“L’artista di questa mattina non necessita di presentazioni.” Con queste parole l’Ufficio Stampa presenta il cantautore partenopeo.
Prende subito parola Gigi d’Alessio: “Siamo dei privilegiati, in una settimana facciamo 6 mesi di promozione e voi lavorate per noi. Io devo ringraziare anche a nome dei miei colleghi per tutto quello che fate, per il tempo che dedicate alla musica italiana. Volete un caffè, un cornetto? Sono qui a disposizione.”
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Iniziano le domande
Ieri sera al Dopo Festival cosa è successo? Ti sei innervosito?
No, non mi sono innervosito, anzi mi sono divertito! Ho fatto quello che dovevo fare, ho cantato, poi lì seduto mi stavo annoiando e ad un certo punto mi sono detto: “Mi sa che è ora di andare a letto”. La difficoltà è proprio questa, andare a letto alle 3 e svegliarsi presto al mattino. Anche perché a cosa serve innervosirli? Qui o ci vuole una mazza o la devi prendere con filosofia. È anche una questione d’età: la prima volta a Sanremo avevo 30 anni, oggi invece ho la consapevolezza di stare qui, vivo tutto con grande affetto e rispetto.
Sempre parlando di Dopo Festival, hai quasi oscurato la figura di Nicola Savino, mai pensato alla carriera da attore comico?
Noi napoletani la battuta l’abbiamo nel sangue, la battuta quando ti viene la devi fare, come la pipì non la puoi trattenere!
Questa canzone ti emoziona tanto, ma c’è nel tuo repertorio qualche altra scelta da portare a Sanremo?
Credo che tutto faccia parte dello spettacolo! Se avessi portato una canzone d’amore avrebbero detto: “Ecco, la solita canzone di Gigi D’Alessio.” Ognuno ha una persona cara che non ha più, 32 anni fa ho perso la mamma, purtroppo quando la perdi provi un dolore e un vuoto che non puoi sopperire; quello che ho fatto per elaborare forse, essendo molto credente, è stato di scrivere una canzone per aggiornare la mamma che non sa come stanno le cose oggi: si fanno figli senza fare l’amore, c’è chi è pronto per morire senza avere una croce al muro (Isis), c’è chi per fuggire da una guerra cerca rifugio nel mare e soprattutto oggi dal vecchio male ci si può salvare. È una canzone per tutti: una nipote può dedicarla alla nonna, la maggior parte delle persone nella vita associano la prima stella luminosa ad una persona cara.
Ho letto che condurrai “Made in Sud”, confermi?
No, io non condurrò, io non sono un conduttore! Se Made in Sud diventerà un programma dove ci sarà la musica, allora mi occuperò di quella parte, degli artisti, dei colleghi, anche interfacciandomi con la parte comica. Ho un disco che uscirà 24 febbraio, un tour mondiale che partirà ad ottobre, inoltre non mi sento totalmente in grado di ricoprire questo ruolo.
Cosa hai preparato per la Serata Cover?
Stasera per me sarà come andare a Gardaland, porto un capolavoro del ’67 si chiama l’Immensità e compie 50 anni come me. Un arrangiamento difficile, ma straordinario, in cinque quarti (termine tecnico, una figurazione mista), i musicisti si divertiranno molto ed io con loro.
Il tuo pubblico non ha mezze misure, come vivi questo rapporto dall’amore all’odio?
C’è chi mi vuole vedere morto e chi mi vede come Padre Pio, che forse ha un preconcetto, qualcosa di sbagliato. No è questione di musica, per fortuna c’è grande varietà, non si può piacere a tutti. Io sono uno che ama quello che fa, non sono uscito dal Grande Fratello, ho 10 anni di Conservatorio alle spalle e comunque mi sento un fortunato; c’è chi, di sicuro più formato di me, oggi suona in piazza o in un piano bar.
C’è un altro napoletano in gara, Clementino, vedi dei punti in comune sul vostro punto di attingere alla musica?
Ci sono anche Maldestro, Lele… siamo quasi più dei cinesi. Il napoletano è una lingua, non un dialetto, ha una sua grammatica, noi siamo bilingue. Saper cantare in questa lingua è un valore aggiunto, non riduttivo. La musica è una e non ha barriere, lo dico da musicista, siamo figli di Bach, Chopin e Guccini. La musica è come una donna nuda: se le metti un giubbotto pelle diventa rock, se le metti un abito da sposa diventa romantica, con un tailleur diventa chic, ma sotto è sempre nuda. È bello unire stili diversi e quando si uniscono melodia e arrangiamento è qualcosa di meraviglioso.
Mi rivolgo al Gigi musicista, secondo te esiste uno stereotipo musicale sanremese? Si può uscirne?
Secondo me no, non esiste, quando uno vuole mettere una targa è sempre sbagliato. Sanremo non è altro che un grandissimo amplificatore: “O ti apre le porte del mondo o ti chiude anche quelle di casa”. Ad esempio in Francia il 50 % della musica è internazionale, il 50% nazionale. Noi dovremmo promuovere di più la musica italiana, perché la musica è un grande motore di lavoro. Per me di Sanremo ce ne vorrebbero 10 all’anno, non uno; ma questo abbiamo e ce lo teniamo ben stretto. Più promuoviamo, più diamo posti di lavoro, l’importante è esserci, essere orgogliosamente italiani!