Maneskin Teatro dell’Ira Vol.1 recensione a cura di Fabio Fiume.
Quando i Maneskin hanno sbancato Sanremo, appena qualche settimana fa, è parso a tutti che aria nuova era in circolo in cucina. Il rock sbanca il Festival della tradizione… come se il rock non fosse tradizione! Certo, non lo è mai stato troppo per quel palco, ma la musica rock, quella che riempie i timpani, ti frastuona la testa, ti fa intravedere in sudore di chi lo suona, è tra le basi di tutto quello che ascoltiamo: è la storia.
I Maneskin hanno fatto vedere tutto questo sul palco dell’Ariston e no; non hanno portato nulla di nuovo ma hanno semplicemente mostrato se stessi, senza scendere a compromessi, senza prestare il fianco alla melodia, con cui pur sanno condire talune loro canzoni, per piacere a tutti i costi alla signora quest’anno seduta comodamente sul divano di casa, piuttosto che in prima fila, finendo però col piacere pure a lei.
E adesso ecco la prova del nove, il nuovo album, questo Il Teatro Dell’Ira – Vol. 1 che ben arriva a rappresentare tutto il loro mondo; ed è un mondo che, come detto, pesca a doppie mani nella storia del rock, quello tosto degli anni 70, dove le varie diramazioni, contaminazioni, erano all’ordine del giorno e dove, non da ultimo, l’abito, il colpo di teatro è parte integrante dello show, della musica.
Ne’ Il Teatro Dell’Ira – Vol. 1, trova spazio la sanremese Zitti e Buoni, che non è nemmeno la cosa più interessante contenuta nel progetto; è però sicuramente vetrina esplicativa, ben montata da vetrinista esperto, che ha permesso di accendere su di loro curiosità che adesso invita ad entrarci nel negozio, a chiedere alla commessa di vedere altro.
E altro è il gioco ritmico possente di Lividi Sui Gomiti con strofe costruite per creare attesa e lasciar scoppiare un inciso glam rock in cui autocelebrarsi come realtà di band consapevole dei propri mezzi, pavoneggiarsi come i grandi signori di stile han fatto prima di loro, finendo nella storia. O spingersi verso l’hard come In Nome Del Padre dove Damiano & soci si appropriano del gioco spesso usato, che mette in relazione chitarre e religione; qui è la sacra trinità a diventare protagonista, rendendola parte integrante dell’inciso.
La paura del buio vibra tra una bella variazione di strofe e inciso, ( ed uno special mica da ridere ) dove si canta di come si può essere pur distrutti, ma pronti a rialzarsi e ripartire se non si ha paura del buio, mentre in For your love è il basso che diventa il punto di forza; questo pezzo sceglie di essere più melodico nell’inciso. Bellissimo lo special musicale, dove è impossibile non seguire il ritmo con ognuno dei musicisti che si prende il suo spazio, un po’ come si fa nei concerti, per mostrare la propria arte.
Per chi poi ha invece nostalgia di quando i Maneskin cantavano di Marlena adesso è la volta di Coraline, che diventa protagonista del nuovo canto appassionato di Damiano. Il pezzo ha in se vari cambi d’intenzione e di potenza ma, in nessuna di questa parti, perde consistenza; è un racconto, una visuale profonda di una personalità, di una vita, che prende spessore anche grazie ad un sostegno musicale corposo, sudato sugli strumenti, vecchia maniera, ma che vecchia poi non è mai.
Il Teatro Dell’Ira – Vol. 1 è un disco bello, solido, piccolo magari, ma pieno in ogni sua parte dei Maneskin, con esso, possono chiarire a tutti di non essere una bugia. Il loro mondo è proprio questo.
MANESKIN TEATRO DELL’IRA – VOL.1
- Zitti e buoni
- Coraline
- Lividi sui gomiti
- I Wanna Be Your Slave
- In nome del padre
- For Your Love
- La paura del buio
- Vent’anni
BRANI MIGLIORI: Coraline, For Your Love; La Paura Del Buio
VOTO: 8+/10