Oggi, 8 novembre, è il giorno dell’uscita del nuovo album di Zucchero D.O.C (Polydor / Universal Music), disco che arriva a 3 anni e mezzo di distanza da Black Cat.
Un album profondamente differente rispetto al precedente, ma che mantiene una forza dirompente che si snoda brano dopo brano.
DOC è stato presentato nella suggestiva location dello Spirit de Milan, dove il cantautore ha potuto esprimere il suo punto di vista sul progetto e su ciò che ci circonda.
ZUCCHERO DOC – IL TITOLO
Le prime parole con cui Zucchero presenta DOC sono dedicate al periodo storico che stiamo vivendo, ciò che si può definire come uno dei fili conduttori dell’album.
“Vivo questo tempo come tutti, sono un po’ preoccupato, come lo sono in tanti. E’ tutto come in una pentola in ebollizione, che spero non esploda mai!
Nell’album ho quasi lasciato perdere i doppi sensi (che ho conservato solo per qualche brano uptempo) perchè il momento non è così goliardico e sereno. Infatti ci ho messo parecchio anche a decidere il titolo dell’album. Non è stato facile trovare una parole che riuscisse a racchiuderlo, anche perchè contiene diverse sfumature: soul, blues, gospel, pop, rock, ma anche del progressive. Il primo titolo che mi era venuto in mente era Tempi Sospesi o Suspicious Times. Sono tempi così, dove non c’è trasparenza.. C’è troppa apparenza e poca sostanza.
DOC è un titolo che mi rappresenta e mi è venuto in mente l’ultimo giorno prima di andare in stampa. Ero in giro per la mia fattoria parlando con i contadini dei prodotti di origine controllata. Ho visto che si dice DOC in tutto il mondo. Poi ho scoperto che DOC significa anche Disturbo Ossessivo Compulsivo! Ma va bene! Sono anche così!”
ZUCCHERO DOC – IL PROGETTO MUSICALE
L’album si contraddistingue per diversi fili conduttori, anche se ogni brano ha un’ispirazione particolare, a tratti unica, come se ci fosse uno spirito guida che sta alla base di ogni scelta artistica.
“Ho cercato di rinnovarmi restando me stesso. Si tratta di un lungo lavoro di ricerca durato 8 mesi e che ho portato avanti insieme a Max Marcolini, che lavora con me da oltre vent’anni. L’idea che ho sempre quella di lavorare proponendo un album diverso dal precedente. Sono stato in tour quasi due anni e ho avuto tempo di pensare e di lavorare, anche se tutto cambia con troppa velocità. Ho messo insieme un team di lavoro composto da musicisti organici e producer e li ho riuniti a Los Angeles. Questo è il risultato. C’è l’elettronica, ma ho cercato di utilizzarla in maniera calda, dimostrando che è possibile. E’ stato bello vedere l’entusiasmo di tanti ragazzi giovani.
Per quanto riguarda i testi sono partito pensando a questo mondo, alla mia vita, alla gente che mi circonda. Ne è uscito un quadro reale. In ogni canzone ho trovato una luce, uno spirito. Forse un inizio di redenzione, che è insolita per un ateo incallito come me. Non parlo di un avvicinamento al Dio dei Cristiani, ma a uno spirito, che potrebbe anche essere quello di mia nonna. Qualcosa che non so cos’è. In Doc sottolineo i mali di questo tempo, ma cercando una luce in fondo al tunnel. Ma non è la prima volta che parlo di fede in una mia canzone. Per esempio l’ho fatto anni fa quando ho scritto Così Celeste.
Poi… non c’è niente di male nel pensare alla fede. Mio padre era un comunista incallito e si è sempre sottratto alle benedizioni del parroco, fino alla fine, quando addirittura, claudicante, si è alzato e ha fatto il segno della croce. Un episodio che mi ha toccato. Anche perchè… non si sa mai!”
Il singolo scelto per lanciare l’album è Freedom (Qui il nostro articolo).
“La parola libertà è spesso utilizzata a vanvera. Quando ci ho pensato mi sono chiesto se davvero siamo liberi e vedendo quello che succede… non lo siamo davvero! E’ una finta libertà. Siamo controllati continuamente. Guidati dai social, dai media. E’ una libertà apparente. Io cerco di essere più libero possibile trascorrendo una vita sui monti cercando la qualità, ma quando esco da quel buen retiro non mi sento libero.”
Uno dei pezzi che sicuramente colpisce per il testo e il sound è Vittime del cool:
“Ho pensato se era il caso di dare questo titolo perché qualcuno avrebbe potuto interpretarlo male. In questi tempi mi sento controllato da gente che vuole essere cool per forza. Cool nel senso che ha un atteggiamento da star, da vip. Lo si vede anche in televisione. C’è troppa apparenza. Non capisco il motivo per cui bisogna essere cool a tutti i costi. Perché? Per emergere? Vorrei che la gente si manifestasse per come è veramente! Ormai la gente non sembra quello che è veramente! Vorrei vedere un mondo un po’ più genuino…”
Nell’album di Zucchero DOC non mancano i riferimenti alle radici e in particolare al dialetto, ormai una caratteristica nella produzione musicale del cantautore.
“Io sono malato delle mie radici. In questo caso le ho messe anche nella copertina. Più vado avanti e più sono profonde. Ogni tanto mi piace usare il dialetto perché con poche parole riesci a esprimere un concetto. Lo faccio anche quando sono in giro per il mondo. Anche Pavarotti amava parlare dialetto, è capitato spesso anche nei luoghi più istituzionali.”
Uno dei brani che colpisce è Cose che già sai in cui Zucchero duetta con Frida Sundemo.
“Per D.O.C non ho voluto accanto a me nomi altisonanti, alcuni con i quali già ho lavorato in passato. Corrado Rustici mi ha fatto scoprire Frida Sundemo e ho apprezzato subito il suo modo di scrivere fresco e caratterizzato da melodie che non sono mai scontate. Anche in Cose che non sai non riesci a capire dove il brano andrà a finire. E’ imprevedibile. Poi Frida ha una voce da usignolo.”
Tra le collaborazioni con artisti italiani spiccano quelle con Francesco De Gregori, Pasquale Panella e Davide Van De Sfroos. Un’unione d’intenti che Zucchero ha spiegato così:
“E’ un piacere lavorare in questo modo!”
LA MUSICA ITALIANA NEL MONDO E…
Prenderà il via ad aprile tra il 9 e il 13 aprile a Byron Bay in Australia all’interno del Byron Bay Bluesfest il tour mondiale di Zucchero che proseguirà a Glasgow, Manchester e Londra, prima di approdare in Italia a settembre all’Arena di Verona.
“Io voglio portare in giro per il mondo la musica italiana. Nel tempo ho abituato il mio pubblico ad ascoltarmi in italiano. Nei concerti dico sempre che la musica parla, non c’è bisogno di spiegare troppi concetti. Ma ciò non è sempre stato facile. Soprattutto in Inghilterra o in America. Se mi vogliono… devono accettarmi così.”
“Quando sono sul palco il mio mestiere è quello di trasmettere delle emozioni, non di parlare di politica. In passato mi è capitato di farlo, ma credo che non sia quello il luogo più adatto. Bono, Peter Gabriel, Bob Gedolf… hanno fatto tanto, ma a cosa è servito? Non sono stati ascoltati! Non dico che dobbiamo ritirare le armi, ma il mio mestiere è quello di portare emozioni, sensazioni e vibrazioni. Poi sono felice che sia apparso un personaggio come Greta. Meno male che c’è! Grazie a Dio che i ragazzi la seguono. Da troppo tempo i giovani non scendono più in piazza. Non so e non voglio sapere chi c’è dietro, ma per ora va bene così!”
Dal 22 settembre al 4 ottobre 2020 Zucchero tornerà in Italia con 12 concerti all’Arena di Verona.
“Ho un rapporto speciale con l’Arena di Verona. E’ un luogo magico in cui la mia musica trova la sua dimensione. Penso che qualcuno sarà dispiaciuto per questa scelta. Siamo andati e andremo anche altrove, ma per il momento sto bene lì! Mi sento a casa. Poi nel 2021 ci saranno molti progetti legati all’Italia…”
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Foto di Robert Ascroft