Tommaso Paradiso (cantante),
Valentina Petrini (giornalista),
Alessandro Robecchi (scrittore),
Lele Sacchi (dj),
Selton (band),
Barbara Serra (giornalista),
Michele Serra (giornalista),
Shablo (produttore musicale),
Subsonica (band),
Tedua (rapper),
Tre Allegri Ragazzi Morti (band),
Sandro Veronesi (scrittore),
Daniele Vicari (regista),
Zerocalcare (fumettista).
Innegabilmente una bella iniziativa, perché è bello che un giornale chiami a raccolta protagonisti e testimoni della scena culturale del paese in un momento storico difficile come questo per cercare di scuotere le persone dal loro torpore. Un atto che poteva essere rappresentativo di una coscienza collettiva impegnata verso il bene comune e il superamento delle barriere imposte da questi nuovi signori del dolore, come direbbe Vecchioni.
Che poi, copertine sensibili come questa non sono cosa nuova ma hanno comunque sempre una loro utilità, soprattutto in un momento dove il virus del razzismo è di nuovo in libera uscita. La rivista Tutto Musica, contenitore generalista chiuso ormai da diversi anni, fece lo stesso in occasione della seconda guerra del golfo, presentando in copertina il gotha della scena indie e pop musicale italiana, con gli artisti avvolti nelle bandiere arcobaleno. Fu davvero una bella iniziativa, che si guadagnò plausi ovunque.
Quindi anche oggi tutti ad applaudire RS? No, non direi, perché solo poche ore dopo l’uscita del giornale ecco arrivare le prime smentite.
La prima è di Enrico Mentana che sulla sua pagina Facebook rivela di aver risposto picche all’appello di RS. Stessa cosa dichiara lo scrittore Alessandro Robecchi che, pur dichiarandosi contro Salvini, cinguetta su twitter di essere anche “contro i furbetti che si fanno pubblicità usando il mio nome”.
Pure Gipi, Zerocalcare e Valentina Petrini prendono le distanze, e allora inizia a delinearsi quanto accaduto. E cioè che Rolling Stone ha utilizzato un patchwork di varie dichiarazioni pubbliche rilasciate da parte di alcuni dei presunti partecipanti all’iniziativa “chi tace è complice”. Che per quanto sia un atto giornalisticamente lecito è un po’ diverso dall’ottenerle direttamente dagli interessati. Ma non sottilizziamo.
Il mondo social, che non aspetta altro che un pretesto per dividersi in fazioni e sfogare frustrazione e rabbia, ovviamente si è sbizzarrito e la gloriosa rivista che si chiama come un pezzo dell’uomo che snobbò il nobel finisce nell’occhio del ciclone. E ne esce con le ossa rotte.
Complice il momento favorevole, qualche ex con cui RS non si è lasciato bene, decide di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Nel caso di Selvaggia Lucarelli sono macigni. Il suo post è duro come la sella di un soldato lanzichenecco: “Sono stata tre mesi a Rolling Stone e francamente un appello per una società aperta, libera e moderna me lo sarei aspettato più da Erdogan che dal mondo Rolling Stone Italia. Il motivo per cui dopo tre mesi ho rassegnato le dimissioni è proprio che di moderno, libero, solidale, lì dentro forse al massimo c’è la macchinetta del caffè che distribuisce caffè a tutti. Non avevo mai visto un ambiente di lavoro così tossico, illiberale, ostile, scorretto. Amici di Rolling, se fate una copertina di sinistra, parlando di libertà, accertatevi di praticare tutto ciò che vi rende così diversi da Salvini”.
Anche il sempre severo, ma molto spesso giusto, Michele Monina si è tolto il gusto di sottolineare come RS non sia questo grande esempio di libertà, e che nella breve collaborazione con la rivista già al suo primo articolo il giornale ne aveva chiesto la testa.
Tutte queste polemiche, dilagate sempre più a macchia d’olio complice la rete, hanno fornito l’ennesimo cross a porta vuota a quel castigatore d’intelligenza che risponde al nome di un apostolo ma di apostolico non ha proprio nulla, il quale si è fatto bello con la sua demagogia da bar sostenendo come i ricchi artisti di sinistra dovrebbero prendersi i migranti a casa loro, e via col solito carosello di amenità assortite per il gaudio di chi ha fatto fatica a ottenere la licenza elementare.
E quindi?
Quindi è nera, come sempre.
Si è persa l’occasione di far valere autorevoli voci ‘altre’, voci che non appoggiano la politica di questo governo e le sue scelte nella gestione dei nostri confini e delle persone in difficoltà che arrivano dal mare.
L’ha persa RS attribuendosi la paternità di essere il divulgatore autorizzato di dichiarazioni che gli interessati avevano fatto ad altri, e questo ha alimentato il sospetto che sia stata solo una manovra per guadagnare visibilità in un momento commerciale non particolarmente favorevole.
Ma l’hanno persa anche i vari ‘famosi’, che si sono affrettati a smentire la loro adesione all’iniziativa. Bastava dire: “Oh ragazzi, non ho parlato con RS e la rivista è stata troppo zelante a utilizzare il mio nome in copertina ma non mi nascondo. Le cose che hanno scritto le penso e le ho dette, ad altri ma le ho dette, e ben venga se sono state nuovamente riportate“.
Perché alla fine più che gli interessi di ego, di questo giornalista, quel cantante o quella rivista, qui in ballo ci sono problemi ben più grandi. C’è un paese che cade a pezzi, sprofonda a botte di razzismo, iniquità sociale, qualunquismo, mancanza di empatia, cultura e rispetto per la vita.
Stiamo affogando per mancanza d’amore, che dovrebbe essere l’ossigeno di ogni società civile.
Per questo chi tace è complice. Ma questa volta lo è anche chi ha parlato.