I Voyeur sono una rock band nata a Bergamo nel 2013 da un’idea di Andrea Nava, frontman e cantante del gruppo, nonché autore di tutti i brani finora composti. Testi in inglese, melodie immediate e musica graffiante sono i punti di forza delle loro canzoni.
Dopo un lungo lavoro in sala prove alla costruzione dei pezzi e alla ricerca del sound a loro più congeniale, la band entra in studio di registrazione a novembre 2013 e termina il lavoro a febbraio 2014. Quello che ne viene fuori è il loro primo album ancora senza titolo. Un mix di dieci tracce a tratti romantiche e a tratti ribelli ed incazzate con cui la band fa il suo esordio nel panorama musicale.
A marzo vengono contattati da un’importante etichetta discografica americana con sedi in Giappone, Nord Europa ed Italia, che si interessa al loro lavoro proponendogli un contratto per la pubblicazione del loro album in tutta Europa con un punto di domanda per quel che riguarda l’Italia, paese in cui a detta dei discografici (che non hanno tutti i torti) non è aperto a questo genere di musica al momento.
La formazione dei Voyeur è la seguente:
Andre (Andrea Nava) – Voce
Chicco (Andrea Carminati) – Chitarra
Cecca (Andrea Vettoni) – Chitarra
Luca (Luca Pinto) – Basso
Nelson (Luca Mandelli)- Batteria
Noi di All Music Italia abbiamo deciso di puntare su di loro per inaugurare il nostro nuovo spazio dedicato agli emergenti, “L’Officina del talento“, e abbiamo raggiunto telefonicamente Andrea per una breve intervista.
Per chi volesse approfondire la loro conoscenza ecco il link della loro pagina ufficiale su Facebook . Qui sotto pubblichiamo il teaser del video del brano “Suicide love” mentre dopo l’intervista potete trovare alcuni brani dell’album da ascoltare in anteprima e magari commentare.
L’INTERVISTA
Come e dove nascono i Voyeur… Raccontaci la vostra storia, l’incontro e il perché del nome.
I Voyeur nascono esattamente un anno fa nel tardo marzo 2013. Avevo bisogno di un nuovo progetto musicale e di tornare a fare quello che veramente considero musica senza filtri o imposizioni varie che, spesso, non portano a nulla. Avevo un po’ di registrazioni di canzoni nuove chitarra acustica e voce (io compongo così…) a cui volevo dare una forma definita così ho chiamato Luca che suona il basso e gli ho parlato dell’idea che avevo in testa. Dopo di che abbiamo messo un annuncio in Facebook e abbiamo trovato Cecca il chitarrista. Poi è arrivato Chicco, chitarrista con cui avevo già suonato anni fa nella mia primissima band e per ultimo Nelson alla batteria. Cantando in inglese non volevo un nome italiano per la band e nemmeno un nome “pacchiano”. Così mi è venuto Voyeur…. Non ha un senso preciso però suona decisamente bene!
Il nostro genere è rock. Nelle vene scorre comunque sempre tantissima melodia. Mi piacciono i pezzi immediati, che arrivano e vanno dritti al punto senza dover far vedere quanto siamo bravi a suonare a tutti i costi. Odio i virtuosismi. Purtroppo il mercato italiano è un’utopia. Non funziona più, è entrato in un vortice discendente inarrestabile e le canzoni cantante in inglese da una band italiana non trovano spazio in Italia. Purtroppo qui in Italia abbiamo una cultura esterofila senza precedenti. Se diamo un occhiata su internet all’estero ci sono un sacco di artisti italiani che fanno questo genere riuscendo a vivere di musica.
Male… Veramente male… Purtroppo per la mia esperienza ho imparato sulla mia pelle che, salvo in rarissimi casi, un artista non può riciclarsi come produttore. Si hanno già talmente tanti impegni… Scrivi le canzoni, registra i demo, vai in studio e registra l’album, promuovi l’album, fai le prove per il tour, parti in tour… e poi devi ricominciare tutto da capo. Nonostante le false promesse però ripenso a quell’esperienza con un sorriso… amaro… ma è pur sempre un sorriso!
I talent non rilanciano la musica ma la uccidono. Sono pochissimi gli artisti usciti da lì che sono riusciti a diventare una realtà solida in Italia. La lista di chi ha avuto 5 minuti di popolarità e una morte discografica è decisamente più lunga. Ci vuole un cambio di mentalità che in Italia ho paura non avverrà mai. Le discografiche non ci credono più, gli spazi sono pochissimi e anche suonare live è sempre più difficile. Anche i giovani artisti hanno le loro colpe… Vogliono tutto e subito. Al 90% di loro interessa solo finire su riviste e in televisione per diventare celebri… Assurdo. La musica è un’altra cosa.
Il nostro disco è un concentrato di emozioni ed esperienze. E’ a tratti romantico e a tratti incazzato ma soprattutto onesto. Sono dieci tracce ed ognuna ha una propria storia. Musicalmente la melodia la fa da padrona, siamo molto meno “duri” di quanto vorremmo. Nelle liriche mi piace far mio o condividere tutto quello che mi gira attorno… Col tempo sono diventato un ottimo osservatore. Potrei sedermi un giorno in una metro fermandomi a guardare le persone e scrivere un album intero! Poi ovviamente ci sono pezzi più personali come ad esempio “You, I don’t know why” che è dedicata alla mia ragazza e che ha un sapore più intimo. Ah dimenticavo! L’album è veramente rock!
Siamo un cantiere aperto. Una casa discografica americana ci ha appena inviato un contratto che devo ancora leggere. Sicuramente l’obiettivo è uscire dall’Italia, farsi distribuire il disco in Europa ed andare in tour a promuoverlo. Nel frattempo stiamo buttando giù un paio di script per il video del nostro primo singolo che potrebbe essere “Bury me” (in questo caso se qualche lettore vuole darci il suo consiglio su quale singolo scegliere noi siamo tutt’orecchi). L’obiettivo è sicuramente suonare, suonare e suonare dal vivo il più possibile e nel frattempo scrivere già il prossimo disco. Non bisogna mai fermarsi perché chi si ferma è perduto!