Ormai da un decennio a questa parte i talent show rappresentano una certezza nei palinsesti televisivi, in Italia e nel mondo. Che si tratti di una realtà consolidata, capace di riscuotere grandi percentuali di ascolti e quant’altro, è anche un fatto lapalissiano, più che scontato.
Ma è molto giusto continuare a considerare questo format con un atteggiamento critico e onesto: quanto basta per tirare le somme e provare a fare una disamina di questa popolare novità degli ultimi anni, che pur non essendo poi tanto nuova ormai, continua a restare perfettamente in piedi alla luce dell’indice di gradimento del pubblico.
E a riguardo dei talent, han preso parola due personalità importanti. La prima è stata quella di Massimo Ranieri, il quale in un’intervista a Qn ha affermato: “Ai giovani manca la gavetta. Oggi partono dalla tv mentre noi all’inizio facevamo i matrimoni e le feste di piazza, una grande palestra che mi ha formato e non rinnegherò mai. Ma i talent alla fine servono perché questi ragazzi validissimi vengono aiutati ad emergere e accompagnati nel loro percorso. Devono stare attenti, però, a non perdersi in un mondo pieno di sirene. Ben vengano i talent che ai miei tempi erano il Cantagiro, il Cantaeuropa e in parte anche Canzonissima“.
Alla stregua di Ranieri, anche il grande paroliere Mogol, creatore del CET Centro Europeo Toscolano, si è espresso sull’argomento, dichiarando a Il Tempo: “Il talent show avrebbe una validità se i giovani artisti provenissero da un centro musicale di eccellenza. Dovrebbe servire solo a promozionare la musica attraverso la gara, senza gli orpelli di cui è appesantito oggi“.
Riassumendo, la sua è quindi una sostanziale bocciatura, benché molti di voi l’abbiano visto nelle vesti di giudice a Io Canto, popolare programma canoro di Canale 5 dedicato ai “piccoli” interpreti.
Inoltre, guarda caso, a tal proposito il Maestro Mogol ha aggiunto: “L’ho considerato un gioco, proprio perché i protagonisti erano bambini“.