Ci risiamo, appena 24 ore dopo l’overdose di musica italica, siamo di nuovo scomodamente seduti ad assistere alla seconda serata del Festival di Sanremo targato Carlo Conti. Una manifestazione su cui quest’anno non avrebbe scommesso nessuno, un po’ per il basso budget, un po’ per la scelta di affidare la conduzione all’usato sicuro ed economico chiamato Conti e un po’ anche per la pochezza degli ospiti e dei cantanti in gara. Son finiti i periodi delle vacche grasse e delle centinaia di migliaia di euro date al Russel Crowe o al Travolta di turno per dieci minuti d’intervista.
E invece, se la prima serata non è stata memorabile per contenuti, certamente lo è stata in fatto di ascolti totalizzando il 49% di share! Una roba che neanche Pippo versione salva aspiranti suicidi aveva ottenuto. E di certo non ce l’ha fatta Fazio l’anno scorso, fermandosi intorno al 45%. Quindi, preso atto che il nazional popolare tira ancora più della narice destra di Escobar, attendiamo con ansia la seconda serata.
Partiamo con la gara dei giovani. I Kutso contro Kaligola, grazie a questo stupido regolamento che prevede sfida secca a due e l’eliminazione diretta. Iniziano i Kutso che si presentano con quel fare demenziale che vuol far ridere e invece ti spinge verso la boccetta dei farmaci. In questo paese essere scemi pare un merito acquisito… Va be’… Pezzo orecchiabile, un po’ Quintorigo e un po’ Elio e le Storie Tese. Sì, lo so, il tipo ha la voce vagamente simile a Demetrio Stratos ma il paragone finisce qui. Comunque discreti. Voto 6,5.
Kaligola invece fa tenerezza, sembra uno di quei bambini che a scuola tutti amano picchiare senza un apparente motivo. Il suo pezzo…emh, preferirei soprassedere. Perche prima bisogna fare un passo indietro e cercare di capire come questo sia arrivato fino a qui. È stempato a dei livelli raramente visti su un palcoscenico. E non avere senso del tempo, anche se fai rap annacquato, non è un difetto da poco. Testo niente male ma questo deve studiare, studiare tanto. Voto 4,5.
Enrico Nigiotti è emozionato e si vede. Il suo pezzo è senza infamia e senza lode. Meglio ai falò in spiaggia che a Sanremo, anche se bisogna ammettere che la canzone vocalmente non è facilissima.
Voto 5,5 per il Jason Mraz di noialtri.
La savonese Chanty ha voce e presenza, su questo non c’è dubbio. La sua canzone occhieggia al soul post moderno, è iper arrangiata e presenta pochi guizzi. Peccato perché lei è bravissima.
Voto 6.
Inizia la gara dei big. Dentro Nina Zilli, un passato indie e un presente in cerca di collocazione nel mondo del pop nostrano.
Uno swing alla Nina Simone accattivante. Peccato che la tonalità scelta non sembri perfetta per la sua voce e che l’orchestra non la supporti come si deve, troppo legata agli artifizi del metronomo che rimbalza in cuffia. Per Nina ci vorrebbe la band di Burnin Spear non l’orchestra dei fiori. Brava comunque.
Voto 6,5.
Masini mi ha spiazzato di brutto. Sembra il sosia di Eric Clapton, stessi occhiali e stessi capelli. Poi inizia cantare e sono tears in heaven per chi lo ascolta. Perché lo fai, Marco? Sei fermo a trent’anni fa. La voce perlomeno regge.
Voto 5.
Tocca ad Annina Tatangelo. Mi ha sempre fatto paura la ragazza. È inquietante, la bambina nata signora che ringiovanisce invecchiando. La risposta pop a Benjamin Button. Il suo pezzo sembra la quarta traccia, quella più anonima, della soundtrack di un kolossal della Disney. Emozioni? Cercatele altrove. A suo discapito va detto che il palco lo sa tenere con sicurezza e le sbavature bussano sicuramente a un altro indirizzo.
Voto 6.
Quanto ho amato Raf in gioventù. Mi fa male vederlo così provato, stanco, in debito di voce, costretto ad arrancare su un pezzo debole dal testo scialbo. Però ne apprezzo il coraggio. Ma solo quello.
Voto 5.
Dopo il medley di Biagione Antonacci e Conti che in iperventilazione intervista la bella Charlize Theron, riparte la gara.
Tocca a Il Volo. Chiedo al mio amico Matte Cerboncini – uno che caca musica senza bisogno di lassativi e che sta per far uscire un disco con i Mama Suya per cui Sanremo non sarà mai pronto – chi cazzo sono questi. L’aspetto è di quei tre ragazzini che pubblicizzavano un sapone antibrufoli negli anni ottanta, ma quando cantano lasciali stare: voce da brividi, arrangiamento sontuoso, archi violenza, refrain moderno su struttura quasi lirica. Caramelle allo zucchero per la platea di Sanremo e pezzo da podio. Chapeau!
Voto 7,5. Insomma, un volo da paura.
Si prosegue con un omaggio danzante al grande Mango. Il povero Pino doveva morire per essere riconosciuto per il grande artista che era, un cantautore con una propria identità, che ha fatto della contaminazione dei suoni profumati di mediterraneo il proprio marchio di fabbrica.
Irene Grandi è simpatica e il palco lo tiene da navigata professionista. Eppure funziona di più quando strizza l’occhio al rock radiofonico. Il pop d’autore che presenta stasera non è nelle sue corde, le consiglio di tornare a fare quello che le riesce meglio. Il pezzo lo salva, solo in parte, il finale arioso…
Voto 6.
Lorenzo Fragola mi sorprende: ritornello d’impatto, pezzo ben arrangiato, armonie che funzionano e timbro sicuro. Le radio sono già alla fase masturbatoria. Secondo me dovrebbe imbruttirsi un po’, un maori in faccia alla Tyson e il futuro è il suo. Occhio che non ci pensi prima Chris Martin.
Voto 7.
I Soliti Idioti presentano Vita d’inferno, come non dargli ragione. Spunti da anni d’oro del cabaret, alla Cochi e Renato per intenderci. Divertenti ma adesso a casa che la musica è una cosa seria.
Voto 5,5.
Bianca Atzei è una bella sorpresa. Lei sa sporcare bene la voce, rendendo un pezzo senza particolari picchi, da compitino, in qualcosa che riesce ad emozionare.
Voto 7.
Chiude Moreno e, credetemi, faccio fatica a commentarlo, capitemi… è anche mio concittadino. Vediamo gli aspetti positivi: almeno ha imparato ad andare a tempo. Per la qualità aspettiamo la prossima volta.
Voto 4,5.
Quindi secondo i miei giudizi dovrebbero andare a casa questi quattro: Moreno, Raf, Masini e i Soliti Idioti.
Ieri sera ne ho presi 2 su 4. Stasera posso fare peggio, se mi impegno.
Con l’amletico dubbio, spengo gli occhi e raggiungo Conti sotto il lettino solare.
A domani.
Federico Traversa