Sta finendo l’anno, è tempo di bilanci. Quelli sulla nostra vita privata – se siamo state persone consapevoli, in linea col flusso della vita e sufficientemente mistici da perdere qualche ora ad osservare il sole che si abbatte sulla linea morbida dell’orizzonte al tramonto – ce lo teniamo per noi.
Le nostre preferenze sui dischi italiani del 2015, invece, possiamo condividerli bellamente sui social.
Che dire di questo 2015? Dischi ne sono usciti tanti ma quali di questi tanti supereranno la prova del tempo? Quanti possono definirsi veramente arte? A chi la palma d’oro di creatore di visioni autentiche? E a chi il ramoscello d’ortica per l’occasione perduta?
Ecco le mie valutazioni, genere per genere. Ecco i top e i flop del 2015 secondo il soggettivo parere del vostro sordido schiaccia tasti.
Partiamo dal rap, anche se chiamare rap le metriche annacquate che invadono il belpaese in questo periodo sa un po’ di bestemmia.
Eppure qualcosa di buono ne è uscito, anche in questo 2015 qualche artista è riuscito a salvare la baracca.
Ecco il mio podio.
3° posto: Piotta – Nemici.
Tommaso ha stile, personalità e sa maneggiare il genere con mano esperta. Nemici è un gran disco rap, che occhieggia al pop e a quell’immaginario tanto amato dal nostro, senza perdere mai in freschezza. Lucidamente bello.
2° posto: Tormento – Dentro e Fuori.
È stato un piacere ascoltare il nuovo album dell’ex Sottotono, e ci ho trovato dentro un mondo. Testi consapevoli, groove che spazia fra i grandi maestri del soul fino ad abbracciare Prince, un ground zero artistico che non dimentica il passato ma sa filtrare con il futuro. Consapevolmente bello.
1° posto Dargen D’amico – D’Io.
Un altro seminale lavoro dell’mc milanese, un disco che, pur mantenendo spessore e visioni distorte intatte, risulta meno ermetico che in passato per le orecchie dell’ascoltatore cresciuto con il sogno di interpretare la parte del tatuatore cazzuto nell’ultimo video dei Club Dogo. E non è cosa da poco. Lo zen consiglia di sbucciare e semplificare, e in questo nuovo lavoro Dargen ha cercato di farlo. Il risultato è quasi perfetto. Spiritualmente bello.
Il disco flop?
Mi spiace per lui e per i suoi fan ma la grande delusione dell’anno è certamente Fabri Fibra con il suo Squallor. Un disco la cui essenza è sottolineata perfettamente dal titolo: squallidamente brutto.
Ora passiamo alla musica generalista, dove la scelta è stata decisamente più complicata perché di lavori validi ne sono usciti parecchi. Un plauso quindi a Bugo, la Romina Falconi, i Negrita e Mezzala Bitossi che non sono andati a podio per un ciuffo d’erba.
3°posto Luca Carboni – Pop Up.
Chi legge i miei deliri su queste pagine è al corrente di quanto ami questo artista e la sua capacità di sussurrare emozioni senza filtri. Con questo nuovo lavoro Carboni ha saputo condensare mestiere e talento, cucinando il perfetto disco pop con anima. Merce rara di questi tempi. Semplicemente bello.
2° meritatissimo posto per Neffa – Resistenza.
Un disco di rara bellezza, una sorta di concept album sulla fine di un amore raccontato da un incredibile cantastorie, ormai capace di reinventare il proprio inconfondibile stile in ogni canzone.
Bello, bello e basta.
1° posto Africa Unite – Il Punto di Partenza.
La reggae band di Pinerolo ha realizzato uno dei lavori più riusciti e a fuoco della loro trentennale carriera, mescolando reggae, intelligenza, spirito pop e una scanzonata ma non per questo meno seria denuncia sociale. Il passaggio con gli Architorti poi è davvero sublime.
Misticamente bello.
Il disco flop? Sono troppi per sceglierne uno solo. È fine anno, facciamo i buoni, che non guasta di questi tempi. Meglio cercare quello che ci unisce a quello che ci divide… e comunque il nuovo della Pausini fa proprio cagare secondo me. Ops…
Per concludere, fatevi un favore: andate a riascoltare gli album che vi ho suggerito, viveteli, respirateli, fateli vostri.
E poi ditemi cosa ne pensate.
Alla prossima
F.