Michele Bravi, in gara alla 72° edizione del Festival di Sanremo con il brano Inverno dei Fiori, incontra la stampa per parlare della partecipazione alla kermesse.
Questa è la mia seconda volta in gara ed è un momento un po’ particolare. Da una parte c’è una soddisfazione personale perché Sanremo è il palco più importante d’Italia, è un’occasione per presentare la propria musica ad un pubblico il più trasversale possibile.
Dall’altra parte c’è il mondo dello spettacolo che è il più colpito dall’emergenza sanitaria.
Le 25 canzoni sono una scusa per chiedere la dignità come artisti e come lavoratori. Io sto rappresentando sul palco il lavoro di 30 professionisti e, da parte mia, è una grandissima responsabilità e un onore. Negli ultimi anni ci è stato quasi suggerito che la cultura è qualcosa da nascondere in uno scantinato perché non prioritaria e rappresentarne una parte è un privilegio.
MICHELE BRAVI LA CONFERENZA STAMPA
LA NASCITA DI INVERNO DEI FIORI
La mia canzone è nata con la volontà di raccontare, come se avessi voluto fare una dichiarazione d’amore dei tempi moderni. Io sono affascinato dal mondo delle parole. Negli ultimi anni una parola cardine è stata “disimparare”, ora viviamo una normalità con nuove dinamiche, abbiamo dovuto imparare di nuovo cosa significasse oggi quotidianità. Non penso sia un fatto unicamente generazionale. La difficoltà che abbiamo ad intrecciare rapporti umani. Volevo raccontare questo gesto di empatia con una canzone.
Ho scoperto che esistono i fiori invernali e, da questo, è nata una canzone. Nell’immagine dei fiori che riescono a spezzare la neve ho trovato una grandissima metafora dell’amore. Il vero senso dell’amore nasconde in sé il seme della rinascita. Un gesto di gentilezza può creare un legame.
Sui fiori invernali c’è una mitologia incredibile che sono storie di protezione e gentilezza. Ho provato a raccontare quanto la gentilezza possa essere un seme della rinascita. E, se con la mia musica, riesco a raccontare l’ascolto, l’empatia e la gentilezza, lo faccio ben volentieri.
Il mio modo di lavorare nella discografia è artigianale, lavoro con le stesse persone da sempre. Ad esempio Federica Abbate è una delle mie migliori amiche! Io mi sto vivendo questo Sanremo come un’opportunità di raccontare i rapporti umani con la musica.
IL VIDEO
Il videoclip è un supporto audio visivo che mi vede per la prima volta alla regia. Continuo ad immergermi nella creatività e nella voglia di avere poco pudore rispetto alle cose che faccio. Le prime volte a Sanremo non riuscivo ad essere me stesso completamente, oggi invece non ho più paura di farmi vedere anche in modo monolitico alle persone. La mia creatività può toccare anche il mondo dell’immagine e del cinema. Per questo per la prima volta sono alla regia del video.
Volevo raccontare, con un linguaggio identitario, un modo di vivere la solitudine attraverso le stagioni. E lo scambio artistico che avviene con il pubblico, racconta il legame floreale che un contenuto creativo riesce a creare. E questa metamorfosi finale dei fiori che invadono la scena, è una richiesta di aiuto.
Questa canzone dice: spero che qualcuno si sieda vicino a me e mi dica “spero che vicino a te io possa essere felice” e di avere qualcuno a cui dirlo.
A proposito della Cover Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi… la domanda artistica che mi sono fatto è stata: “cosa succederebbe se Danny Elfman incontrasse Battisti?” e non a caso porto questa cover.
Nessuno la può fare come Lucio Battisti. Volevo omaggiare una coppia artistica che ci ha regalato dei capolavori e allora dico: “ho la possibilità di avere un faro puntato sul palco di Sanremo che ha un pubblico trasversale“. Le nuove generazioni possono cogliere le tradizioni che ci hanno lasciato Mogol e Battisti e, dall’altra parte, mi piacerebbe anche che qualcuno mi dicesse che la mia esibizione non è piaciuta, ma che ho fatto venire voglia di ascoltare di nuovo Battisti.
Da una vita scrivo con Cheope che ha ereditato il talento da suo padre. Questa cosa era importante per creare un nesso anche semantico: come si fa ad imparare la felicità? Mogol l’ha detto in un modo cristallino: come può uno scoglio arginare il mare.
Nella prossima pagina le domande della sala stampa online.