Blanco Blu celeste recensione a cura di Fabio Fiume.
Strana recensione quella che sto scrivendo oggi per voi!
Lo è perché mai prima d’ora, in ben 15 anni di carriera, mi ero trovato a scrivere di un disco uscito da diversi mesi e già conclamato come enorme successo da ben 3 dischi di platino ed un quarto praticamente alle porte.
E allora, direte voi, cosa mi ha spinto a sovvertire una regola non scritta sulle recensioni dei dischi? Indubbiamente il nuovo e rinnovato slancio di queste settimane di colui che del disco in questione è autore e cantore, il personaggio Blanco, vittorioso in coppia con il bravo Mahmood a Sanremo ma al contempo convincente faccia nuova della musica italiana, proprio al pari del già noto collega.
Coppia ardita all’inizio si poteva pensare? Nulla di più sciocco allora s’è pensato ed è subito stato evidente sin dal primo passo mosso insieme sulle assi del mai caro ai cardiopatici Teatro Ariston. La loro Brividi ha evidenziato immediatamente un affiatamento artistico, le due facce di una moneta che, per quanto guardino agli opposti, mai possono separarsi.
L’album Blu Celeste , unica prova ad oggi del nostro, è nuovamente fra i primissimi nella Hit Parade, eppure il pezzo vincente del Festival non è stato aggiunto alla tracklist dello stesso; mossa questa che Blanco ha giustificato parlando del pezzo come un appuntamento unico col collega ed amico Alessandro Mahmoud ( nome completo di Mahmood ndr ), e fuori dalle logiche, anche emotive, con cui invece sono stati messi assieme i pezzi dell’album. Del resto lo aveva già fatto con la super hit Mi fai impazzire.
Questa sua considerazione mi ha dato la spinta finale. L’ho trovata una risposta intelligente si, ma anche rispettevole di tutti quelli che magari il disco lo hanno già comprato ( parlo di quello fisico ) ed è ingiusto che si trovino sulla mensola di casa un lavoro che risulterebbe incompleto.
E’ arrivato il momento, devo recensire Blanco, mi son detto, anche perché se prima non l’ho fatto è stato solo per mancanza di tempo!
Per tanto ecco a voi…
Blanco Blu celeste recensione
Blu Celeste è lavoro rivelatore non solo di un nuovo talento del rap/trap/urban italiano, ma di un artista che riscrive le regole degli stessi stili, partendo dalla cosa a mio avviso basilare: saper cantare.
Tutti gli effetti applicati sulla voce, figli dell’imperante moda del momento, non riescono a nascondere la cosa e Sanremo in questo è stato ancor più rivelatore. Come Notti In Bianco, il primo singolo, in cui per Riccardo Fabbriconi ( vero nome del nostro ndr ) il discorso, apparentemente trap, passa per cambiamenti d’intenzione interpretativa non soliti allo stile, un’esplosione ritmica rock per l’inciso ed il lancio di falsetti che anche più famosi e longevi colleghi si sognano.
In Ladro Di Fiori c’è un bellissimo sound d’atmosfere 80 su cui è appoggiata la costruzione di una canzone che di quegli anni ne rispetta le metriche, le aperture, l’inciso che si fa ricordare. Anche Paraocchi funziona grazie alla base che incalza, anche se, nello specifico, non apprezzo l’ “ovattamento” eccessivo della voce. Trovo che Blanco non ne abbia bisogno.
In Blu Celeste , la title track e seguito promozionale, si svela una capacità più che intima direi intimista; è un discorso quasi urgente che poco s’interessa del mondo radio eppure è riuscito ad appropriarsene perché estremamente vero, riconoscibile.
Discorso che diventa invece poi un grido d’amore nella successiva promozione di Finché Non Mi Seppelliscono, che unendo synth ad un sentore di strumentazione reale, mette una dietro l’altra parole non convenzionali per dichiarare un sentimento; chi si è mai sentito dire: anche se prendessi un ergastolo, finché non mi seppelliscono sto con te?
La melodia torna in Lucciole, quasi tutta voce e atmosfere per raccontare di paure e di attese per un qualcosa che arrivi a coprire un dolore proprio, o quello degli altri come in David, tra il peso dei segreti e la “curra” ( detto proprio così con due r ) intesa come protezione da voler offrire. Queste si contrappongono all’irriverenza di un brano come Pornografia , che ha messaggio e propensione rock sprecate poi però in qualche effetto liftante di troppo.
Come la maggior parte dei dischi odierni e di questi mondi sonori da Darkchild in poi, resta deprecabile l’immancabile annunciazione di se stessi ( e qui anche del producer Michelangelo, figura fondamentale nell’evoluzione musicale di Blanco) per ogni brano, ma Blanco, a parte questo vezzo comune, qualche d’ingenuità qui e lì, come le famose accento a c***o ed un paio di pezzi con qualche parolaccia di troppo che fa perdere effetto a quella che magari avrebbe meritato d’esserci per davvero, come nell’esplicativa Figlio di P*****a , riesce per lo più a scappare dalle omologazioni e a manifestare prodigiosamente, data l’età, la sua di vena artistica.
Si, l’artista c’è. C’è anche nel suo modo d’apparire, nell’avere le sembianze di un angelo che all’occorrenza, come Giano bifronte, volta la testa e mostra quel sorriso beffardo e maligno, fra nudità volute ma più liberatorie che per volgare ostentazione.
Un insieme scoppiettante da incanalare tutto nella giusta direzione, evitando di ripetersi e tenendo nel mirino proprio il sacro fuoco dell’arte.
Per il momento la partenza, non c’è che dire, è proprio buona.
BRANI MIGLIORI: Finche Non Mi Seppelliscono, Blu Celeste, Lucciole
VOTO: Sette 1/2
BLANCO BLU CELESTE TRACKLIST