Abbiamo dato il nuovo disco di Sfera Ebbasta Rockstar in mano a uno che di musica rap ci capisce da tempi non sospetti, Federico Traversa, e gli abbiamo chiesto di recensire per noi il disco di quello che i numeri indicano come il fenomeno musicale del momento.
Ecco la sua recensione che lui riassume nella frase… Per la serie: continua l’era della musica da xanax…
È sempre la solita storia, tutte le volte che le classifiche Fimi vengono scosse dall’arrivo di qualche rapper, o presunto tale, il direttore di All Music Italia mi chiama supplicandomi di recensirne il disco. E usa pure parole al miele: “Dai, Fede, hai scritto libri con Vacca e Babaman, collaborato con Fabri Fibra, Piotta e Tormento, sei una penna autorevole e rispettata nella scena“.
Esattamente questo mi dice, ma non è vero. La verità è che nella sua redazione in pochi capiscono di rap e allora si rivolge a me. Ma ormai sono fuori tempo massimo. Ho più di 40 anni, la scena che frequentavo ai tempi non esiste più. Quei pionieri eterogenei in lotta per un metro di palco oggi sono quasi tutti artisti più o meno affermati che hanno una certa età e spesso producono altri giovani artisti. Che non conosco perché troppo distanti anagraficamente da me. Loro giustamente raccontano le loro storie, tracciano la loro generazione, descrivono i loro turbamenti. Che non possono essere i miei. E per parlare di musica le note, nel bene o nel male, devi sentirle sulla pelle.
Lo dico forte e chiaro al direttore ma lui mi supplica perché il disco di Sfera Ebbasta – di questo stiamo parlando – sta infrangendo ogni record di vendita, con 11 brani in classifica, l’album in testa sia negli streaming che nei cd… e pure fra i vinili. Insomma si vende come e più del latte.
E allora dico ok, anche se trovo la trap e tutto quell’autotune assai sgradevole, per non dire di peggio.
La verità è che un po’ sono curioso, ho sempre pensato che il successo devastante, quello che non fa prigionieri, raramente sia immeritato. Se così tanta gente compra e ascolta la tua musica vuol dire che qualcosa da dire ce l’hai per forza.
Comunque… Sfera Ebbasta, all’anagrafe Gionata Boschetti, è un venticinquenne milanese nato e cresciuto a Cinisello Balsamo, periferia nord di Milano. Ha iniziato come molti caricando video su you tube, cercando di farsi conoscere e apprezzare. Il suo songwriting? In linea con i tempi disimpegnati di oggi: figa, storie di microspaccio, club, sbocciate in compagnia e irrefrenabile desiderio di arricchirsi in culo a ogni morale. Insomma, non certo Kendrick Lamar.
Un passo alla volta, il successo cresce e il buon Gionata – con la sua sobria pelliccia rosa e i suoi altrettanto sobri denti d’oro – diventa insieme a Ghali uno degli esponenti di maggior successo del genere trap.
E con il suo terzo disco ufficiale, Rockstar, uscito il 19 gennaio per Universal e prodotto dall’immancabile amico/produttore Charlie Charles, fa il botto. Nelle prime 24 ore di uscita le canzoni di Rockstar raccolgono oltre 8 milioni di ascolti in streaming; due addirittura finiscono nella Top 100 della classifica globale di Spotify, una cosa mai successa prima a un artista italiano.
Sì, ma com’è questo disco dei record?
Sinceramente devo dire che è parecchio bruttino. D’altronde la trap è la trap, la ami oppure la detesti. E come vi ho già detto al sottoscritto rovescia lo stomaco. Rappresenta il suono della svogliatezza e degli psicofarmaci che si mangia quella rabbia giovane e insana che dovrebbe guidare le nuove generazioni verso la rottura con questa società malsana attraverso la creazione di qualcosa di originale, che possa far muovere la testa quanto il culo.
Eppure non tutto è da buttare. Il disco è prodotto con maniacale cura e suona pulito, centrato, dritto. Certo, Sfera chiude una rima ogni quarto d’ora ma quel suo stile un po’ indolente e frammentato con cui racconta le sue storie e quelle dei ragazzi cresciuti tra quei palazzi lì (Uber) certamente funziona.
Testi semplici, autobiografici, che raccontano la vita di un giovane rapper di successo perso in questi anni dieci, fra i dolori e le aspirazioni dello star system (Ricchi x Sempre), le esperienze con i vari drogaggi adolescenziali (Sciroppo, Serpenti a sonagli), l’eccessiva auto celebrazione (Leggenda, 20 Collane), l’amore da baci perugina lisergici (Cupido), e tutte le altre sciocchezze che nutrono le giovani larve di questo secolo.
Nonostante i temi trattati siano assai banalotti, bisogna ammettere che Sfera li tratta con una certa freschezza, trovando metafore, aneddoti e analogie che dimostrano un discreto talento nella scrittura che compensa, almeno in parte, la pochezza del flow. Della produzione vi ho già detto, trap al 100%, e cioè groove scuro, ripetitivo, ossessivo, cupo. Musica da Xanax però fatta discretamente bene.
D’altronde il ventitréenne Charlie Charles è il guru del genere in Italia, e si sente. Parliamo di uno che, pur vincendo facile per mancanza di concorrenti, lo fa con pieno merito. Peccato solo che i dischi di Sfera e Ghali suonino davvero troppo uguali nei suoni, ma uguali così tanto da far pensare a Charlie chiuso in bagno che si picchia da solo accusandosi di plagio.
Ma non è certo questo il problema di Rockstar. Il limite maggiore di questo album è che manca l’ironia, manca la spregiudicatezza e manca pure quell’utopica e folle idea di cambiare lo status quo che hanno dentro i numeri uno di qualsiasi genere musicale, dal rock all’hip hop.
Il mondo di Sfera è individualista, egocentrico, furbetto, avviluppato su sé stesso, un mondo dove tutto deve essere griffato come una scarpa da ginnastica, e lo sfondo su cui si muovono gli attori è solo e soltanto inconsapevole nichilismo, di quello più becero. Ah, e non c’è neanche una goccia di colore.
Ma, attenzione, Sfera non è né l’artefice né il colpevole di questa visione sterile della vita, ma una semplice conseguenza. I mostri siamo noi e i nostri padri, che abbiamo permesso che i venticinquenni di oggi si nutrissero del nostro nulla fino a diventare macchie grige che pensano spazzatura, si tengono lontano da tutto ciò che possa accrescere la loro consapevolezza, tarino tutto sull’apparenza, se ne strafottano degli altri e ritengano che l’equazione soldi uguale felicità sia l’unica regola valida della vita. Che è una cazzata grossa come una casa ma capace di creare l’ennesima generazione di futuri adulti ricchi, soli e infelici che tradiscono, mentono, raggirano, sfogano la propria frustrazione sui figli e votano la destra estrema perché odiare qualcuno li fa sentire meno soli.
Ma alla fine a Sfera questo importa poco, e giustamente direi. I suoi dischi vendono, lui è primo in classifica e se la gode. A 25 anni sarebbe un pazzo a non farlo. E pazienza se gli manca la scanzonata incazzatura dei primi Dogo, le rime acide di Fibra, le visioni tetre di Salmo, l’intelligenza di Ghemon, il flow di Tormento o Marracash, le basi profumate di R n’ B di Big Fish, eccetera, eccetera. Chi arriva primo in classifica ha (quasi) sempre ragione.
Quindi complimenti a Sfera Ebbasta e applausi per lui. L’importante è tenere bene a mente questo assioma: la differenza che corre fra un disco autenticamente trap e uno autenticamente rap è la stessa che c’è fra una svapata con un ecig e un bel tiro di siga. La prima ha un aroma più profumato, un design figo e pare faccia meno male. Ma la seconda è dannatamente più buona.
Al giorno d’oggi, comunque, temo sia decisamente più saggio non fumare affatto e ascoltare altro nella speranza che arrivino tempi migliori.
BRANO MIGLIORE: Suonano tutti uguali, comunque direi Rockstar
VOTO: 5
TRACKLIST
1 Rockstar
2 Serpenti A Sonagli
3 Cupido Ft Quavo
4 Xnx
5 Ricchi X Sempre
6 Uber
7 Leggenda
8 Bancomat
9 Sciroppo Ft Drefgold
10 20 Collane
11 Tran Tran