“Puoi fare country, blues, rock ma non puoi fare rap”. Questo viene detto a Uno Sbirro Qualunque. È un cantante della scena rap che coniuga l’arte con il suo mestiere di tutti i giorni: il poliziotto.
Usa lo pseudonimo Uno Sbirro Qualunque (USQ) perché vuole restare anonimo infatti la sua identità è nascosta anche da un passamontagna che indossa sempre.
Sui suoi social ha un elevato seguito di giovani ma anche di adulti. I commenti sono divisivi tra coloro che lo ringraziano per la sua musica ed i suoi messaggi a favore della legalità e coloro che lo accusano: “non puoi fare rap, sei uno sbirro”.
La domanda mi sorge spontanea: ma per fare rap devi essere un criminale? un anarchico? Devi comunque essere a prescindere contro le istituzioni?
Il rap rappresenta un movimento di denuncia sociale ma in sostanza è un modo di comunicare, è una libera espressione, una forma d’arte.
Se Niko Pandetta, arrestato per spaccio o Baby Gang, che ha passato metà della sua vita tra carcere e comunità, possono fare parte a pieno titolo della scena rap, perché un ragazzo di 27 anni che come tutti i suoi coetanei è cresciuto con quel genere musicale e che decide di entrare nelle forze dell’ordine non può farlo?
Perché gli estimatori del genere rapper o trapper o gli stessi cantanti che hanno criticato Uno Sbirro Qualunque non possono accettare che un poliziotto rappi?
Lo stesso Nitro, uno degli esponenti più amati e conosciuti della scena rap, lo attacca con un dissing dandogli dell’infame e scarso e il chiaro riferimento è a lui quando dice “non ti ascolta neanche il tuo cane antidroga”. Secondo Nitro, il fatto che rappresenti le istituzioni, lo esclude automaticamente dal poter trattare il genere rap. Lo Sbirro in prima battuta ha già risposto a Nitro ma, SPOILER, ci dicono stia arrivando una risposta in musica al riguardo.
A questo punto avrei un’altra domanda: Dove sta scritto che il Rap è contro la polizia?
Il rap nasce contro i soprusi che magari poteva fare anche la polizia ma oggi il rap non è solo droga, prostituzione, vestiti, e soldi. Il rap non appartiene più al ghetto perché è mainstream. Si è evoluto: lo fanno tutti, anche i figli di papà, i borghesi dichiarati, anche i figli dei politici…magari di destra pure!
E allora lo può fare anche un poliziotto, no?
Tra l’altro Uno Sbirro Qualunque ha dichiarato più volte che non rappa per difendere la polizia ma per difendere la legalità. Manda un messaggio opposto alla criminalità usando il genere musicale più affine alla sua età, al linguaggio dei ragazzi. È una modalità alternativa per un poliziotto di avvicinare i giovani al mondo della legalità ed al mondo delle forze dell’ordine.
A me sembra bello. Uno dei suoi brani parla di Falcone e Borsellino, un altro della cattura di Messina Denaro (ne abbiamo parlato qui). Si aggiunga che il rapper non propone solo brani di denuncia sociale ma tratta anche tematiche amorose per esempio in Angelo d’Amore (la trovate qui).
“Negli ultimi anni c’è questa moda di odiare le forze dell’ordine senza un reale motivo, va di moda e basta – si legge in una sua recente intervista su QN – Da qui nasce il mio progetto, far capire che per fare un buon rap non bisogna per forza essere un criminale“.
Quello che mi stupisce è che giovani, nonché alcuni cantanti rapper o trapper così aperti all’inclusione, alla parità di genere, alla libertà d’espressione si indignino per il fatto che un poliziotto faccia rap, mostrando di avere una visione ridotta e limitata. Proprio loro che si sforzano tanto per evitare di essere etichettati da quei boomer colpevoli di non riuscire ad interagire con il loro linguaggio, proprio loro così contrari alle facili etichette, puntano il dito mettendo un’etichetta?