Ieri sera Simba La Rue, durante una live su Instagram, ha letteralmente fatto a pezzi i suoi dischi d’oro e di platino, schiacciandoli, frantumandoli e prendendoli a calci.
“Fanc**lo la discografia intera” urlava e giù calci ai dischi oramai ridotti in mille pezzettini piccoli piccoli.
Un po’ ride, un po’ inveisce, poi parla ma non si capisce quasi niente… e alla fine canta qualcosa che sembra essere una traccia inedita.
Resto interdetta. Lo guardo e lo riguardo. E resto senza parole. Non solo come persona ma anche come professionista del settore discografico.
Se sia una strategia promozionale per attirare l’attenzione su un nuovo progetto o una dimostrazione di sprezzo autentico, è difficile dirlo ma di fatto non è questo il punto.
Il valore del disco di platino ieri e oggi
Negli anni passati, ricevere un disco di platino rappresentava un traguardo epocale per un artista. Significava che migliaia, anzi milioni di persone andavano in un negozio, sceglievano quell’album e lo pagavano.
Questo gesto creava un legame invisibile ma solido tra l’artista e il suo pubblico e se arrivava il disco di platino, questo era un trofeo, un riconoscimento che poteva segnare un’intera carriera e che rendeva quel legame “un valore tangibile”.
L’artista ringraziava per primi i fan per averlo supportato e poi la casa discografica per avere creduto in lui.
Nell’era dello streaming, i dischi di platino vengono assegnati in base al numero di ascolti su piattaforme digitali: basta un clic, un ascolto passivo, e un brano accumula numeri impressionanti.
Per l’ennesima volta mi pongo una domanda: un disco di platino “liquido” ha lo stesso peso emotivo, culturale ed economico dei vecchi dischi fisici? Se lo chiedo a Simba La Rue, alla luce di quello scempio di video di cui si è reso protagonista, la risposta potrebbe essere un sonoro “no”.
Lo sprezzo del successo di simba la rue
Il gesto di Simba La Rue, che spacca i dischi di platino ricevuti, non è solo una semplice provocazione. È uno schiaffo in faccia all’intera industria musicale ed anche ad una generazione di artisti che per quei dischi appesi sulla parete dei loro studi di registrazione, lavoravano sodo e con sacrificio per mesi, a volte anni.
Un gesto di tale violenza mostra una mentalità pericolosa figlia di una generazione che è certa di non dover rendere conto a nessuno.
Come in questo caso ad una industria discografica che ha permesso a ‘sto Simba e a molti altri rapper amici (e nemici) suoi, di avere delle piattaforme di streaming sulle quali riversare loro musica (che dire che a me non piace è un eufemismo) e ci tengo a precisare che quando il caro Simba La Rue e i suoi compari non erano neanche nati, l’intero comparto discografico mondiale creava le basi per quelle rivoluzioni del mercato volte a dare forma, norma, e leggi certi alla musica in streaming.
Se i dischi di platino di oggi valgono così poco da poter essere frantumati senza rimpianti, forse è il momento di chiedersi quale valore abbia davvero il successo nell’epoca dello streaming e dei social media.
Ai fan che ancora lo seguono, voglio dire – se gli interessa saperlo o se non ci sono arrivati da soli – che quel gesto di calpestare e frantumare i dischi, era come se prendesse a calci loro.
A Simba La Rue invece, nonostante tutto ‘sto pippone voglio sinceramente dire una cosa: hai fatto bene a spaccarli tutti, perché non te li meriti.