SANREMO 2024: PREMIO “CONTESTO” (AL PEGGIOR TESTO)
III POSTO: ROSE VILLAIN, CLICK BOOM!
La cantante più autotunnata del Festival (nondimeno stonata) ci aveva illuso con il precedente singolo, Io, me e altri guai, in cui aveva dato prova di una certa arguzia autorale. Nella hit aveva perspicuamente riscritto la tradizionale formula “Prendere o lasciare” in “Sbatti la porta ma se l’aprirai / Entriamo io, me ed altri guai”.
Invece, il testo che ha ripetutamente stonato al Festival contiene nel ritornello un’accozzaglia di onomatopee che ci ricordano le filastrocche infantili dedicate ai motori (“La BRUM del capo ha un buco nella gomma”); le strofe, meno danzerecce, raccontano di un amore esplosivo con immagini di maniera, stucchevoli e poco coerenti con la personalità dimostrata nelle precedenti prove (“Il cuore parla e dice stupida”; “Piove sopra una lacrima perché ho bisogno di te”; “E ti ritrovo ovunque vada nelle canzoni e in autostrada”; “Ti seguirei sull’Everest con tutte le ossa rotte”).
“Ti ho fatto entrare nel mio… disordine”, grida dissonante, e tutti noi preferiremmo qualche ambiguità erotica che desse un minimo di spessore a questa immagine femminile, audace solo nell’outfit o nella tinta.
E non abbiamo neppure il chewing gum per riparare il PSS nella gomma.
II POSTO: THE KOLORS, UN RAGAZZO UNA RAGAZZA
Il testo di Italo Disco 2.0 parla da sé, o meglio non parla.
Un ragazzo incontra una ragazza
Le labbra sulle labbra
Poi che succederà.
Un indovinello lanciato all’ascoltatore che, incredulo nell’assistere al dipanarsi di una storia mai udita, trova una soluzione imprevista nella variatio successiva:
Un ragazzo incontra una ragazza
La notte poi non passa
Vedrai non finirà.
Cosa succederà mai in questa notte? Reticenza e mistero ci lasciano col fiato sospeso.
Il motivetto martellante ci frantuma pure l’anima e rimaniamo ancorati all’unica verità dichiarata all’inizio del brano: “Serve un’idea. Continentale”. È proprio vero, serve almeno un’idea per scrivere un testo dignitoso.
I POSTO: IL TRE, FRAGILI
Il testo non è fragile, è inconsistente, “come la neve, come due crepe”.
Paralizzante l’immagine iniziale: “Le tue pupille sembrano pallottole / se mi guardi mi ferisci”.
Del tutto incoerente la struttura argomentativa:
Tu sai che avevo bisogno d’aiuto, potevi pure mandarmi a fan**lo
Invece mi hai detto che gli occhi che indosso non sono mai stati più tristi
Ma se un giorno il vento, ti portasse indietro
Dalle mie promesse, come se piovessero
Da un cielo nero lacrime di vetro
Perché ancora sento, il tuo rumore dentro
E siamo fragili
Come la neve
Come due crepe
Posto che la disciplina sintattica è opzionale, rimaniamo ‘crepati’ dall’assenza di coerenza logico-causale tra le frasi. Poi improvvisamente cadiamo rovinosamente in un inventario di tutte le immagini più banali della tradizione d’amore:
Sei come un’isola
Nessuno ti abita
Mi rubi l’anima
E vorrei ritornare indietro nel tempo
Sei la sete nel mio deserto
Sei come le fiamme bruciano nell’interno
Adesso mi sento come un naufrago in mare.
Il nome dell’artista si rivela un nomen omen: Il tre è l’unico voto che possiamo assegnargli.
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