Mango La rondine Testo & ConTesto. Il Prof di latino Davide Misiano analizza per noi il testo di La rondine, la canzone di Mango che la figlia Angelina canterà al Festival di Sanremo 2024 durante la serata delle cover (la nostra intervista all’artista qui). A lui la parola.
Quando penso alla rondine, penso sempre a un ritorno. È così: se scavo nel mio personale serbatoio di immagini poetiche, quello costruito spontaneamente nel tempo dai depositi delle letture che hanno trovato posto nella mia coscienza, vedo sempre una rondine che ritorna, foriera di un presagio oscuro o gravida della fatica di un viaggio.
Sarà che ho subìto il potere della rondine pascoliana, quella che nel X agosto fa da specchio all’esperienza esistenziale del padre del poeta, un uomo che torna al suo nido e trova incomprensibilmente la morte (“Ritornava una rondine al tetto: / l’uccisero: cadde tra spini:”, vv. 5-6 – “Anche un uomo tornava al suo nido: l’uccisero: disse: Perdono”, vv. 13-14). Sarà che quella poesia mi ha fatto un po’ male, turbando la mia anima di fanciullo e compromettendo la mia capacità futura di allargare lo spettro dell’evocabile.
Ah, dimenticavo, anche Corrado Govoni ci ha messo il suo zampino, o forse dovrei dire il becco: “Le rondinelle àn fatto già ritorno / al loro nido placido e sicuro / sotto il mio cornicione logorato… / O mamma, mamma, quando verrà il giorno / che gettandomi al tuo collo puro / potrò gridarti: – anch’io son tornato!” (Rondini, Firenze 1903).
Fatto sta che, quando penso alle rondini, penso sempre a qualcosa che ritorna, a un dolore che rimbalza indietro: così, mentre la natura ha voluto che il loro rimpatrio sotto i nostri tetti sia annunciazione della primavera, io ho sempre sviluppato a partire dalla loro immagine un senso di inquieta nostalgia. Ho conosciuto troppo tardi, ahimè, Le rondini di Lucio Dalla, con il loro movimento libero capace di riprodurre il battito più autentico della vita.
Pertanto, quando nel 2002 ho ascoltato per la prima volta La rondine di Mango – avevo appena 21 anni –, sono rimasto stordito dalle parole di quella canzone, articolate da una voce agile nelle sue evoluzioni tra i registri. Sono rimasto sbalordito nel cogliere delle movenze simboliche nuove in quell’animale, improvvisamente ‘ritornato’ nel mio immaginario, ma per popolare finalmente con nuove traiettorie la fantasia.
Mango cantava una rondine che andava, destinata probabilmente a non tornare. Cantava il coraggio di lasciare andare, senza negare il dolore dell’abbandono, è vero, ma con la consapevolezza che l’amore resta sempre, anche solo in quel desiderio che continua a costituirci.
MANGO LA RONDINE – La scelta di Angelina Mango (serata cover Festival di Sanremo 2024)
M piace molto che, in questo Festival di Sanremo 2024, la più promettente tra le giovani cantautrici del momento, Angelina Mango, abbia scelto di riproporre questo intenso brano del padre durante la serata delle cover.
Mi piace tanto quanto mi dispiace l’imbarazzante polemica che ne è conseguita, scatenata dalla frustrazione di chi deve rintracciare logiche di mercato o sentimentalismo languido ovunque: parac***ta o meno, la canzone è ottima, e nessuno è in grado di raccogliere un’eredità così bella come Angelina, che ha anche un’eredità di affetti e di insegnamenti da poter investire in quella interpretazione. Angelina ha una voce duttile e lacerante come quella del padre; inoltre conosce le pieghe più sottili dell’esperienza umana che ha generato quella canzone.
Perché non credere che ci possa offrire delle sfumature inedite o aggiuntive? Perché non sperare che – tanto per parafrasare la stessa canzone – questo libro già scritto lei lo sappia “scrivere un’altra volta”?
Nutrendo fiducia in Angelina, ho scelto quindi di analizzare per voi il testo della canzone, di scoprire quale volo Mango avesse inteso disegnare. Così saremo ancora più pronti a giudicare l’omaggio che la figlia d’arte ci regalerà venerdì sera.
IL SIGNIFICATO DEL TESTO
C’è un addio, un abbandono o una perdita, dietro il testo di La rondine di Mango. Lo capiamo subito da quella reiterata dichiarazione iniziale di desiderio: “Ti vorrei, ti vorrei… Come sempre ti vorrei”.
La vita andrà avanti, si farà notte, probabilmente continueremo a pensarci e a sognarci, dice il poeta. In questa prima strofa mi colpisce il gioco dei pronomi, che sembra sancire la distanza definitiva tra i due soggetti.
Notte farà, mi penserai
Ma tu che ne sai dei sogni,
Quelli son miei, non li vendo
Tu forse mi penserai, invece io addirittura continuerò a sognare – precisa Mango non senza un sottile velo di rimprovero – perché io non rinuncio ai miei sogni.
E subito si apre un ritornello potente, in cui leggiamo da un lato il coraggio di lasciare andare, dall’altro la resistenza di un amore che continua a essere insopprimibile nonostante l’assenza. Perché “nonostante tu sia la mia rondine andata via”, continui a costituirmi; nonostante tu sia in un altro cielo, fai parte di me come l’altra metà di un volo, l’altra metà di una stessa luna. Il mio passo nel vuoto.
Il dolore è affermato per mezzo di insistenti interrogative: “Dove sei, Dove sei, Dove sei, unico amore che rivivrei?”. Forse perché, dopo un abbandono o una perdita, continuiamo a cercare in ogni spazio della nostra esistenza una traccia di chi abbiamo lasciato andare, continuiamo a inseguire quell’odore o quel sapore che resta (“Sai di vento del Nord, / sai di buono ma non di noi”), anche quando la fine ci ha spezzati, ci ha tagliati a metà.
La seconda strofa nasce dalla stessa lacerazione: il futuro che viene rappresentato è solo un tempo da ammazzare, il tentativo fallimentare di riscrivere un passato che è andato via, ma a cui si è irrimediabilmente legati quasi fosse l’unica storia possibile.
Non lo so, non lo so
Quanto tempo ammazzerò
Mio libro mio, non ti leggerò
Baciandoti sulla bocca, mmh
Lo scriverò un’altra volta
Quel “baciandoti sulla bocca”, posto in mezzo tra le due immagini del libro, è travolgente. È la consolazione offerta dal sogno, quel sogno che non deve essere venduto. Un sogno illusorio, certo, ma capace di risarcire del vuoto che si prova.
Il testo finisce qui, ricasca ancora e ancora sul ritornello potente di cui abbiamo parlato o su fraseggi plastici, capaci di emulare il volo stesso della rondine. E non so se è solo un’impressione mia, ma io in questa rondine che vola vedo anche un richiamo al coraggio che ci vuole nel lasciare libero chi amiamo di sperimentare altri cieli, di trovare strade oltre noi. Perché amare è talvolta riconoscere l’insufficienza stessa del nostro amore: guardare lucidamente il suo fallimento e decidere di rinunciare anche per il bene di chi amiamo.
LA RONDINE: SCRUTINIO FINALE
Di cosa parla esattamente La rondine di Mango? Di una storia che è finita, almeno per il momento (“Forse un addio, o forse no”)? Parla di un abbandono e della forza richiesta a chi è lasciato nell’accettare la fine pur continuando ad alimentare in solitudine il proprio amore? O parla di una perdita, di un addio imposto dal destino?
Il testo si piega facilmente all’una e all’altra interpretazione, sembra essere naturalmente bisemico. Pare certo più probabile la prima chiave di lettura, ma la seconda è quanto mai attraente e disponibile per chi ne senta l’attrazione. Se intendiamo la canzone come il racconto di una perdita, chi canta è costretto a lasciare andare e a ripercorre in ogni attimo della sua esistenza quell’amore che gli è stato sottratto, custodendolo quasi prepotentemente come l’unico amore da rivivere. Se lo intendiamo come il racconto di una perdita, quel “cielo sbagliato” suona ancora più struggente.
In ogni caso, La rondine parla di privazione, di come siamo chiamati a misurarci con l’assenza. Ci dice che le persone che abbiamo amato veramente non vanno mai via, che occupano un posto per sempre, perché il desiderio di loro continua a costituirci.
Io credo che questa potrebbe essere la chiave interpretativa nuova di cui potremmo godere venerdì. E in cuor mio è questo che spero di sentire: spero di sentire la voce di un dolore che è divenuto consapevole, la voce di una figlia che ha perso un padre e ha imparato a ritrovare le sue tracce in ogni angolo dell’esistenza, nella musica che li vede ancora legati, tra i segreti nascosti di una canzone che un tempo quel padre ha scritto sotto il pungolo di chissà quale esperienza di vita.
Anzi, vi dirò… Mi godrò l’esibizione di venerdì sera pensando addirittura che questa canzone sia stata scritta proprio per questo, in vista del passaggio di testimone che spesso governa il ciclo delle nostre vite.
TESTO
Ti vorrei, ti vorrei
Come sempre ti vorrei
Notte farà, mi penserai
Ma tu che ne sai dei sogni, mmh
Quelli son miei, non li vendo
Che ne sai, che ne sai
Chissà che mi scriverai
Forse un addio, o forse no
Ma tu che ne sai dei sogni, mmh
Nonostante tu sia
La mia rondine andata via
Sei il mio volo a metà
Sei il mio passo nel vuoto
Dove sei? Dove sei?
Dove sei? Dove sei? Dove sei?
Unico amore che rivivrei
Sai di vento del Nord
Sai di buono ma non di noi
Stessa luna a metà
Sei nel cielo sbagliato
Non lo so, non lo so
Quanto tempo ammazzerò
Mio libro mio, non ti leggerò
Baciandoti sulla bocca, mmh
Lo scriverò un’altra volta
Nonostante tu sia
La mia rondine andata via
Sei il mio volo a metà
Sei il mio passo nel vuoto
Dove sei? Dove sei?
Dove sei? Dove sei? Dove sei?
Unico amore che rivivrei
Sai di vento del Nord
Sai di buono ma non di noi
Stessa luna a metà
Sei nel cielo sbagliato
My love
Nonostante tu sia
La mia rondine andata via
Stessa luna a metà
Sei nel cielo sbagliato