Fin dal primo ascolto ciò che colpisce del nuovo album di Alessandra Amoroso è la differenza di intenzione rispetto ai precedenti lavori discografici.
La cantante salentina, fin dal primo inedito in salsa amiciana, si è distinta per un repertorio certamente riconoscibile ma allo stesso tempo ridondante e fin troppo veemente, nonché, troppo cupo. Strazi d’amore come se piovesse in quelle tracklist che sembrava difficile distinguere.
Non mancavano pezzi meno pomposi e più sbarazzini, come Bellezza incanto e nostalgia, I’m a woman o Che peccato, tuttavia rimanevano dei filler sorridenti in mezzo a tante, troppe lacrime.
La differenza di intenzione, dicevamo. La Amoroso di Vivere a colori si diverte e sorride, con la coerenza del passato ma con un bello sguardo sereno al futuro. Nel disco c’è la svolta che tanti si aspettavano e che stupisce.
C’era bisogno dell’amicizia e della penna di Elisa per far cantare Alessandra di gioia e far battere finalmente le casse anche nella sua discografia, che si arricchisce e ringiovanisce con le sorprendenti tracce pop-dance Vivere a colori e Comunque andare.
Sembra di vederla sorridere, Alessandra, mentre si libera cantando “Sei tu il mio re, io la tua regina, in una eterna Roma“, togliendosi le catene al grido di “Voglio ballare e sudare sotto il sole, non mi importa se mi brucio la pelle, i secondi, le ore“, in cerca di quella serenità anche “musicale”, di cui aveva bisogno. D’altronde nella piacevole Se il mondo ha il nostro volto, scritta da Roberto Casalino e Dario Faini, spicca la frase: “Metto da parte le ferite, adesso“.
Arrangiamenti serrati anche per il brano che chiude la tracklist, Il mio stato di felicità, firmata sempre da Faini, assieme a Cheope e Federica Abbate, la sorpresa del 2015 per l’autorato italiano. Un pezzo che fin dalle prime note si immagina all’interno dei palazzetti per il tour che la vedrà presto protagonista e sebbene sia una delle tracce che meno convince dell’album, al suo interno vi è una dichiarazione importante: “Ogni scelta che ho fatto, l’ho fatta a mio modo (…) non mi aspetto che il mondo mi comprenda, ma non mi pento mai di essere stata me stessa“.
La vita in un anno è l’anello di giunzione fra la nuova era e il precedente Amore puro, una sorta di Fuoco d’artificio 2.0. Porta la firma del giovane autore Michael Tenisci e Tiziano Ferro, che quel disco e quel brano li ha scritti e prodotti, il mondo è proprio quello di Ferro, capace di scrivere pagine di diario musicali con stile e personalità.
Alessandra è cresciuta nel tempo, la sua voce è diventata il mezzo perfetto per cantare l’amore e l’album è la prova della sua maturità come interprete. Note rotonde, profonde, calde. Come quelle di Stupendo fino a qui, il “buzz single” firmato da Federica Camba e Daniele Coro, che ha anticipato il disco e che da subito si è posto come uno dei migliori singoli della carriera della cantante con la sua emozionante irruenza.
La coppia Camba-Coro, artefice in qualche modo della nascita artistica della Amoroso, firma altri tre brani del disco, due dei quali non troppo convincenti: L’unica cosa da fare, che ripiomba purtroppo nei laceranti stilemi quasi neomelodici del suo passato (“Non mi dire niente, non mi dire amore, non mi dire per sempre (…) Io non credo più a niente, io non credo all’amore, io non credo al per sempre“) e Non sarà mai, riempitivo retrò, un pelo blueseggiante.
Promossa la commovente Appartenente, tenero racconto di un amore già finito ma mai ripudiato: “La vita ti porta lontano, l’amore ti ritroverà. Va bene così, ovunque sarò, negli occhi sognanti di chi un giorno mi amerà, io ti cercherò… chissà cosa fai adesso e per sempre, magari con lei sarai appartenente“.
Daniele Magro regala alla collega due brani di buona fattura pop, la ariosa Avrò cura di tutto, forse il pezzo più adatto ad essere suonato nelle radio nostrane, con un bellissimo special d’archi, e Fidati ancora di me, un’appassionata e positiva power ballad in cui l’amore si conferma come perno centrale.
Le firme di Casalino e Faini tornano in Sul ciglio senza far rumore, ennesima canzone romantica che rimane sospesa nel limbo dell’indifferenza senza risaltare né per pregi tanto meno per difetti, a differenza di Mi porti via da me e Nel tuo disordine.
Vanno in coppia, seppur scritte da autori diversi, perché entrambe si fanno notare per lo stesso motivo: attingono a piene mani dal repertorio classico della musica italiana, senza voler per forza strizzare l’occhio alle mode. È un buon artigianato, dalle venature rock e blues.
Mi porti via di me, scritta da Andrea Amati e Valerio Carboni, ha l’arrangiamento più bello e sincero del disco, genuinamente ruvido. Alessandra è all’altezza di un brano dall’interpretazione non facile, un sentimento soffocante che spegne la vitalità: “Vai via da me, perché mi porti via da me? Perché non mi sai neanche più capire, no, così mi fai morire, mi consumi“.
Nel tuo disordine porta la firma di Federico Zampaglione, leader dei Tiromancino. Si rimane sui toni scuri, ma a differenza del brano sopracitato, in questo la crisi di coppia cerca uno spiraglio per tornare a splendere, apparentemente senza successo: “È solo un giorno che passa, non si accende, e ti delude un po’. Niente, non è niente, tutto a posto, così com’è… dove guardi? Fammi spazio, nel tuo disordine“.
BRANO MIGLIORE: Stupendo fino a qui
VOTO:
su 5
TRACKLIST:
1) Stupendo fino a qui
2) La vita in un anno
3) Avrò cura di tutto
4) Vivere a colori
5) L’unica cosa da fare
6) Comunque andare
7) Mi porti via da me
8) Sul ciglio senza fare rumore
9) Appartenente
10) Se il mondo ha il nostro volto
11) Nel tuo disordine
12) Fidati ancora di me
13) Non sarà mai
14) Il mio stato di felicità