C’era una volta un ragazzotto dal discreto talento compositivo, un amore smodato per la chitarra, un bel faccino ( che non guasta ), uno spiccato accento della regione da cui proviene la lingua italiana, una voce senza grandissime possibilità ma personale ed espressiva. Quel ragazzo concorreva nel talent più longevo della tv italiana, Amici di Maria De Filippi, ma ad un passo dalla finale, un’altra caratteristica, l’impenitente testardaggine, lo portarono ad abbandonare lo show per regalare la possibilità di proseguire ad una ballerina della scuola, allora sua ragazza. Eh si, possiamo quindi metterci tra le caratteristiche anche altruismo ed una cavalleria d’altri tempi, seppur dettata da un sentimento. Quel ragazzo era Enrico Nigiotti, approdato di li a poco ad un album solista, che vantava la benedizione e pure scrittura di Gianluca Grignani, a cui il bell’Enrico sembrava ispirarsi anche, con l’aria da bello e maledetto e come tale inseguito ma non capito.
Il disco dopo aver conquistato la top 40 per qualche settimana si sgonfiò in fretta e le attenzioni su Nigiotti si affievolirono prima che il nome potesse restare impresso. A nessuno fregava più di quel faccino, di quella chitarra ben suonata, delle sue composizioni. Che fare quindi? Tornare alla vita comune, che nel frattempo lo aveva allontanato anche dalle vorticose gambe della sua bella e ripartire da capo, con la convinzione che le nuove cose, che frattempo continuava a scrivere, rimanessero per pochi intimi.
Però poi succede che questa storia che non meriterebbe d’esser raccontata a figli e nipoti, trova un epilogo nuovo; Enrico tenta Sanremo Giovani, mandando un brano pop arioso, Qualcosa da decidere, adatto alla sua età da cazzaro in fase di maturazione, uomo che capisce che in quella nuova storia c’è probabilmente qualcosa da valutare, una possibilità che si può decidere di cancellare o prender per mano e salvare. Si chiama maturità, appunto, ed Enrico Nigiotti la propone con quel piglio ruspante di chi schiaccia sull’impressione, sul brano che deve arrivare, scavallando i limiti vocali, cercando altre vie. Risultato?
Le vie sono state trovate ed il nostro non solo sorpassa agevolmente lo sbarramento, approdando al festivalone dove concluderà terzo a pari merito con Amara, ma strappando un contratto discografico con la Universal Music. La produzione del disco trova nell’attento Brando la persona giusta ed il Nigio ( così viene chiamato dagli amici ) si propone in dieci brani per il suo come-back, a cui decide di dare lo stesso titolo di quel fortunato brano e primo singolo.
Il lavoro è un attento viaggio nella provincia fatta di bar, birre, piazze e sentimenti, con dei momenti molto riusciti e con qualche altro da spiegare. Ora che non è tardi è un probabilissimo singolo, che giova della stessa forza del pezzo sanremese, tutto chitarre, inciso ficcante e nuove convinzioni, quelle di un proprio momento da sfruttare perchè è ora di farlo. Crescita e maturità contrapposte stavolta a vizi ed accettazione degli stessi, ( qui anche un concetto capito a metà che ci riserveremo di chiedere all’artista in caso d’intervista ) alla base delle belle ritmiche di Chardonnay, il cantabile pezzo che ricorda che le favole con le principesse nei castelli non esistono, i rospi non diventano principi, tra quel bicchiere in più, puttane tra cui si nascondo donne da non perdere, voglie sedate di giorno che di notte diventano irrefrenabili. Piccola pesca è la ninna nanna che non ti aspetti ed arriva tra un amore che se ne va lasciandoti nudo tra Il tempo non rispetta ed i piccoli accenti da ballad rock di Gli ultimi sopravvissuti. Profuma di Britti invece la chiusura di Goccia a goccia.
Con Qualcosa da decidere il Nigio si gioca la sua seconda possibilità; non molti artisti giovani di questi tempi ne godono. Il disco è una ripartenza convincente, soprattutto se a supporto c’è una testa meno impulsiva ed imprenditrice di se stessa. Sarà così?
VOTO: Sei 1/2