Co’sang Dinastia recensione.
Dinastia segna il ritorno dei Co’sang, atteso da più di un decennio e invocato a gran voce un po’ da tutta la scena rap. Tra l’altro il duo sarà live con due concerti evento a Napoli proprio nel mese di settembre (ne abbiamo parlato qui).
Passiamo alla recensione del disco che abbiamo ascoltato in anteprima per voi.
Co’Sang Dinastia recensione
Ci troviamo di fronte ad un album che scava fino in fondo nella tradizione sonora di un genere che aveva bisogno di Ntò e Luchè in grande spolvero e, per fortuna, lo stato di grazia dei due si sente fin dalla prima canzone.
Nu creature int’o munno è Napoli, sono i Quartieri Spagnoli, le Vele, il Vesuvio che affaccia con tutta la sua maestosità sul Golfo e racconta la vita di questo popolo.
Continuare con Carne e Ossa significa immergersi nel flow di un Luchè in formato ‘prime’ con un extrabeat da togliere il fiato, sulla produzione east coast di Pepp ‘O Red, e Ntò perfetto contraltare a dettare il flow.
Facciamo un giro nella sfera nelle atmosfere Nineties del Bronx, NYC, con Nun è Mai Fernut. R&B nudo e crudo che sembra preso direttamente da una casa di produzione dei vari Ne-Yo, R.Kelly, Aaliyah, Destiny’s Child. Le influenze americane fanno parte a piene mani di Luchè e in questa traccia, forse, raggiungono la massima potenza artistica, coadiuvato da un ottimo Geeno alla produzione.
Arrivati a Cchiù Tiempo arrivano anche i primi ospiti, i Club Dogo, e la mano di Don Joe sulla produzione si sente. Immaginate i fiati, le trombe e i tromboni di Istinto Animale (brano pre-estivo di Don Joe con Guè, Ernia e Annalisa) e traslate tutto in questo mondo R&B che, ormai è una certezza, Geeno sa cucinare molto bene.
Il flow è pazzesco e gli incastri tra tutti i quattro protagonisti (Luchè, Ntò, Guè, Jake La Furia) sono una manna dal cielo delle barre in 4/4.
Dopo la dogogang è tempo dell’artista tra i più innovativi e misteriosi d’Italia, Liberato, a cui viene affidato il compito di aprire con la sua voce melodica Sbagli e Te Ne Vai. In questo caso è palpabile la presenza di sonorità provenienti dalle mani e dalla mente dei producer più attivi di questo album, Geeno e Dat Boi Dee coadiuvati da Torok che ritroveremo in un altro brano più avanti.
E’ l’unica traccia, tra l’altro, dove i tre si ritrovano insieme. R&B, sonorità attualissime miste al rap prima scuola e alle linee melodiche classiche a cui Liberato ci ha abituato in questi anni.
Nu Cuofn ‘e Sord è costruito in modo strano, nel senso che i primi secondi sono scanditi dalla voce soave di un bambino che, subito dopo, viene interrotta dal rap quasi aggressivo di Luchè e Ntò quasi come a volere dire a questo stesso bimbo “fatti da parte e lascia parlare gli adulti“. Anche la musica contribuisce a far respirare questa atmosfera e l’incessante beat senza fiato di Luchè amplifica tutto.
Superata la metà dell’album arriva il king del rap, Marracash. Poche barre per lui su un beat classico rap fornito dal sempre impeccabile Geeno. E’ palpabile il cambio di atmosfere già dal brano precedente. Adesso è tutto più duro, più crudo e molto più street. Qui siamo ‘n’mienz a via’, presi per mano dai Co’sang in grande spolvero.
O Primm Post è il singolo di apertura del progetto, pubblicato già lo scorso 2 agosto e che, adesso che stiamo viaggiando tra tutte le tracce presenti nell’album, possiamo confermare essere molto coerente nel sound e nelle atmosfere. Del resto, anche in questo caso ad occuparsi della produzione è Geeno. Non c’è storia, quando un progetto è curato da poche e riconoscibili mani lo si sente subito.
Così come successo in Nu Cuofn ‘e Sord, anche Vincente si apre con la punchline di questo bambino in festa seguito dalla profondità vocale di Luchè e Ntò. Si guardano alle spalle, guardano cos’hanno costruito, cos’hanno perso e guadagnato senza rimpianti e rimorsi.
In un album voluto, portato avanti, creato e pubblicato da due tra i rapper più rappresentativi di Napoli non poteva di certo mancare il principe del flow moderno, Geolier. Arriva in Perdere ‘a Capa e diventa il perfetto collante tra rap vecchia scuola e nuovo rap.
La parte melodica continua anche senza Emanuele in Comme Na Fede. Si ritorna nella east coast e si capisce facilmente che questo terreno di gioco, per Luchè, significa giocare in casa. Quasi come se fosse sul prato del Maradona a Napoli.
L’album si chiude con la title track, Dinastia, che inizia in modo quasi etereo. Una voce femminile che porta direttamente in volo sul mondo. Ci pensano i Co’sang con il loro flow a riportarci con i piedi per terra e a fare da contraltare a queste melodie paradisiache con il racconto della loro vita fatta di sofferenza, caduta e risalita. Il saluto di due padri alla nuova generazione, senza fronzoli e senza prese in giro.
Come chiudere quindi la recensione di Dinastia dei Co’Sang? Semplicemente dicendo che l’album è coerente nel sound dall’inizio alla fine, non si perde in fronzoli e va dritto al punto. La mano dei tre producer principali si sente ed è perfetta per lo stile di Luchè e Ntò. Tutto si mescola con la giusta efficacia e si può solo andare fieri di tutto il progetto.