Dopo aver pubblicato Amarene, singolo in cui dà voce agli amori proibiti e parla di un legame intrappolato tra il desiderio e la paura (ne abbiamo parlato qui), Virginio si racconta senza filtri in una lettera pubblicata su Vanity Fair.
“Amarene racconta la mia vita, ma anche quella di tutti coloro che si sentono esclusi, incompresi, sbagliati. È il mio grido d’amore, la mia voglia disperata di appiccicare nella testa di tutti quel concetto meraviglioso che oggi chiamiamo inclusione. Perché ho imparato sulla mia pelle che non siamo eterni, che il tempo scappa via e che il giudizio delle persone si perde nell’aria, così com’è arrivato. E questo basta per farmi sentire nel posto giusto”.
Purtroppo, però, non è sempre stato così. Per anni Virginio si è infatti sentito escluso, “forse perché quando sei un ragazzo maschio italiano caucasico di media statura e, per la prima volta, provi qualcosa per il tuo compagno di classe, anziché per la tua compagna, ti rendi conto che in te le cose non girano esattamente come girano per gli altri, che forse quello che senti non sarà facile da spiegare ai tuoi genitori, che forse addirittura non potrai spiegarlo affatto, mai a nessuno“.
Una serie di “forse” che diventano certezze quando ti trovi con la “faccia piantata nel water del liceo” o quando ti senti ripetere determinate cose così tante volte da finire per crederci pure tu. Ma “il vero momento in cui il tuo cuore si frantuma arriva quando ti innamori per la prima volta“. Il motivo? Perché “lì capisci che la tua vita sarà un inferno. O almeno così credi“. Bisognerà infatti nascondersi, rubarsi gli sguardi, sfiorarsi le dita senza mai farsi notare, altrimenti “scoppia un casino“.
Un semplice amore adolescenziale si trasforma così in una tortura, in una condanna, in un qualcosa di proibito che va vissuto clandestinamente.
“Sono cresciuto in una famiglia che mi ha sempre accettato, ma come la mettiamo con l’accettare me stesso? Io sono il mio più grande giudice, ma per fortuna – poi – arriva sempre la musica, che mi strappa via dal buio come un prigioniero che dopo anni vede la luce e ne resta accecato”.