Sulle pagine di All Music Italia non abbiamo mai dato molto spazio alla musica neomelodica partenopea, un micromondo con stilemi e tematiche ben precise, forse un po’ “ghettizzato” non solo per specificità geografica ma per mille altri motivi che non starò qui ad analizzare.
All’interno di questo micromondo non è raro trovare storie di vita singolari, dagli aspetti controversi, nonché veri e propri “simboli umani” in contro-tendenza rispetto alle abitudini sociali imperanti, che fanno della loro diversità il punto di forza per l’accettazione.
Uomini e donne, gay, lesbiche, transessuali, transgender, che cercano di squarciare il velo d’ipocrisia con genuinità e voglia di riscattarsi e farsi rispettare. Forse inizialmente (e non solo) scherniti con goliardia, ma che, come nelle comitive scolastiche, riescono in seconda battuta a farsi accettare nel “branco”, dopo essere stati messi duramente alla prova.
Valentina Ok era così. Una transessuale che ha combattuto nella vita e ha saputo raggiungere i propri obiettivi in una terra in cui le proprie scelte sessuali vengono messe alla berlina, offese e rinnegate forse più che in altri posti d’Italia.
Una donna che ha dovuto risalire la china, superando preconcetti e pregiudizi, e che ha fatto delle specificità del micromondo neomelodico il suo punto di forza, per farsi accettare laddove solo all’apparenza è più difficile farsi comprendere e rispettare.
Qui non scriverò il suo nome di battesimo, ritengo che riportare un nome maschile per una donna che ha dovuto “transitare” sia poco rispettoso della sua sensibilità.
Valentina Ok per me era un’icona. Ricordo quando la scoprii, facendo zapping fra le reti locali. Ero un ragazzino, abitavo in Puglia, e casualmente capitai su Tele A, principale emittente televisiva campana. Fui subito colpito da questo personaggio.
Inutile fare gli ipocriti, la domanda che mi piombò in testa fu subito: “Ma è un uomo o una donna?“. Viviamo in una società in cui parlare di “certi argomenti” è tabù, nessuno spiega all’altro cos’è la transessualità, né si parla mai di quanto dolore si provi nel vivere in un corpo che non si avverte come proprio, e la curiosità di capire cosa ci sia sotto il vestito è morbosa.
Tuttavia fugato il dubbio, a travolgermi fu la sua esuberanza. Autoironica, senza filtri, a suo agio con la telecamera. Un personaggio orgogliosamente trash, divertito e divertente.
Sono da sempre affascinato dai personaggi trash, motivazione non sono riuscito a trovarla. Mi divertono, mi donano un sorriso, ancor di più apprezzo chi, come Valentina Ok, è ben consapevole di come viene avvertito dalla gran parte del pubblico, ma lei ne faceva un vanto.
Ricordo le risate nell’ascoltare Ma se non mi vorrai, storia di una passione proibita con l’uomo di un’altra, in cui sfacciata canta “Farò l’amore per dodici ore col primo che capita“, urlando poi al proprio uomo “Valgo per 33!!!” con chiare allusioni sessuali…
Ma Valentina è stata anche icona per tutta la comunità LGBT. Il suo brano Ragazzo gay fu anche inno di qualche gay pride passato. Musica e vocalità per tanti palati improponibili, ma il testo spiattellava un messaggio importante di speranza e sprono che arrivava ai cuori di chi doveva ascoltarlo: “Ti faranno piangere, bere le tue lacrime, tutti quanti contro di te. E dovrai combattere con la solitudine, con quel pregiudizio che c’è (…) Hey ragazzo gay, non arrenderti mai, forza ce la farai!“.
Valentina non negava mai la sua natura, prestando volto e voce a brani neomelodici che mettevano al centro il tema della transessualità, e i suoi tabù. Il sito cult Trashopolis pullula di titoli quali Tu nun si femmena, Da donna a trans, Na storia diversa.
Portava la sua solarità e simpatia nelle case di tanti partenopei con le sue trasmissioni ironiche in cui fingeva telefonate con l’allora sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino, si lasciava andare a errori grammaticali con il suo “italiano napoletanizzato”, e metteva alla prova i suoi ospiti con battute e domande piccanti, tutto a fin di spettacolo.
Tanti gli insulti ricevuti, molti dei quali in diretta, inutile nascondere la parte più buia della sua vita, sempre messa alla prova e dileggiata, ma anche tanto amata e apprezzata per la sua verità.
Una donna in grado di diventare un simbolo di una città dai mille colori. Eugenio Bennato collaborò con lei a teatro, e persino il regista John Turturro la volle con sé nel film documentario Passione, girato proprio per mettere su pellicola i tanti volti di una Napoli sanguigna. Con lei nel cast Peppe Barra, Massimo Ranieri, Lina Sastri, Peppe Servillo, Raiz, Pietra Montecorvino, James Senese e tanti altri miti della cultura partneopea.
Valentina si è spenta ieri dopo aver lottato con un male incurabile, ma di certo non si spegnerà sul volto di tanti il sorriso nell’ascoltarla e nel guardare le sue performance piene di brio e allegria.
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